Per una volta “Mister Pesc” si è ribellata al Cremlino
04 Maggio 2011
Stranamente, il 28 aprile scorso è successo un fatto interessante a Bruxelles. L’Ue mediante il suo ministro degli affari esteri, Catherine Ashton, ha alzato la voce e ha condannato la Russia per il suo comportamento cinico e provocatorio. Tutto ciò non è successo dietro le quinte o davanti alle telecamere spente, ma di fronte alla stampa europea e con tanto di comunicato ufficiale.
La questione riguarda il cosiddetto "viaggio ufficiale" del 25-26 aprile scorso, del ministro degli esteri russo Sergey Lavrov nei due territori occupati della Georgia (la regione dell’Abkhazia e la provincia dell’Ossezia del Sud) per incontrare i regimi locali introdotti e protetti dallo stesso Cremlino. Riassumendo, la Signora Ashton ha ribadito che dal punto di vista del diritto internazionale la "visita" era palesemente illegale poiché mancava il consenso formale del governo georgiano e calpestava il basilare principio della sovranità nazionale. La Russia si è giustificata dicendo che dopo la guerra ha unilateralmente riconosciuto questi due territori come indipendenti e quindi, dal punto di vista del Cremlino, il ministro degli esteri Lavrov non aveva bisogno di alcuna autorizzazione da parte di Tbilisi.
Interpretazioni a parte, è innegabile che lo status quo che si è creato in Georgia dopo l’intervento militare russo è preoccupante ed è molto volatile non solo per i georgiani che si mostrano estremamente turbati ma per la comunità internazionale stessa. Le azioni della Russia, all’epoca della guerra in Georgia, lasciarono spiazzati soprattutto quei politici dilettanti che non avevano mai creduto possibile tale escalation del conflitto. Oggi, la situazione è ancora più complessa e prima o poi saremo costretti a prenderne atto.
La nuova mossa della diplomazia Europea ha cercato disperatamente di essere in linea con la posizione americana che recentemente ha ricominciato ad alzare la voce in difesa di Tbilisi. Washington, Londra e altri capitali Europee non nascondono una certa irritazione per il fatto che, trascorsi più di due anni dalla firma del documento per il cessate il fuoco imposto dall’Ue, l’esercito russo non solo non si è ritirato ma addirittura ha aumenta to la sua presenza militare nelle due regioni occupate della Georgia (per un totale di 7000 soldati). Per gli esperti in materia non è certo un segreto che la causa della guerra si allontani dai confini e dalla politica regionale agganciandosi alla politica internazionale degli equilibri di potere tra le due superpotenze mondiali (Usa e Russia) e dei loro alleati.
Secondo la diplomatica Europea Heidi Tagliavini (Svizzera), che investigò sulla guerra in Georgia insieme al gruppo degli esperti della Ue, l’intervento russo fu il culmine di anni di pesanti provocazioni provenienti da parte del Cremlino. La Cover Story offerta dalla Russia per giustificarsi è sempre stato lo stesso e ben collaudato pretesto, che prima l’URSS e dopo la Russia di Putin hanno usato con particolare successo per perseguire i loro obiettivi strategici sullo scacchiere internazionale: la cosiddetta "difesa delle etnie e delle autonomie oppresse" nei paesi stranieri. Gli “oppressori” sarebbero i nemici del Cremlino e gli “oppressi” gli strumenti utili a Mosca per coltivare i suoi interessi.
Questa strategia offensiva è particolarmente agevole negli stati multietnici e relativamente giovani, quindi ancora deboli strutturalmente, come la Georgia, la Moldavia, l’Ucraina e molti altri paesi dell’Europa Orientale e del Caucaso, ma non solo. Non dobbiamo dimenticare che quasi tutte le oppressioni sovietiche del XX secolo in Europa orientale, anche se a volte parzialmente, hanno sempre inglobato giustificazione della guerra contro un qualche oppressore esterno. I diplomatici statunitensi e i loro alleati europei, conoscevano bene la delicatezza dell’argomento, ma si è comunque rischiato il conflitto internazionale, fortunatamente scongiurato all’ultimo minuto grazie ad alcune misure di emergenza adottate sia dagli Usa che dai paesi Europei, tra cui l’Italia (il contributo di Roma si rivelò importante per fermare l’attacco russo su Tbilisi, evitando così numerose vittime tra la popolazione georgiana).
Oggi ci troviamo tuttora di fronte a un dilemma irrisolto e non ci resta che osservare attentamente le prossime mosse della diplomazia internazionale. Oggi più che mai rimane doveroso trovare una soluzione, qualsiasi essa sia, affinché si possa evitare che la questione degeneri di nuovo mettendo in pericolo la sicurezza dell’intero continente Europeo.