Per Usa e Germania il nucleare è parte integrante della green economy

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Per Usa e Germania il nucleare è parte integrante della green economy

02 Novembre 2010

Il prossimo Consiglio dei ministri, che si svolgerà giovedì o al più tardi venerdì mattina, battezzerà l’Agenzia per la Sicurezza Nucleare, con la nomina di Veronesi al vertice dell’autorità. Lo annuncia il ministro Paolo Romani a margine del convegno dei giovani industriali tenutosi a Capri venerdì scorso.

Per quanto si possa intravedere la sagoma di una formazione trasversale di responsabilità e realismo energetico a sostegno del nucleare, sono sempre accese le fazioni che promettono una strenua opposizione alla politica energetica del governo. Ne è una recente manifestazione la contestazione di Chicco Testa, parlamentare del PD nuclearista ambientalista, cui la settimana scorsa è stato impedito con la forza da un gruppo di militanti di presentare il suo libro dal titolo “Tornare all’energia nucleare? L’Italia, l’energia, l’ambiente”.

A quanti ritengono anacronistica la decisione del governo di liberalizzare la produzione di energia da fonte nucleare conviene in questi giorni indicare il caso della Germania, campione nel settore delle rinnovabili e al contempo legata con un doppio filo all’opzione nucleare.

La settimana scorsa il Parlamento ha approvato la proposta del Governo di allungare fino al 2040 la vita delle centrali nucleari in funzione. Una legge approvata dalla precedente maggioranza socialdemocratica aveva fissato per il 2025 il termine per la chiusura dei 17 reattori funzionanti in Germania. Ma a quanto pare le centrali sono e saranno ancora a lungo indispensabili per il bilancio elettrico del motore d’Europa. Con 308 voti a favore, 289 contrari e due astenuti, il Bundestag ha prorogato il termine al 2040. Per mitigare il sentimento verde che muove l’opinione pubblica, la cancelliera Angela Merkel assicura che le risorse che l’erario ricaverà dal settore nucleare saranno reinvestite nei comparti del solare e dell’eolico. Lo promette conti alla mano: governo e industriali hanno, infatti, raggiunto un accordo in base al quale i produttori corrisponderanno 300 milioni di euro all’anno, in cambio della proroga accordata. La logica di fondo che muove la politica energetica della Germania è chiara: il paese che più ha scommesso sulla filiera delle rinnovabili, sulle tecnologie del fotovoltaico e dell’eolico, continua a considerare il nucleare una scelta obbligata per avere una produzione conveniente e competitiva. Tanto da far affidamento sui vantaggi economici che derivano dalla produzione di energia nucleare per recuperare le risorse economiche da destinare alle rinnovabili. Insomma, le rinnovabili sono economicamente sostenibili solo con il supporto di una produzione efficiente come quella nucleare.

Nel 2008 la generazione di energia da fonte eolica è stata pari al 6,5% della produzione complessiva, il fotovoltaico ha rappresentato una voce marginale nel mix energetico tedesco, raggiungendo lo 0,7% del totale. Il contributo dell’energia nucleare esprime ben altre cifre, contribuendo al 26,2% della generazione di elettricità nel 2009 (23,3% nel 2008).

Ma la Germania non è sola. Possiamo tacere sui programmi nucleari della Francia, che copre l’80% del fabbisogno di energia con le sue centrali nucleari e vende energia a basso costo. Sarkozy non è mai stato additato come un buon esempio di difensore dell’ambiente. Possiamo anche soprassedere sui tanti paesi emergenti che intraprendono per la prima volta progetti di centrali nucleari: senza scomodare regimi come l’Iran e il Vietnam, sui cui intenti pacifici si può dubitare, vanno ricordati i piani nucleari del Venezuela e negli Emirati arabi, paesi esportatori di petrolio che ora riconoscono nel nucleare una scelta lungimirante.

Le loro politiche energetiche possono destare l’interesse degli appassionati di geopolitica, ma presumibilmente non rappresentano casi significativi né esercitano grande appeal sui nostri ambientalisti. Piuttosto, per questi è la Germania un modello e Obama un’icona dello sviluppo eco-sostenibile.

In effetti, la green economy è il leit motif della politica energetica ed ambientale dei governi di Berlino e Washington. Eppure in entrambi i casi la rinuncia al nucleare è impensabile. Anzi, per gli Stati Uniti l’atomo, con le sue basse emissioni, è parte integrante della green economy, tanto da meritare aiuti di stato (applicazione esecrabile di un principio altrettanto esecrabile come l’interventismo pubblico a sostegno dei grandi investimenti). Per la Germania, si è visto, un futuro senza atomo non è immaginabile prima del 2040 e, specie in tempi di crisi, il realismo energetico si impone e mette con le spalle al muro la retorica, la disinformazione e la demagogia dell’ambientalismo più velleitario.