Perché Berlusconi è il mediatore ideale tra Mosca e Washington

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Perché Berlusconi è il mediatore ideale tra Mosca e Washington

03 Aprile 2009

Negli ultimi anni, l’Occidente si è abituato a sentire le prese di posizione minacciose e vagamente aggressive da parte del Cremlino. L’intenzione dell’amministrazione Bush di installare una stazione radar in Repubblica Ceca e missili intercettori in Polonia provocò una forte reazione da parte del presidente Medvedev, che in segno di ritorsione promise di schierare una batteria di missili nella provincia di Kaliningrad, puntati contro le città europee. La guerra russo-georgiana ha portato all’ulteriore inasprimento della retorica di Mosca. Inoltre, Medvedev ha fatto sapere che sta prendendo in seria considerazione la possibilità di dislocare basi militari in America Latina, riferendosi alla disponibilità della Cuba dei Castro e del Venezuela di Hugo Chavez ad ospitarle. 

Di tanto in tanto, i generali russi affermano di avere in preparazione una nuova superarma che sarà pronta in un futuro non specificato. Recentemente, Mosca ha reso noto di voler schierare un contingente militare “polare”, a protezione degli interessi russi nell’Artico, dove ci si aspetta di scoprire grandi giacimenti di petrolio e altri minerali. L’elenco sarebbe ancora lungo, ma oggi diventa sempre più chiaro che dietro queste dichiarazioni esagerate si nascondono grande insicurezza e confusione di fronte alla grave crisi economica, che per la leadership russa è giunta del tutto inaspettata. La crisi ha invertito l’avanzamento economico del Paese ed è una minaccia anche per la stabilità interna che il crescente standard di vita aveva finora garantito.

Qualche giorno fa, le autorità finanziarie russe sono state costrette a rivedere il budget del 2009 che Medvedev aveva firmato solo quattro mesi prima. Il vecchio budget era basato sulla previsione irrealistica secondo cui il prezzo del petrolio sarebbe rimasto almeno a quota 95 dollari al barile, con un tasso di cambio fisso di 24 rubli per un dollaro. Il budget corretto si basa invece sul prezzo del petrolio a 41 dollari al barile, mentre l’attuale tasso di cambio è di 40 rubli per un dollaro. Questo significa che le entrate diminuiscono di oltre il 40 percento e le spese crescono del 6. Di conseguenza, sono stati previsti grandi tagli agli investimenti in quasi tutti i settori dell’economia. I tagli maggiori li subiranno i cosiddetti “ministeri di forza”, tra cui la difesa, gli interni e il servizio federale di sicurezza. Addio le base militari in Venezuela. Le riforme difficili e impopolari, necessarie da tempo, ma rinviate grazie alla pioggia di petrodollari degli ultimi anni, non si possono più rimandare.

Nel clima di incertezza e pessimismo che regna nelle stanze del potere a Mosca, la posizione più conciliante di Obama e la promessa ottenuta dagli americani di un accordo per il dimezzamento delle testate nucleari, porta un barlume di speranza. L’arrivo in Russia della grande delegazione di imprenditori italiani capeggiata dal premier Silvio Berlusconi, considerato a Mosca come il leader occidentale che comprende meglio di altri la situazione russa, diventa un avvenimento che rafforza la speranza di poter ristabilire buoni rapporti con l’Occidente senza perdere la faccia.

Berlusconi da anni dimostra di aver compreso l’importanza strategica del rapporto italo-russo. Da anni porta avanti una politica di grande amicizia verso Mosca, nella consapevolezza della profonda complementarietà delle economie dei due Paesi. I dati economici gli danno ragione. Se nel 2008 le esportazioni italiane verso i mercati europei hanno subito un notevole calo, il volume di scambi con la Russia è cresciuto di oltre il 10 percento. Il bilancio del commercio italo-russo rimane finora negativo per l’Italia a causa della sua dipendenza dalle risorse energetiche e dalle materie prime russe. Uno dei compiti della delegazione italiana a Mosca sarà quello di giungere a un rapporto più equilibrato. In mancanza di qualsiasi politica energetica europea comune, il rapporto di amicizia personale con Putin permette a Berlusconi di salvaguardare gli interessi nazionali puntando sul dialogo e su un sempre maggiore coinvolgimento di Mosca nella politica europea e mondiale.

Chi pensa di cambiare la politica russa affidandosi alle minacce e alle sanzioni non raggiunge mai l’effetto sperato, se non quello opposto. La mentalità popolare russa e, in particolare, quella della sua leadership, sono informate dalla lunga esperienza alla guida dell’impero più grande del mondo, e sono abituate a ricoprire la posizione di superpotenza mondiale. Pertanto, non possono essere influenzate dalle pressioni esterne. Le pressioni interne, combinate a incentivi e stimoli positivi esterni, invece, potrebbero cambiare la politica e l’atteggiamento russo. Paradossalmente, proprio la crisi fornisce nuove possibilità per la diplomazia e la mediazione italiana. Diventa possibile il ritorno allo “spirito di Pratica di Mare”, in riferimento al grande passo in avanti nel processo di avvicinamento tra la Russia e la NATO compiuto grazie alla magistrale mediazione italiana.

Berlusconi potrebbe aiutare i leader del Cremlino a comprendere il ruolo della NATO come “grande pacificatore”. La recente adesione della Croazia e dell’Albania alla NATO, cui si accompagna il prossimo ingresso della Macedonia, che avverrà quando il conflitto con la Grecia si sarà spento, potrebbe essere un ottimo esempio di prevenzione dei conflitti territoriali attraverso l’integrazione in un sistema di sicurezza comune. Al contrario, la vicenda legata a Durban 2 dimostra alla leadership russa che per creare un clima di apertura e distensione le Nazioni Unite di oggi non sono uno strumento migliore della NATO. Berlusconi potrebbe mediare con successo tra Washington e Mosca per cambiare l’atteggiamento russo verso il programma nucleare dell’Iran. I leader russi capiscono che l’Iran teocratico rappresenta una certa minaccia per la Russia stessa. Finora, però, è prevalsa la prospettiva dei forti vantaggi economici derivanti dalla vendita multimiliardaria all’Iran di decine di reattori nucleari e altra tecnologia non convenzionale. Berlusconi, allora, potrebbe rafforzare i dubbi già nutriti dal Cremlino sul fatto che l’Iran, duramente colpito dalla crisi economica, sarà mai in grado di rispettare le scadenze dei pagamenti.

Il riavvicinamento all’Occidente, invece, porterebbe alla Russia grandi vantaggi economici senza metterla in alcun pericolo. Il nuovo clima di cooperazione porterebbe non soltanto grandi finanziamenti occidentali per facilitare le riforme economiche russe, ma contribuirebbe anche a raggiungere un compromesso accettabile su questioni spinose come il Kossovo, l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud. Il rafforzamento degli scambi culturali e del turismo tra la Russia e l’Italia rimane un altro compito prioritario. Il miglioramento del regime dei visti, almeno per alcune categorie come gli studenti e i ricercatori, potrebbe essere un primo passo verso un’apertura sempre più ampia e l’instaurazione di un nuovo clima di collaborazione tra la Russia e l’Unione Europea.