Perché il Pil cresca e l’Italia non sia più ultima, il Cav. deve restare al comando
14 Settembre 2010
I dati che sono stati diffusi dalla Commissione europea sul prodotto interno lordo dell’Unione, dell’area euro e dell’Italia dimostrano che il governo Berlusconi è necessario per evitare che nella nostra economia si apra uno scenario ambiguo, di pericolose incertezze.
Infatti la Commissione europea ha fatto una rivalutazione molto diversa per il Pil europeo e per quello italiano. La stima di maggio di una crescita dello 0,9% del Pil dell’eurozona, è stata rettificata al rialzo allo 1,7 %. E per l’area della Comunità europea nel suo complesso, da una stima dello 1%, si è passati ad una dello 1,8%. Per l’Italia la crescita del Pil è stata rettificata dallo 0,9 allo 1,1%. Prima il distacco dell’Italia dal resto dell’Europa era minimo, ora esso si è ampliato.
Se considerassimo l’economia sommersa e informale, il quadro sarebbe diverso, ma essa esiste anche perché ci sono troppi lacci e laccioli all’attività delle imprese. L’Italia ha bisogno di certezze e di rapporti di lavoro nelle imprese impostati sulla produttività per migliorare la propria dinamica economica. E il sindacato mostra un quadro di insidiose incertezze.
Credo che la frase “un candelotto fumogeno non ha mai ucciso nessuno” sia stata pronunciata, a ragion veduta, dalla studentessa universitaria di Scienze della comunicazione che lo ha lanciato contro Raffaele Bonanni nel raduno del Pd a Torino, non per un atto di arroganza spensierata ma sulla base di consigli legali, in precedenza ricevuti, da lei e dai suoi colleghi specializzati in queste azioni di contestazione violenta o quasi. Infatti ciò serve per dimostrare che la studentessa non intendeva far male al leader sindacale della Cisl, ma solo lanciargli un clamoroso segnale di dissenso. Credendo a tale versione dei fatti, veniva eliminato il tentativo di commettere il reato di lesioni personali che il codice penale punisce con una pena da tre mesi a tre anni. La versione dei fatti in questione era rafforzata dall’ intervista del padre al Corriere della Sera, che affermava che sua figlia era di natura pacifica. Così, la giovane potrà essere processata solo per un reato minore, per il quale è prevista una pena pecuniaria. Ma ciò dipende sopratutto dal fatto che Raffaele Bonanni, che è la parte lesa, non ha denunciato la contestatrice come invece avrebbe potuto. Egli ha rischiato di avere una grave ferita sul viso che lo avrebbe potuto sfigurare o fargli perdere un occhio. Nel tentativo di schivare l’oggetto, sarebbe potuto cadere, con eventuali esiti ancora peggiori. Il candelotto, invece, gli ha bruciato il giubbotto nella parte superiore, poco sotto il volto.
Era chiara l’intenzione di farlo volare in alto per colpirlo in un modo clamoroso. Si potrebbe, però, sostenere che il lancio non intendeva arrivare al viso ma solo al giubbotto, come appunto si desume dalla dichiarazione dell’abile studentessa di Scienze della comunicazione. “Ha abbastanza soldi per comprarsi un nuovo giubbotto”. C’è anche quest’altra frase, pronunciata da uno del branco, di cui la studentessa fa parte. Infatti una caratteristica di questi contestatori muniti di candelotto è quella di lanciare il sasso e di nascondere la mano. Si insinuano fra le maglie legali della parte della società che essi avversano, ma di cui comodamente fruiscono, in modo da contestare doppiamente i propri avversari: sia con le loro azioni di disturbo che con la dimostrazione dell’inettitudine dell’apparato del mondo delle grandi imprese ad esercitare la repressione che, secondo questi dissenzienti, fa parte della sua natura di classe.
C’è una rilevante analogia fra questo episodio con i suoi esiti e con le sue esternazioni e quello dello stabilimento Fiat di Melfi, che riguarda i due sindacalisti della CGIL che hanno impedito di lavorare agli operai che non aderivano allo sciopero, ponendosi davanti al carrello automatico di trasporto dei pezzi da montare in modo da bloccarlo. La loro linea difensiva, evidentemente studiata preventivamente, è consistita nel sostenere che la loro presenza in quel punto non era intenzionale e che il carrello in questione era fermo come gli altri e pertanto non vi era il sabotaggio. Tesi rafforzata con l’argomento che il carrello è rimasto fermo anche dopo.
Si può, naturalmente, osservare che se l’impresa avesse azionato il carrello, ciò avrebbe potuto dare luogo a incidenti. Va aggiunto che a questi sindacalisti fu intimato di spostarsi in quanto, con la loro posizione davanti all’apparato di trasporto del carrello, stavano commettendo un sabotaggio. Ma sino ad ora nessun lavoratore ha osato testimoniare sul come si sia svolto quell’episodio. E non si sa pertanto su quali dati deciderà il magistrato di secondo grado, circa il licenziamento per giusta causa, deciso dalla Fiat, che il giudice del lavoro ha revocato in primo grado basandosi sul resoconto dei sindacalisti e non su quello della Fiat.
Anche qui l’azione di intimidazione si è svolta con la tecnica di chi lancia il sasso e nasconde la mano, con il doppio scopo di raggiungere lo specifico risultato di far funzionare lo sciopero e di dimostrare che la controparte non è in grado di reagire con efficacia. Raffaele Bonanni ha ragione nell’affermare che la vera responsabilità di quanto è accaduto a Torino riguarda i cattivi maestri, che hanno contribuito ad alimentare l’avversione al sindacalismo riformista e più in generale alle libertà sindacali.
I ministri Sacconi e Maroni, a nome del governo, hanno preso le distanze in modo netto da ciò che è accaduto a Torino e hanno avvertito che il clima che si è creato rischia di alimentare atti di violenza simili a quelli che nel passato hanno portato all’uccisione o al ferimento di protagonisti delle riforme del mercato del lavoro, avversati dall’ala sindacale dura. Ciò perché non tutti sanno distinguere la contestazione che è ai confini della legalità, da quello che si esprime con la violenza vera e propria.
Dunque c’è un grosso problema, che non è solo culturale, di cattivi maestri, ma è anche politico, che riguarda il maggior partito della sinistra italiana: il Pd. Che ha ufficialmente condannato il gesto della studentessa di Torino, ma non ha sconfessato la linea della CGIL contro la contrattazione decentrata aziendale. Anzi ha fatto il contrario, prima della riunione di Torino, in cui è stato lanciato il candelotto fumogeno sulla giubba di Bonanni, infatti, il responsabile economico del PD, Fassina, si era associato alla CGIL nell’accusa a Federmeccanica e a Confindustria di voler generare nuova conflittualità sindacale tramite la denuncia del contratto nazionale di lavoro del 2008, che non prevedeva la contrattazione aziendale, a differenza di quello del 2009, che la CGIL non ha sottoscritto.
Federmeccanica è stata costretta a effettuare questa dal fatto che la CGIL aveva iniziato azioni legali contro la Fiat perché, con il contratto aziendale di Pomigliano d’Arco, violerebbe il contratto nazionale del 2008, che per la CGIL è ancora in vigore, non avendo essa firmato quello del 2009. Una tesi debole in quanto la Fiat, come membro di Federmeccanica, ha firmato il contratto nazionale del 2009 assieme alla maggioranza degli altri sindacati. E quindi il contratto del 2008 doveva intendersi abrogato, almeno per chi ha firmato quello del 2009. Ma le interpretazioni del diritto del lavoro in Italia sono particolarmente incerte e generalmente favoriscono la parte considerata debole, quella di cui la CGIL ha la guida.
Il Pd non sconfessa la linea della CGIL sul contratto nazionale e, nello stesso tempo, tesse rapporti di alleanza con Rifondazione comunista, di cui è segretario Paolo Ferrero, che è sostenitrice dell’ala dura della CGIL. Paolo Ferrero ha assunto come esperto della sua segreteria tecnica l’ex brigatista Francesco Piccioni, che quando era in carcere espresse approvazione per il ferimento del professor Giugni e per l’uccisione del professor Biagi, colpevoli di tesi riformiste del mercato del lavoro.
Lo scenario politico italiano prevede o la prosecuzione del governo Berlusconi o un governicchio sorretto dai voti del Pd, con altri partiti minori. Oppure le elezioni anticipate, in cui il PD si presenterebbe alleato con Rifondazione comunista allo scopo di battere Berlusconi: un obiettivo che unisce chi lancia i candelotti fumogeni, chi ci chiude un occhio come “ragazzate” e chi condanna la forma del gesto, ma non la sostanza, con chi come Luca Cordero di Montezemolo ha nostalgia dei contratti nazionali con la GCIL.
Insomma, uno scenario di ingovernabilità delle grandi e medie imprese, qualora cerchino di adottare la linea dei contratti di lavoro aziendali basati sulla produttività, la sola che può evitare che l’Italia continui a essere il fanalino di coda dell’Unione Europea per tasso di crescita del Pil. Per queste poste in gioco, Berlusconi deve restare al comando del governo e le componentio cattoliche del mondo parlamentare, che sono coerenti con la linea della CISL non possono non riflettere su questo tema centrale.