Perché la Bce prepara il rialzo dei tassi
04 Settembre 2007
Giovedì 6 settembre, il Presidente della Banca Centrale Europea (Bce) Jean-Claude Trichet si incontrerà con la stampa per illustrare le ragioni delle decisioni che la mattina l’organo di governo dell’istituto – il Consiglio della Banca – avrà preso in materia di tassi d’interesse – se continuare sulla strada (iniziata nel dicembre 2005) di aumenti graduali (pure al fine di ridurre il dislivello con quelli prevalenti sul mercato Usa) o se mantenerli invariati. Analisi econometriche recenti (ed ancora non pubblicate in Italia) suggeriscono che il modo in cui verrà comunicata la decisione inciderà almeno tanto quanto la decisione medesima: un lavoro del servizio Bce indica che gli effetti saranno soprattutto sui titoli a medio e lungo termine; uno della Federal Reserve Bank di New York e dalla Columbia University (NBER Working Paper No. W13259) traccia strategie specifiche per migliorare la comunicazione.
Una settimana fa (La crisi delle Borse e la politica della Bce ) si dava quasi per scontato che la Bce non avrebbe ritoccato i tassi , anche di fronte al “grido di dolore” proveniente dai Governi e da alcuni dei maggiori operatori finanziari di fronte al tormentato mese di agosto sui principali mercati americani ed europei. Ciò avrebbe facilitato anche le scelte delle autorità monetarie Usa che devono decidere il 18 settembre cosa fare; in questo caso, il “grido di dolore” chiede non l’inazione ma il ritocco all’ingiù dell’interbancario. Attenzione: le previsioni macro-economiche ufficiali degli andamenti nell’area dell’euro rispetto a giugno non sono mutate; proprio in riferimento alle previsioni di giugno , il Presidente della Bce aveva ribadito, in luglio, che in settembre i tassi sarebbero stati ritoccati all’insù.
La sera del 3 settembre è stato diffuso il rapporto trimestrale della Banca per il regolamenti internazionali (Bank for International Settlements Bis) sugli andamenti finanziari (la stampa economica italiana pare non essersene accorta; lo hanno certamente letto coloro che parteciperanno alla riunione del Consiglio Bce ed i loro collaboratori). E’ un documento molto tecnico ma sostanzialmente rassicurante. In sintesi, la crisi dei Cdo è stata molto meno severa di quelle avutesi, nel 1998, in occasione dell’insolvenza della Russia in materia di debito estero o del fallimento del fondo Long Term Capital Management (Ltcm). Il documento fornisce interessanti indicatori quantativa: le azioni delle maggiori banche hanno subito un ribasso (17%) inferiore a quello (35%) delle due crisi citate; gli investitori chiedono un premio di rischio di 70 punti di base per swap da tassi d’interesse variabili a variabili invece dei 97 de 1998; soprattutto “le tensioni sull’azione rispecchiano anticipazioni di perdite su operazioni speculative” e quindi rappresentano un ritorno alla normalità.
Sempre la sera del 3 settembre, il Commissario Europeo responsabile per la politica economica e finanziaria Joacquin Almunia ha rilasciato, ad un’agenzia di stampa internazionale (molto riprese dai media italiani), dichiarazioni ambigue ed in parte contraddittorie sugli andamenti economici nel 2008 (facendo intendere che una nuova tornata di previsioni ufficiali sia “quasi” pronta ma tranquillizzando in materia sia di inflazione sia di entità del rallentamento del tasso di crescita dell’economia reale).
Cosa vuole dire tutto ciò in termini pratico-operativi? Sulla base dal rapporto della Bis, non ci dovrebbe essere ragione macro-economica per cambiare strada, sempre che la Bce o la Commissione non tirino fuori dal cappello nuove previsioni ufficiali per 2008. Quindi giovedì, il tasso direttore dovrebbe aumentare dello 0,25%. Creando nuovi “gridi di dolore”.
Tuttavia, come ricordato su L’Occidentale del 27 agosto, una visione moderna della politica monetaria enfatizza la segmentazione dei mercati e le differenze di avversione al rischio (risultanti dal grado di fiducia) su ciascuno di questi mercati. A riguardo il 2 settembre , lo U.S. Office of Federal Housing Enterprise Oversight (l’Osservatorio Usa del mercato immobiliare) ha diramato on line un’analisi relativa al periodo 1986-2005 degli effetti dei jumbo-Cbo sul rischio e sullo spread e il 3 settembre è uscito un lavoro delle Università del Nottingham (in Gran Bretagna), di San Gallo (in Svizzera) e di Columbia (a New York) che ne rafforza le conclusioni con un rigoroso modello economico.
Ritardare di un mese scelte che potrebbero essere molto rischiose (in termini dei loro effetti sul credito immobiliare) appare come la strada saggia e prudente. In settembre, la Bce potrebbe tenere sotto attenta osservazione alcuni segmenti del mercato; verrebbero messe a punto le previsioni 2008 della Commissione Europea (che devono essere pubblicate in ottobre); l’inazione sui tassi in settembre mantiene aperta l’opzione di attuarla, se del caso, con la sessione di ottobre del Consiglio Bce.
Per approfondimenti (I inks telematici verranno forniti a richiesta):
Bank for International Settlements Quartely Review September 2007 International Banking and Financial Markets Developments
2. U.S. Office of Federal Housing Enterprise Oversight Securitized Jumbo Mortgages: 1986-2005″
3. Gaechter S., Johnson Eric J. Hermann A. “Individual-Level Loss Aversion in Riskless and Risky Choices” IZA Discussion Paper No. 2961
4. Coffinet J., Gouteron S. “Euro Area Market Reactions to the Monetary Developments Press Release” ECB Working Paper No. 792
5. Eusepi S. , Preston B. “Central Bank Communication and Expectations Stabilization” NBER Working Paper No. W13259