Perché la Lega punta anche sull’agricoltura
15 Aprile 2010
Umberto Bossi, Adnkronos, 15:01: «Ministeri? Non è che vogliamo sempre qualcosa in cambio…Siamo dei signori. Berlusconi voleva Galan all’Agricoltura e noi abbiamo detto: pronti! Non facciamo storie. Non siamo come la sinistra o come qualcun altro…».
Umberto Bossi, Adnkronos, 15:14: «Spero di avere assessori all’Agricoltura in Piemonte e in Veneto. Anzi, penso di sì, che li avremo. Del resto, abbiamo vinto in quelle regioni, dunque siamo noi a decidere. Noi facciamo le cose e per fare le cose dobbiamo avere gli assessori».
Dopo il via libera alla nomina di Giancarlo Galan (Pdl) al ministero delle Politiche agricole, il leader del Carroccio, certo di poter accostare a Galan un sottosegretario di peso espressione del suo partito, rivendica per se anche gli assessori all’Agricoltura in Veneto e in Piemonte. Gli interessi da tutelare del resto sono tanti e i leghisti già da tempo hanno capito che puntare sull’agricoltura equivale a fare un investimento strategico in un settore che conta un milione e seicentomila imprenditori, quasi tutti piccoli.
E’ questo il primo vero problema del comparto: l’iper-frazionamento della proprietà rurale e le piccole dimensioni delle aziende che, in un contesto di crisi, hanno reso il settore inadatto a resistere a situazioni di stress di mercato generalizzato, riducendone i già risicati margini di redditività. Nel 2009 i contadini italiani sono finiti in ginocchio, inchiodati da una congiuntura economica sfavorevole che ha avuto come conseguenze un calo dei redditi del 25% (contro il meno 12,7% della media UE); la chiusura di 30.000 aziende (secondo i dati Cia – Confederazione Italiana Agricoltori); una stima di minor valore aggiunto pari a 1,5 miliardi di euro. Cui s’è aggiunta una contrazione del credito di circa il 30% rispetto a quanto concesso nel 2008, più un aumento sensibile delle sofferenze bancarie lorde.
La sfida che Galan dovrà cogliere sarà questa: fare dell’agricoltura nazionale un’agricoltura d’eccellenza. Uno slogan che la Lega va ripetendo già da tempo perché anche in quel bacino, l’agricoltura, c’è una parte consistente del suo elettorato. Non solo: in ballo ci sono 1 miliardo e 300 milioni di fondi da gestire: quelli destinati al comparto e fermi nelle Regioni, che andranno necessariamente spesi entro il 2010, pena la riconsegna a Bruxelles. Le risorse fanno parte del programma di finanziamento 2007-2013 che ha messo sul piatto 17 miliardi e 843 milioni: metà provenienti dall’ Ue, metà a carico dello Stato (7 miliardi e 226 milioni) e delle Regioni (1 miliardo e 632 milioni).
Da qui l’attivismo e, in ultimo, la rivendicazione di un sottosegretario e degli assessori. Il Carroccio ha cominciato la sua “battaglia agricola” cavalcando la protesta sulle quote latte. Poi è arrivato Zaia che ha dato grande visibilità mediatica al settore ma si è schierato in modo netto con Coldiretti, spalleggiando una scelta di campo basata sul made in Italy e le specialità territoriali (Dop e Igp), e allontanandosi da quella svolta di progresso propugnata da Confagricoltura, che passa anche attraverso le biotecnologie (gli Ogm). Ora invece sembra che il gruppo dirigente della Lega si stia ponendo il problema di riattivare i collegamenti anche con chi non si riconosce nella linea di Coldiretti. Non a caso, una ventina di giorni fa, come è stato notato da qualcuno, il presidente della Commissione Bilancio alla Camera nonché uomo-ombra di Bossi su economia e finanza, Giancarlo Giorgetti (il gran tessitore della ragnatela economica che fa riferimento alla Lega Nord) ha incontrato il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni. Lo stesso a cui il ministro Sacconi ieri ha dato importanti rassicurazioni in merito alla necessità di far ripartire la concertazione nel settore agricolo (come detto, Zaia si era schierato dalla parte della Coldiretti), definendo quella di Vecchioni “una richiesta di sviluppo di dialogo che certamente ci sarà con il nuovo ministro dell’agricoltura”.
Intanto, Bruxelles sta mettendo a punto un pacchetto di misure da presentare a giugno al Parlamento europeo e al Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura. Si comincerà dal settore latte e formaggi, forse il più penalizzato dal ribasso dei prezzi subito dagli allevatori. Ma ottenere i fondi dall’Ue non basta. Poi bisogna essere in grado di spenderli (l’esperienza al riguardo insegna). E su questo punto, la Lega vuole avere voce in capitolo.