Perché mio figlio ha meno diritti di “asilo” del figlio di un immigrato clandestino?
12 Febbraio 2008
Dunque, un giudice di Milano, ieri ha
stabilito che mio figlio, che è stato rifiutato da tutte le scuole materne di
Roma (gli impiegati comunali mi hanno esortato a non presentare neanche la
domanda, perché sarebbe stata cassata al 100%), ha meno diritti del figlio di
una immigrata senza permesso di soggiorno, “clandestina”, come si dice, che
deve essere accolto in una scuola materna.
Questa sentenza, apparentemente secondaria, ha
invece un significato fondamentale, è un campanello d’allarme formidabile. In
Italia infatti, manca completamente una legislazione specifica che determini
criteri normati dal parlamento per il momento successivo alla concessione del
permesso di soggiorno. Vittime dell’emergenza, i vari governi si sono in questi
anni mossi solo sul fronte della lotta alla clandestinità e nessuna
legislazione ha affrontato di petto i temi della “cittadinanza temporanea”
degli immigrati regolari.
Da questo vuoto normativo, è conseguita una
conseguenza abnorme: l’integrazione degli immigrati è stata delegata alle
amministrazioni comunali, senza alcuna cabina di regia, senza alcun riferimento
normativo del Parlamento.
Come sempre, il vuoto è stato prontamente
riempito dalla magistratura, che si è messa a legiferare, imponendo criteri
tanto, tanto politically correct, quanto dannosi.
Ecco allora che abbiamo sentenze in cui viene
riconosciuta la poligamia e vengono condannate all’inferno e alla violenza del
ruolo di schiava le seconde e le terze mogli dei musulmani. Ecco la
disperazione di tante donne islamiche ripudiate dal marito secondo la formula
islamica che in Italia sono allo sbando senza che nessun tribunale o nessuna
istituzione intervenga a difenderne i diritti. Ecco la sentenza di Milano che
stabilisce che ha valore di Legge la Convenzione dei diritti del fanciullo dell’Onu.
Una follia dal punto di vista normativo, ma che ha spazio per affermarsi, tanto
da creare il paradosso del riconoscimento ad un diritto “ai servizi educativi”,
cioè alla scuola materna, che vale per il figlio di un clandestino, là dove non
vale affatto per i figli degli italiani che ne godono solo dalle elementari in
su. Il tutto, si badi bene, a fronte di una circolare della Moratti, che non
aveva affatto criteri fiscali, che prevedeva assoluta elasticità nei confronti
dei bambini in attesa di regolarizzazione e che riguardava –prevedendo comunque
discrezionalità per ragioni umanitarie- solo e unicamente i bambini figli di
clandestini non regolarizzabili.
E’ un altro passo in avanti verso il
consolidamento di una giurisprudenza caotica, ispirata a principi spesso
assurdi (come può il magistrato di Milano confondere l’enunciato di una
Convenzione con una norma legislativa? E’ errore drammatico, di gravità
eccezionale) che avrà affetti sempre più dirompenti.
Da qui a pochi anni, l’Inps si troverà a far
fronte a richieste di assistenza e di reversibilità di pensione avanzate da
seconde, terze mogli poligamiche e dai loro figli. I tribunali dovranno
decidere se la pensione dovrà andare solo alla prima o anche alla seconda moglie.
Addirittura abbiamo già immigrati, divenuti cittadini italiani, che hanno
diritto a esercitare in Italia la poligamia –perché si sono sposati in patria-
mentre ovviamente qualsiasi altro italiano nella stessa situazione andrebbe
diritto in galera.
Il tutto, mentre continua l’equivoco
incredibile, di una defatigante attenzione mediatica e politica dirette solo
verso il mondo delle moschee, secondo il principio pazzesco –soprattutto perché
sviluppato essenzialmente dalla sinistra- che l’integrazione degli immigrati
deve partire dai luoghi di culto (ma solo da quelli islamici).
Una politica che ha fornito un “privilegio” di
attenzione agli immigrati musulmani assolutamente demotivato rispetto agli
immigrati cristiani o di altre fedi, che permette ai filo fondamentalisti e
antisemiti dell’Ucoii di lucrare ampi profitti e che aumenta solo il caos.
Bisogna prendere il problema di petto, senza
perdere tempo e occuparsi d’altro: l’integrazione degli immigrati. E’
indispensabile che governo e Parlamento definiscano le regole di questa
integrazione, sia quelle normative che i principi che le ispirano; è
indispensabile disegnare un “percorso”
sia per la cittadinanza temporanea degli immigrati, che per la conquista di
quella definitiva, che è obiettivo fondamentale per tanti immigrati nati in
Italia.
Bisogna scoprire l’acqua calda, accorgersi di
un dato che è sotto gli occhi di tutti ma che da tutti è ignorato: abbiamo nel
nostro paese decine e decine di migliaia di ragazzi che hanno frequentato
tutti i gradi dell’istruzione in Italia, che hanno gusti, educazione, hobby e
riferimenti plasmati in Italia. Costituiscono una piccola armata di ponte, di
dialogo naturale, istintivo, di integrazione di fatto nel tessuto culturale
nazionale che però, lasciato brado, non coltivato e curato, rischia ad ogni
momento la deriva.
Abbiamo di fronte il fallimento di tutti i
modelli integrativi d’Europa, tranne quello tedesco –per ora– e godiamo solo
del ritardo temporale con cui il fenomeno migratorio si è presentato in Italia
(30 anni in media, dopo gli altri paesi).
Ma l’orologio gira, l’Italia è ormai un paese
a immigrazione forte e matura, mentre la sinistra si culla nella demente
illusione che il problema vada affrontato regalando soldi e moschee a imam che
si rifiutano persino di dare la mano a una donna, il centrodestra deve prendere
il dossier in mano e svilupparlo con urgenza sin dalla prossima legislatura.