Perché tanti cattolici dicono No al referendum costituzionale
29 Maggio 2016
Il Comitato Difendiamo i nostri figli, che ha riempito le piazze contro la legge Cirinnà, e il suo leader, Massimo Gandolfini, hanno colpito nel segno. La campagna per il no al referendum costituzionale, inaugurata ieri a Roma sotto il simbolo “Famiglie per il no”, ha dato davvero fastidio, se i commenti dei media (ormai tutti, tranne rarissime eccezioni, sotto il controllo renziano) sono imbarazzati e un po’ astiosi.
Sembra che il no sia solo la meschina ritorsione di un popolo che non sa accettare democraticamente la sconfitta, non sa motivare nel merito la propria posizione, e vuole colpire l’indifeso presidente del consiglio. Questa pare essere la tesi più accreditata, con cui si cerca di depotenziare le ragioni di Gandolfini e dei suoi, riducendole a una questioncella quasi privata, una ripicca di poco conto.
Eppure il portavoce del Comitato è stato molto chiaro. La vendetta, ha spiegato, non appartiene a noi cattolici, è lontanissima dal nostro modo di essere; ma siamo preoccupati, profondamente preoccupati, di quello che può accadere su temi a noi cari, con il combinato disposto di legge elettorale e riforma costituzionale. Il premio di maggioranza esorbitante, l’eliminazione della seconda camera, il rafforzamento dell’esecutivo, pongono la questione antropologica, e quindi il futuro della condizione umana, nelle mani di un solo partito.
Non è solo una battuta sprezzante, quella con cui Renzi ha liquidato l’opposizione, che con la riforma sarebbe “spazzata via”: il nuovo sistema non offre sufficienti garanzie alla minoranza, che tanto minoranza non è, visto che rappresenta comunque una bella fetta di elettori. Bisogna anche considerare che abbinando premio e scarsa affluenza, il partito che prende il potere potrebbe rappresentare una percentuale di italiani piuttosto bassa.
La verità è che i metodi del premier hanno spaventato il popolo cattolico. L’approvazione delle unioni civili a colpi di fiducia, senza che i parlamentari abbiano potuto votare in aula un solo emendamento, ha lasciato un segno profondo e ha minato la reputazione e la credibilità di Renzi e Alfano. La Chiesa, con papa Francesco, ha fatto un passo indietro rispetto alla politica italiana.
L’invito del pontefice ai laici, perché si mobilitino senza aspettare la guida e l’appoggio dei pastori, è stato raccolto, e il risultato è che il Comitato di Gandolfini si muove in piena autonomia non solo rispetto alla Cei, ma anche rispetto alla galassia di movimenti e associazioni cattoliche che hanno, con la Cei, un rapporto più o meno diretto.
I contatti tra governo e rappresentanti della Chiesa naturalmente continuano a vari livelli, ma non portano più al governo il consenso dell’area cattolica: se monsignor Galantino approva pubblicamente la riforma, questo non significa che i fedeli la voteranno. L’autonomia è diventata reciproca, e rischia qualche volta di trasformarsi in distanza. In un clima di spaesamento del mondo cattolico, in cui si inserisce anche la crisi del centrodestra, il Comitato di Gandolfini acquista un ruolo fondamentale per discernere e giudicare, ed è forse più facile che siano le “Famiglie per il no”, a orientare le scelte dei pastori, piuttosto che i pastori a orientare il voto dei credenti.