Persino i liberal newyorkesi ironizzano sull’impiccio catalano
16 Gennaio 2018
Persino i liberal newyorkesi fanno del sarcasmo sull’impiccio catalano e la “disattenzione” dell’Unione. “It is not clear who can physically lead the next adiministration in Spain’s native region”. Raphael Minder sul New York Times del 6 gennaio scrive che non è chiaro chi mai potrà “fisicamente” governare la Catalogna: fisicamente, perché su 135 consiglieri, appena eletti il 21 dicembre, del parlamento regionale di cui è capitale Barcellona 3 sono ancora in carcere e 5 in esilio, impedendo così “materialmente” l’espressione di una maggioranza. Vi è un cenno di sarcasmo (e disprezzo) anche nel molto liberal quotidiano della grande metropoli americana su questa Europa che ogni cinque minuti strilla sui diritti politici dei cittadini (loro –se polacchi- e di qualunque altro Paese del mondo) e che poi non è capace di prendere un’iniziativa o persino di dire una parola su una situazione così grottesca. Mentre si parla di un’assemblea catalana convocata via Skype, Michael Stothard sul Financial Times del 15 gennaio aggiorna sulle posizioni di del governo: “’There is no margin to be president from afar, neither by delegation nor by another type of trick,’ said Mr Rajoy at a meeting of officials from his Popular Party on Monday. Madrid would continue direct rule ‘until the next president takes office’”, non c’è nessun margine – dice Rajoy- per un “governare da lontano” la Catalogna, se “i ribelli” non si faranno incarcerare il parlamento regionale di Barcellona sarà governato da Madrid. Sempre sul Financial Times del 15 Gideon Rachman scrive come “the government in Warsaw will point out that it is Spain — not Poland — that is currently imprisoning opposition politicians” il governo polacco messo sotto accusa perché restringerebbe i diritti dei suoi concittadini, non mancherà di far notare come la Spagna sia l’unico Paese in cui politici dell’opposizione siano in galera.
Dalla sua panchina al parco Emmott ci informa che il Berlusca è “fit”. “Yes, as shocking as it is, the kingmaker in this election could be none other than Silvio Berlusconi, the three-time prime minister who popularized the term “bunga-bunga party.” Berlusconi, who last left office ignominiously in 2011, when the euro sovereign-debt crisis threatened to engulf Italy, cannot yet aspire to a fourth term – or to any public office – owing to a tax-fraud conviction in 2013, yet the center-right coalition he leads has the most momentum going into the election”. Bill Emmott sul sito Project sindacate del 4 gennaio, con la sua solita arietta di disprezzo e superiorità, spiega come “Could Berlusconi end up being Italy’s political savior? Don’t rule it out” non si possa escludere che Berlusconi finisca per essere il “salvatore dell’Italia”. Sono passati 16 anni dalla copertina dell’Economist diretto da Emmott che recitava: “Why Silvio Berlusconi is unfit to lead Italy”. E’ passata quell’hybris degli ambienti della City di Londra che pensavano che la finanza da sola avrebbe potuto governare il mondo, si è dimostrato come persino Nigel Farage capisse il popolo inglese (capisse, al di là delle sue posizioni estremizzate e di fatto pericolose) più di certi spocchiosi settimanali liberisti, Berlusconi fa meno paura e soprattutto lo si vuole usare contro i nuovi “mostri” Donald Trump e, in piccolo, Matteo Salvini (questa dei nuovi “mostri” in Italia è un’operazione che noi conosciamo bene: De Gasperi era meglio di Scelba, Scelba era meglio di Andreotti, Andreotti era meglio di Craxi, Craxi era meglio di Berlusconi e oggi Berlusconi è meglio di Salvini). L’Economist è diventato sempre più emarginato, spocchioso come un tempo ma assai meno influente. Emmott è abbastanza pensionato e come molti di noi cerca di farsi notare come può. Detto questo, fa piacere che anche la spocchia offra (sempre naturalmente sputacchiandolo) l’onore delle armi a un combattente come Il Berlusca.
La Mogherini esiste! Stupore (ma senza ammirazione) in settori qualificati dell’opinione pubblica mondiale. “If Federica Mogherini didn’t exist, the world’s autocrats would be trying to invent her”. Eli Lake sul sito Bloomberg view del 9 gennaio scrive che se la Mogherini non esistesse, i vari autocrati al potere nei differenti Paesi nel mondo si sforzerebbero di inventarla. L’ Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, dopo un lungo periodo di assoluta evanescenza, disbrigando il suo lavoro da cameriera degli interessi franco-iraniani si sta facendosi notare di più ogni giorno che passa.
Centro sinistra carlinpetriniano tra slow government e direzione a chilometro zero. “Non vuol dire che il jobs act sia sbagliato, vuol dire che va corretto” spiega Pier Carlo Padoan al Corriere della Sera del 7 dicembre. La maggioranza che regge l’esecutivo Gentiloni è perfettamente carlinpetriniana e si divide tra lo slow government à la Padoan (“non è che abbiamo sbagliato, è che dobbiamo correggerci”) e tipetti à la Renzi-Boschi-Lotti-Carrai, la famosa cricca a chilometro zero.