Piano casa: il decreto fermo al palo. Procedono solo le Regioni

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Piano casa: il decreto fermo al palo. Procedono solo le Regioni

26 Maggio 2009

Il decreto legge di semplificazione edilizia è fermo da settimane alla conferenza stato-regioni mentre dodici testi e progetti di legge regionali per regolare gli ampliamenti degli edifici e gli interventi di demolizione e costruzione sono già pronti. Insomma, sul piano casa le Regioni accelerano (l’ultima in ordine di tempo è stata, ieri, il Piemonte), aspettando di vedere cosa ci sarà nel Decreto. Il sospetto è che quel decreto, da loro stesse stoppato, sia al palo per motivi prettamente politici, legati alle imminenti scadenze elettorali.

Perché dare vantaggio al Governo in prossimità delle elezioni? Del resto, se Berlusconi ha potuto festeggiare il primo anno di governo con la certezza di avere dalla sua una percentuale altissima di consensi e una grande fetta di popolarità, è anche grazie al Piano casa. Non sono quindi un caso gli sgambetti delle Regioni rosse e della sinistra. E non è un caso che il Governo, dopo un annuncio in pompa magna (era il 7 aprile quando presentò l’intervento che avrebbe rilanciato l’economia) voglia chiudere la questione: è legittimo. Del resto,  il piano in questione vale 45 miliardi di nuovi investimenti privati – tre punti di Pil – e non costa nulla all’erario. “Quando riparte l’edilizia riparte tutta l’economia”, hanno detto in questi giorni i ministri Brunetta e Sacconi. E il punto sta proprio qui. Il piano casa è dettato da esigenze di carattere economico perché gli interventi con premio di cubatura sugli immobili residenziali faranno ripartire l’attività di molte piccole e medie imprese in affanno a causa della crisi. Sono passati quasi tre mesi dall’annuncio di Berlusconi e i continui ritardi nell’approvazione del decreto preoccupano appunto per le ricadute economiche e normative che ne derivano. In quest’ottica, ci saremo aspettati dal Governo una più forte incisività, almeno nel denunciare il rallentamento ad opera delle regioni rosse.

Per il momento, l’unica regione ad aver varato una legge in materia è la Toscana. I consigli regionali di Umbria, Veneto e Sicilia stanno discutendo i disegni di legge; la giunta del Piemonte, come detto, ha varato ieri il suo testo. Altre amministrazioni di centrosinistra (Emilia Romagna, Lazio, Marche) oltre a Lombardia e Friuli Venezia Giulia stanno per presentare i provvedimenti. La provincia autonoma di Bolzano ha delegato la materia alla giunta. Il resto d’Italia attende lo sblocco del decreto legge.

L’iter. Le regioni recepiscono i cardini della proposta del premier: aumento del 20% di superficie o cubatura per gli immobili non condominiali, abbattimento e ricostruzione con “premio” del 35% di volumetria nel rispetto di rigorosi standard di risparmio energetico. Ogni parlamentino regionale può imporre limiti o decidere deroghe. Le leggi regionali dovranno essere approvate entro la fine di luglio. E da agosto sarà possibile mettere a frutto il piano casa.

Il piano caso venne accolto positivamente, percepito dall’opinione pubblica  come un’opportunità capace di arginare gli effetti della crisi. Tra le voci contrarie c’erano solo quelle che esprimevano perplessità di carattere ambientalista, sottolineando i rischi di una cementificazione senza regole e la possibilità di degrado per aree in condizioni di precario equilibrio territoriale o paesaggistico. Spazzato il campo dagli equivoci e chiarito che il provvedimento non avrebbe mai potuto contemplare una sorta di cementificazione selvaggia, sarà il terremoto che la notte tra il 5 e il 6 aprile ha colpito l’Abruzzo a modificare la percezione della misura. La fragilità di edifici realizzati anche in epoca recente ha scoperchiato la pentola degli abusivismi e delle approssimazioni (risparmi sui materiali, scarso rispetto delle norme) e questo ha portato paura e insicurezza. La prima stesura del Piano Casa originario non prevedeva particolari obblighi di rispetto dei criteri antisismici. Così dopo il sisma, la bozza di decreto legge sul Piano casa ha inglobato importanti disposizioni per la sicurezza degli edifici pubblici e privati, come l’entrata in vigore delle Norme Tecniche al 30 giugno 2009 anziché al 30 giugno 2010, come previsto dal DL Milleproproghe 207/2008. Dopo l’ultima consultazione tra Governo e Regioni, conclusasi con un nulla di fatto, il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha detto che “il Piano Casa sarà realizzato attraverso le leggi regionali” (e viste le lungaggini, il Parlamento ha deciso di inserire l’anticipazione delle NTC nel DL 39/2009 per l’Abruzzo già approvato dal Senato e in attesa di essere esaminato dalla Camera).

Il Piano casa del Governo è stato lanciato originariamente nella manovra finanziaria dell’estate scorsa. Il cosiddetto Piano straordinario per l’edilizia residenziale pubblica, pensato per riammodernare il patrimonio immobiliare pubblico e finalizzato a dare un alloggio sociale alle famiglie disagiate, agli anziani, alle giovani coppie. Il Cipe – nella riunione dell’8 maggio – ha assegnato alla realizzazione del Piano straordinario un primo stanziamento per complessivi 350 milioni di euro. Di questi: 200 milioni di euro sono da ripartire tra le Regioni per l’edilizia popolare; gli altri 150 milioni sono destinati al sistema integrato di fondi immobiliari per l’incremento della dotazione degli alloggi sociali.

Gli altri due progetti che completano oggi il Piano casa sono stati proposti dal presidente del Consiglio per rilanciare un settore chiave, l’edilizia e, nello stesso tempo, andare incontro alle esigenze delle famiglie italiane.  Cosa prevede l’intesa del 31 marzo 2009 con le Regioni?

1. Per gli edifici residenziali uni-bifamiliari o comunque di cubatura non superiore a 1000 metri possibilità di ampliamento entro il limite del venti per cento della volumetria esistente;

2. Demolizione e ricostruzione possibilità di ampliamento per edifici a destinazione residenziale entro il limite del trentacinque per cento della volumetria esistente, al fine di migliorarne qualità architettonica ed efficienza energetica, nonché di utilizzare fonti di energie rinnovabili;

 3. Semplificazione delle procedure per velocizzare la concreta applicazione di quanto previsto (sono esclusi interventi edilizi di ampliamento su edifici abusivi o nei centri storici o in aree di inedificabilità assoluta).

Nell’intesa firmata con il Governo, le Regioni si sono quindi impegnate entro 90 giorni a varare le proprie leggi per disciplinare  gli ampliamenti del 20%  e i lavori di demolizione e ricostruzione  con premio di cubatura del 35%. Insomma, durante le fasi del confronto, Governo e Regioni hanno trovato dei punti di contatto, concordando di non estendere la deregulation edilizia, che prevede la sostituzione del titolo abilitativo con la Dia, Denuncia di inizio attività, ai cambi di destinazione d’uso. Tuttavia, la mancata emanazione del decreto lascia aperte alcune fondamentali questioni. Il primo (ricatto?) è la richiesta di una deroga alle assunzioni da parte degli enti locali, necessarie per gestire le nuove norme antisismiche. Il secondo è il credito d’imposta del 55% per i privati che mettono a norma, dal punto di vista antisismico, le loro abitazioni. I Comuni invece considerano ancora irrisolta la semplificazione della procedura per la valutazione ambientale strategica (Vas).

Il 15 maggio all’ordine del giorno del CdM ci sarebbe dovuto essere l’esame dei due provvedimenti: il decreto legge “Misure urgenti in materia di edilizia, urbanistica ed opere pubbliche” (il decreto sull’aumento delle cubature) e il disegno di legge “Delega al Governo per l’aggiornamento della normativa urbanistico-edilizia e del paesaggio” perché, si legge nel comunicato diramato in quella data da Palazzo Chigi “avevamo assunto l’impegno con le regioni di trovare l’accordo sul testo", ma l’intesa è mancata nella conferenza unificata riunitasi il giorno prima.

Insomma, visti i nodi ancora da sciogliere il CdM non ha esaminato i due provvedimenti, ma ha soltanto deciso lo slittamento di un mese per il termine dell’attività normativa regionale. Dalle dichiarazioni di Berlusconi emerge che le leggi regionali dovranno essere approvate entro la fine di luglio.

Da agosto, come confermato dal Presidente del Consiglio, sarà quindi possibile procedere agli ampliamenti volumetrici, così come all’abbattimento e alla ricostruzione con premio di cubatura. Intanto, nonostante non sia stato raggiunto un accordo tra Governo, Regioni e Comuni, prosegue l’iter legislativo degli Enti Locali, titolari, secondo la Costituzione, di competenza esclusiva in materia di edilizia e urbanistica.