Piazza Navona-San Giovanni: lo scisma laico

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Piazza Navona-San Giovanni: lo scisma laico

14 Maggio 2007

12 maggio 2007: lo scisma laico si approfondisce. Perché a piazza san Giovanni non si è svolta una manifestazione “legittimista” e nemmeno è andata in scena la prova di forza di una destra oscurantista. Non è stato organizzato il lancio della prima pietra. E non si è ricercato nella famiglia riparo da ogni contraddizione e ogni immoralità. In quella piazza è andata in onda un’altra storia. Vi erano uomini e donne con i loro fallimenti di ieri e le loro incertezze di oggi. Vi è stato chi dal palco ha difeso il matrimonio civile prima (e invece) di quello religioso. Vi è stato chi, da quello stesso palco, ha legittimato il divorzio rintracciandovi una conquista di civiltà che rende i “Dico” ancor meno necessari. In quella piazza vi era certamente tanta fede. Ma vi erano anche i dubbi di tanti laici che le conquiste di libertà e dignità della nostra civiltà possano essere sconfitte da una nuova versione della “presunzione fatale”. Chi è laico sa che la libertà o è imperfetta o non è. Per questo teme il sogno di chi vorrebbe l’uomo padrone assoluto della sua esistenza, dal momento del concepimento a quello della morte. E sempre per lo stesso motivo, chi è laico sa anche che nel preservare il meglio di una tradizione c’è spesso una saggezza istintiva e popolare più sana dei furori progressisti provenienti da stuoli vocianti d’illuminati.

C’è una differenza immensa tra la piazza Navona del 12 maggio del 1974, quando si festeggiò la vittoria del divorzio, e quella del 12 maggio 2007, quando è stata consacrata una sconfitta. Allora non mancò chi indicò nel divorzio “una conquista borghese”. Ma nella realtà dei fatti, dietro quella riforma, vi era una sana esigenza popolare di libertà. Quella battaglia poggiava su problemi veri e diffusi, nonché sull’esigenza di riconoscere un diritto all’imperfezione e perfino al fallimento. Vi era un’empirica esigenza di salvaguardia della famiglia dai drammi  provocati dalla indissolubilità del matrimonio e di offrire uno sbocco a tanti che, dopo una sconfitta, avevano l’esigenza di riprovarci. Chi vinse allora, lo fece in nome dei principi della nostra civiltà, non certo per la voglia di fuoruscirne.

Nei laicisti d’oggi all’empiria di quel tempo si è sostituita un’esigenza tutta ideologica di distruggere un istituto della nostra tradizione relativizzandone l’importanza. Nessuno, infatti, intende negare diritti individuali a quanti vogliono organizzare la loro esistenza prescindendo dal matrimonio. E quell’estensione di diritti sarebbe in grado di dare soluzione stabile a ogni problema concreto. Ma per i laicisti d’oggi tutto ciò non basta e non conta. Al bisogno di dare legittimità, attraverso il divorzio, a un’imperfezione si è così sostituita la volontà di ottenere per legge la perfezione: fecondazione artificiale senza limiti, riconoscimento ed equiparazione d’ogni tipo d’unione, divorzio à la carte, eutanasia sono le parti di un solo grande progetto di perfezione che dal campo sociale si è trasferito in quello antropologico. Ma quando la libertà s’ideologizza, inevitabilmente, subisce una perdita secca di laicità e, per compensazione, assume una tensione verso la dimensione totale, che può trasformarsi nell’anticamera del totalitarismo. Non è difficile comprendere perché, lungo questa deriva, si finisce per staccarsi dalle esigenze dei molti mettendosi al servizio della pretesa di pochi. E non c’è dunque da stupirsi se, rispetto al passato, alcune piazze si svuotano mentre altre si riempiono. Nemmeno ci si può meravigliare che alcuni laici si siano messi in cammino e che da piazza Navona, pur pieni di dubbi e perplessità, siano giunti fino a Piazza San Giovanni. Non sono ancora giunti a casa. Ma lì, tra un canto di Chiesa e una giaculatoria, hanno trovato responsabilità e rispetto che della laicità sono pur sempre ingredienti indispensabili.