Pisapia, il comunista gentiluomo che da giovane amoreggiava coi terroristi
12 Maggio 2011
Ebbene sì! Quando si sbaglia occorre riconoscerlo. E quello di Letizia Moratti nei confronti di Giuliano Pisapia è né più né meno che un errore. Accusare un proprio concorrente alla carica di sindaco di essere stato condannato per furto, quando il medesimo è stato invece assolto con formula piena (per non aver commesso il fatto) è un errore: un grave errore morale di per sé ed un grave errore politico, perché controproducente rispetto ai propri obiettivi politici.
Ma, fatta questa ineludibile premessa, occorre andare un po’ più in profondità. In realtà, la maldestra dichiarazione della Moratti non riguarda un semplice ed isolato, per quanto grave (sanzionato dal codice penale e financo vietato dai dieci comandamenti), episodio di violazione del precetto: “non rubare”. Anche se la cosa è rimasta sullo sfondo nei commenti giornalistici, il fatto di cui venne prima incriminato e poi assolto Giuliano Pisapia, riguardava la partecipazione ad un azione di tipo terroristico, un sequestro di persona per motivi politici.
Siamo sul finire degli anni ’70 e l’Italia è percorsa, ormai da un po’, da quelle tensioni e da quei conflitti che poi sarebbero tragicamente sfociati negli anni di piombo e nella cappa terroristica. Tensioni e conflitti che coinvolsero anche segmenti della buona borghesia milanese che, accecati dal furore ideologico comunista di quegli anni, non trovarono nulla di meglio da fare per annegare la noia del vivere che amoreggiare con l’estremismo violento e proto-brigatista delle formazioni dell’estrema sinistra. Anni nei quali un editore come Giangiacomo Feltrinelli moriva saltando su un ordigno che lui stesso stava maneggiando per far saltare un traliccio elettrico (essendo ormai stata smentita la patetica tesi difensiva secondo la quale sarebbe stata addirittura la CIA ad eliminarlo). Anni nei quali, lo stesso Corriere della Sera, storico baluardo della borghesia moderata e liberale lombarda viene attratto dalle correnti politiche comuniste. Gli anni dell’eskimo in redazione, del defenestramento di Giovanni Spadolini e della nomina di un nuovo redattore, Piero Ottone, assai più benevolo con la sinistra.
Ebbene, in questo periodo, secondo l’accusa Giuliano Pisapia è presente ad una riunione alla quale partecipano fra gli altri Roberto Sandalo (noto negli ambienti di Prima Linea come il Comandante Franco e responsabile di almeno tre omicidi terroristici) e Marco Donat Cattin (che partecipò all’omicidio del giudice Alessandrini) convocata per pianificare il sequestro di William Sisti, dirigente del Movimento Lavoratori per il Socialismo (al secolo MLS), reo di essere troppo moderato! Obiettivo dell’azione sarebbe stato anche quello di guadagnare crediti nei confronti della crescente organizzazione terroristica Prima Linea per poter entrare nella stessa.
In questo contesto, conta assai poco che Pisapia abbia effettivamente partecipato alla decisione di rubare il furgone. Conta poco anche il fatto che lui fosse effettivamente presente alla riunione (come sostennero alcuni dei partecipanti) ovvero, bloccato da un’ulcera, fosse in quel di Santa Margherita Ligure (come attestava un certificato medico dello zio di Pisapia). Su questo la magistratura si è già espressa in via definitiva e questo a noi basta (e avanza). Del resto il sequestro non ci fu e lo stesso autista del furgone fu bloccato dalla polizia. Del resto (ringraziando il cielo) la stagione degli anni di piombo è alle nostre spalle e non sentiamo alcun bisogno di riaprirla.
Quel che conta è il dato politico. Un uomo politico che in gioventù ha molto “amoreggiato” con ambienti terroristici o para terroristici è in grado di governare efficacemente la seconda città più importante d’Italia (secondo molti la più importante)? E’ sufficiente l’oblio del trascorrere del tempo ad emendare le colpe e gli errori commessi? Giuliano Pisapia, già deputato di spicco di Rifondazione Comunista, non ritiene doveroso fare pubblicamente e definitivamente i conti con una grande e tragica tradizione, quella comunista, che ha infestato la politica del secolo scorso ed in nome della quale sono stati compiuti crimini efferati? Il vero nodo che emerge dalla vicenda sono i tanti militanti e dirigenti della sinistra che pur avendo in gioventù partecipato, fiancheggiato o simpatizzato con i movimenti terroristici ritengono oggi di poter esporre una verginità politica o di proclamare una sincera fede liberaldemocratica senza aver mai compiuto pubblicamente un sincero mea culpa per una stagione che ha disseminato lutto e dolore nel Paese.
Giuliano Pisapia ci è molto simpatico, sia sul piano umano che su quello politico (basti pensare alle sue posizioni eterodosse in materia di giustizia). Ma in politica la simpatia non basta. In questa vicenda, la dichiarazione più singolare e (involontariamente) più cattiva è stata quella che ha reso il suo cuginetto Vittorio Agnoletto (evidentemente l’estremismo è nel DNA della famiglia) che, quasi a volerlo difendere, di lui ha detto “era un timido”. Ecco appunto. Non vorremo che la timidezza, il carattere gentile e la signorilità di Pisapia potessero diventare un comodo alibi per non fare i conti con il passato (anche il proprio), per non sobbarcarsi l’onere di definire un quadro di principi e di valori politici chiaro e da sottoporre agli elettori. Questo, assai più dell’improvvida uscita del sindaco in tailleur, sarebbe il segno del degrado della nostra vita politica.