Pisapia sgombera Torre Galfa mentre Alemanno sul Teatro Valle non sa che fare

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Pisapia sgombera Torre Galfa mentre Alemanno sul Teatro Valle non sa che fare

20 Maggio 2012

All’alba di martedì 15 maggio è finito a Milano l’effimera esperienza della Torre Galfa. Dopo solo dieci giorni, le forze dell’ordine hanno posto fine all’occupazione del grattacielo da parte del collettivo artistico Macao, identificando e sgombrando le circa venti persone a quell’ora presenti. 

Edificio avveniristico di 31 piani progettato per la Sarom dall’architetto Melchiorre Bega nel 1956 e sorto a pochi passi dalla stazione centrale tra via Galvani e via Fara, per trent’anni la Torre Galfa è stata la sede centrale della Bpm per poi passare al gruppo Ligresti a metà degli anni Novanta. Dopo la bonifica dall’amianto, ora è uno spazio vuoto e in abbandono, uno dei tanti buchi neri nel tessuto urbano di una Milano che ancora fatica a ripensare i propri spazi. E quando la politica latita, presto fanno il loro ingresso in campo i creativi dell’occupazione, che a Milano però hanno avuto vita molto più breve che a Roma: dopo pochi concerti e qualche dj set, i lavoratori dell’arte han dovuto cedere il passo, mentre al Teatro Valle il 14 giugno gli occupanti celebreranno un anno di iniziative. Eppure il parterre di sostenitori e simpatizzanti era altrettanto nobile: Dario Fo, Lella Costa, Daria Bignardi, Francesca Comencini e i “vallini” in trasferta Elio Germano e Valerio Mastandrea.

Niente hanno potuto contro il diritto del privato proprietario a rientrare in possesso dell’edificio, dove manca elettricità e acqua corrente, mentre al Valle di Roma da un anno il Comune di Roma paga la bolletta agli occupanti di quello che è stato definito un centro sociale a cinque stelle nel centro della capitale. Con l’abolizione dell’Ente Teatrale Italiano, infatti, il teatro è passato, nel nome del federalismo demaniale, all’amministrazione capitolina, rimanendo però in una sorta di limbo. L’occupazione ha impedito l’inventariazione dei beni e il passaggio formale dal ministero per i beni culturali al Comune è rimasto sospeso, complice anche l’indecisione della giunta sulle sorti del teatro.

Ora è stato stabilito l’affidamento dello stabile alla direzione dell’Argentina, ma gli occupanti si sono aggrappati all’ipotesi utopica di dar vita a una fondazione, dove però manca il presupposto principale: la devoluzione del bene demaniale al patrimonio. Una fondazione senza fondamenta, pertanto, dove il vuoto di idee si somma a quello che ha caratterizzato in questi ultimi mesi le sorti della Festa del Cinema, del Macro e del Maxxi. Al Valle continua così una stagione atipica ed effervescente, ma fuori da ogni regola e con problemi di sicurezza più volte esposti alle autorità. Sembra quasi che il Campidoglio non riesca ad affrontare le evoluzioni del sistema culturale romano e, come paralizzato, assista inerte piuttosto che guidare il cambiamento. Con il risultato paradossale di venir sorpassato a destra dalla giunta arancione di Pisapia.