Più armi a Kiev per costringere Putin a trattare

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Più armi a Kiev per costringere Putin a trattare

Più armi a Kiev per costringere Putin a trattare

30 Novembre 2022

Armi a Kiev. Sappiamo che gli ucraini vivono al gelo, al buio, muoiono sotto le bombe dei russi, combattono per noi a difesa dei confini europei. Questo fatto dovrebbe indurre i partiti europei a mostrare una grande responsabilità verso i nostri alleati. Pur nella consapevolezza, è il caso dell’Italia, di qual è il nostro assetto democratico. Ovvero della centralità del parlamento e del ‘metodo’ con cui vengono prese le decisioni, come quella di mandare aiuti militari all’Ucraina.

Dopo che il governo Meloni ha ritirato l’emendamento che avrebbe prorogato l’invio di armi a Kiev, è auspicabile un voto rapido dei partiti sul nuovo decreto. L’impressione però è che nel parlamento italiano ancora non si comprenda fino in fondo qual è la posta in gioco per l’Europa nella guerra in Ucraina. Da questo punto di vista, le notizie allarmistiche sull’assottigliarsi delle scorte militari NATO apparse sul New York Times dovrebbero indurci a riflettere.

Gli arsenali della NATO

Gli ucraini hanno dato vita a una controffensiva autunnale che ha ricacciato indietro i russi, facendo fallire il progetto imperialistico putiniano di conquistare l’Ucraina. Ora Kiev chiede più armi per vincere la guerra. La NATO continua a ripetere che Putin non vincerà e che l’appoggio occidentale a Zelensky non vacilla.

Ma se la stampa Usa inizia a porsi la questione della tenuta degli arsenali militari NATO, considerando che al momento chi è a secco di munizioni è Putin, è un messaggio indiretto che l’America lancia al Cremlino. Cioè a dire la possibilità di aprire un tavolo negoziale. Il tema è quanto aprire un negoziato in questo momento convenga all’Europa.

Fino adesso gli Usa di Biden hanno svolto un ruolo fondamentale nell’evitare la caduta di Kiev. Eppure negli ultimi anni l’atteggiamento americano verso l’Europa è cambiato, la tentazione americana di ridurre parzialmente il proprio impegno militare nel Vecchio Continente c’è sempre.

Il voto italiano sulle armi a Kiev

L’Unione Europea ha reagito in modo inaspettato e compatto alla invasione russa della Ucraina. Putin pensava di conquistare Kiev nel volgere di qualche giorno, ora si ritrova con il fiato sul collo degli ucraini in Crimea e con la Svezia che insieme alla Finlandia sono entrate nella NATO. L’Europa però si sta accorgendo che l’America non potrà continuare a occuparsi per sempre della nostra sicurezza.

Europa e America restano alleate, la NATO rappresenta la base di questa alleanza. Ma i Paesi europei, se ancora vogliono contare qualcosa, debbono essere uniti come potenza militare. In questo senso il dibattito parlamentare italiano sull’invio di armi a Kiev è molto importante per capire qual è la consapevolezza che la nostra classe politica sul ruolo della Europa nel conflitto ucraino e sul nostro ruolo in Europa.

Il dibattito parlamentare dei prossimi giorni prende le mosse dalla posizione che sulla Ucraina hanno l’Onorevole Conte e 5 Stelle. Il Movimento 5 Stelle definisce la guerra in Ucraina una “tragedia umanitaria”, una “follia fatta di violenze, stupri e massacri,” che, ci permettiamo di aggiungere, sono quelli commessi dagli invasori russi.

Tant’è che oggi la presidente della commissione europea von der Leyen ha chiesto che venga istituito un tribunale speciale internazionale, come quello in Bosnia per punire i crimini di guerra russi in Ucraina. Secondo il movimento 5 Stelle però bisogna fermare la guerra; se non fermeremo la guerra c’è il rischio di una escalation nucleare. L’Italia dovrà essere protagonista nella apertura del tavolo negoziale tra aggressore e aggrediti.

Quali colloqui di pace con Putin

Il problema diventa capire che tipo di colloqui di pace si immagina di intavolare con Putin. Da mesi circola l’idea che l’aggredito dovrebbe rinunciare a qualcosa per fermare la guerra. Tesi un po’ ardua da sostenere nel momento in cui gli ucraini si sono ripresi larga parte del loro Paese. La verità è che dobbiamo mandare più armi a Kiev, compresi sistemi antimissile e materiali militari più avanzati, perché solo in questo modo costringeremo il capo del Cremlino a trattare.

Come scrive Carlo Jean, il nuovo afflusso di riservisti verso il Donbas non permetterà ai russi di conquistarlo perché la Federazione non ha mezzi militari di terra moderni, competitivi con quelli della NATO. I russi sperano in una tregua di Natale per stabilizzare la linea del fronte, avere il tempo di rifornirsi, trovare nuovi armi e munizioni. Ma continuano a perdere uomini e nella madrepatria ormai quasi il 60 per cento dei russi chiede un negoziato immediato.

Mandiamo nuove armi alla Ucraina. Più aumentiamo la deterrenza, più si avvicinerà l’ora della trattativa con il regime sconfitto. Putin deve capire che l’invasione è fallita, che deve negoziare non per chiedere qualcosa ma per ridare agli ucraini ciò che gli ha tolto, per ripagare le distruzioni che ha commesso e per consegnare i criminali di guerra russi. Tornando all’Italia sono queste le ragioni per cui bisogna accelerare il dibattito parlamentare.

Se come sembra il voto politico darà una conferma alla linea presa dal nostro Paese con Draghi, dovremo andare fino in fondo nel sostenere gli ucraini verso la vittoria. Il dibattito parlamentare è meritorio ma non si può ogni volta ridiscutere tutto da capo. È il momento di far capire a Putin che l’Occidente è tornato. Che dentro questo Occidente l’Europa ha un ruolo da protagonista. E che dentro questa Unione l’Italia ha scelto da che parte stare.