Prima diminuire le tasse poi educare le coscienze
20 Dicembre 2007
Perché leggere un nuovo libro sugli sprechi della pubblica amministrazione italiana, perché leggere “Sprecopoli” di Mario Cervi e Nicola Porro (Modandori, pagne 25”, euro 17,50)?
Un primo buon motivo è fornito dall’eccellenza degli autori: un grande vecchio della stampa italiana, Cervi, e una giovane promessa del giornalismo economico, Porro, che segue il settore di cui è specialista sul Giornale, con il grado di vicedirettore ad personam. In una recensione con un tocco di arroganza (che in generale non manca nei suoi articoli) Aldo Cazzullo rimprovera Cervi&Porro perché non citano abbastanza “La casta” di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, che ha avuto in questi mesi un miracoloso successo.
Riuscire a sfondare in modo eccezionale nelle vendite, come è avvenuto a Stella e Rizzo, è sempre segno di percezione dei sentimenti del pubblico e in quanto tale indica una qualche qualità – ne si condivida o meno il segno – di chi raggiunge l’obiettivo. Però libri sull’argomento anche più documentati e scritti soprattutto con più ironia ne erano già usciti. Per esempio quelli a firma di Mario Giordano (segnalo un conflitto d’interese: scrivo sul quotidiano diretto da Giordano). Più in generale, sull’argomento un vero pioniere è stato il vecchio senatore liberale cuneese, oggi presidente della Provinicia Granda, Raffale Costa.
E’ lui che ha descritto con minuzia quasi ossessiva, per esempio, tutti gli sprechi che caratterizzavano (e caratterizzano) il nostro sistema della sanità pubblica. Cervi&Porro senza dubbio hanno trovato la fonte maggiore di ispirazione proprio nelle inchieste alla Costa. Si sente anche in loro lo spirito liberale e conservatore (non inteso come antiriformista o antimodernizzatore, ma come attento alle tradizioni) del già senatore del Pli. E in questo senso la loro inchiesta si distingue da un certo spirito moralistico di altre pubblicazioni, tutte incentrate sulla “cattiveria” dei singoli.
E’ evidente come la mala amministrazione sia anche un problema di responsabilità singole, come non si possa buttare tutto in sociologia. Però la tesi che consentire l’espansione dello Stato nella nostra vita, più o meno oltre ogni limite, non possa che ineluttabilmente portare a degenerazioni, non è affatto priva di razionalità o per altro verso inattuale.
E altrettanto convincente mi pare – come suggeriscono gli autori di Sprecopoli – che il problema essenziale sia oggi più diminuire le tasse che limitarsi (pur impegno da non trascurare) a educare le coscienze.