Privatizzare le reti per liberalizzare i servizi pubblici locali?

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Privatizzare le reti per liberalizzare i servizi pubblici locali?

06 Novembre 2009

Il processo di liberalizzazione dei servizi pubblici locali è da molti anni in una situazione di stallo. Un settore in cui la concorrenza produrrebbe notevoli benefici, in termini di crescita e di riduzione dei costi per famiglie e imprese, continua invece ad essere condizionato dai sistemi di potere locali che ruotano intorno alle società locali.

Numerose sono state – come noto – le riforme dei governi, che si sono succedute (ben quattro soltanto negli ultimi otto anni) senza tuttavia riuscire ad innescare una virtuosa dinamica competitiva nel settore, sull’esempio di quanto avvenuto nei servizi pubblici nazionali.

Risulta, pertanto, quanto mai di attualità interrogarsi sulla validità del percorso seguito e sull’opportunità di ricercare eventualmente metodi e approcci, se non alternativi, utili tuttavia ad indicare alcuni correttivi.

Un punto pare doveroso sottolineare. L’ampiezza e la vivacità del dibattito, sviluppato nell’ultimo quindicennio attorno alla riforma dei servizi pubblici locali, sono un sicuro indice della complessità degli interessi coinvolti e delle problematiche che in esso confluiscono. È indubbio, infatti, che la disciplina di questo settore – il cui ambito locale certamente non ne attenua il rilievo (basti pensare all’incidenza delle tariffe sui bilanci familiari e su quelli dell’impresa) – taglia, in modo trasversale, una serie di problematiche di parti-colare attualità. Tra queste vi sono certamente quelle della sussidiarietà (economica oltre che amministrativa) e dell’autonomia degli enti locali.

Quello dei servizi pubblici locali è anzi uno dei terreni che più si presta a sperimentare in concreto la possibilità di raggiungimento dell’interesse pubblico con i moduli propri del mercato e del profitto, ma che inevitabilmente incide sulle scelte degli enti locali titolari dei servizi, sul loro potere di indirizzo e sulla conseguente responsabilità circa i livelli delle prestazioni rese. Di qui la difficoltà di approdare a riforme condivise e coerentemente attuate a livello locale.

C’è un’indicazione che emerge con chiarezza dall’esperienza accumulata fino ad ora: ciò che ha decretato lo stallo del processo riformatore è stata la sistematica resistenza opposta al processo di liberalizzazione da parte di diversi gruppi di interesse (amministratori e politici, locali e nazionali, imprese, pubbliche e private, incumbents, le stesse associazione dei consumatori).

Salvatore Rebecchini, autore dell’intero Paper pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni, è componente dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato. Per leggere interamente il documento basta seguire questo link: "Privatizzare le reti per liberalizzare i servizi pubblici locali?".