Profumo illustra il piano da 6,6 mld ma il mercato non dà fiducia a Unicredit
06 Ottobre 2008
Che la crisi finanziaria abbia invaso la quotidianità è fuor di dubbio. Lo dimostrano le preoccupazioni della gente comune che se fino a poco tempo fa neppure si curava di fallimenti di banche e iniezioni di denaro volte al salvataggio di colossi in crisi, oggi si preoccupa per il proprio conto corrente, per le oscillazioni in Borsa delle Istituzioni di Credito, per le ripercussioni della crisi su pensioni, prezzi delle case, soldi in banca. Il fatto poi che ogni stato in Europa stia agendo per conto proprio, in barba a qualsiasi strategia comune, contribuisce a creare incertezza nei risparmiatori europei.
Insomma, manca (o comincia a mancare) la fiducia nei confronti delle banche e, soprattutto, tra gli operatori finanziari. E le parole dell’amministratore delegato di Unicredit Profumo sono eloquenti: “Nel corso dell’ultimo mese c’è stato un deterioramento della situazione del settore bancario che già era difficile”, ha detto. C’era poco ottimismo nelle sue parole quando ha illustrato oggi, nel corso di una conference call, le misure approvate ieri dal cda che hanno dato il via anche alla ricapitalizzazione da 6,6 miliardi di euro.
Il mea culpa di Profumo era quasi scontato: “So che lo scenario esterno era già negativo prima. Chiaramente abbiamo sottovalutato le condizioni del mercato. Abbiamo fatto degli errori di valutazione, questo ci è assolutamente chiaro”. Del resto, fino a una settimana fa il numero uno di Unicredit aveva negato la necessità di aumentare il capitale e la manovra sul capitale che ieri l’ad ha sottoposto all’approvazione dei soci è di entità superiore a quanto ipotizzato fino a sabato). Sono bastati però pochi giorni per delineare i contorni di quella che agli analisti già da settimane sembrava una situazione d’emergenza. Da qui il via libera al piano anti-crisi e la discesa in campo di Mediobanca (e delle Fondazioni azioniste di Unicredit) che dopo un’estate di polemiche – tra Cesare Geronzi che a breve si isnedierà al posto di comando di Mediobanca e Profumo – è pronta a inaugurare una nuova era di equilibri.
La crisi ha investito per prima Unicredit (l’unica banca a vocazione internazionale che ha portato avanti fusioni e acquisizioni strategiche in Germania e nell’Est Europa) ma l’operazione è molto diversa rispetto a quelle avviate per il salvataggio dei colossi in crisi. L’Italia in questo caso ha chiesto aiuto al mercato e al settore privato, lasciando da parte il pubblico, quindi lo Stato. Un piano molto diverso rispetto ai salvataggi pubblici di Dexia e Fortis, del colosso assicurativo americano Aig e di Bear Stearns, che è stata fusa in JPMorganChase dopo un’abbondante iniezione di liquidità della Fed.
Il piano consiste in un aumento di capitale gratuito, sotto forma di nuove azioni da distribuire ai soci in luogo del dividendo (lasceranno nella banca la loro parte di utile 2008 che verrà quindi capitalizzata). La seconda tranche del piano da 6,6 miliardi sarà invece un prestito obbligazionario convertibile in azioni UniCredit offerto in opzione agli attuali soci mentre il resto sarà chiesto al mercato e garantito da Merrill Lynch e Mediobanca. Tecnicamente, il piano approvato dal board prevede un aumento di capitale da quasi 3 miliardi di euro e il pagamento del dividendo 2008 in azioni di nuova emissione (e non in denaro contante) per un valore di altre 3,6 miliardi. Con l’attuazione di queste misure – tra cui anche un piano di riduzione di costi, la dismissione delle partecipazioni in Generali e Atlantia e la valorizzazione del patrimonio immobiliare per oltre 1,5 miliardi – l’istituto di credito controllato dalle fondazioni bancarie di Verona, Torino e Carimonte e dal gruppo tedesco Allianz stima di aumentare il suo Core Tier 1 ratio al 6,7% contro il 5,7% del giugno 2008, ipotizzando un utile atteso a fine anno di 5,2 miliardi di euro (pari a un utile per azione di 0,39 euro contro l’obiettivo precedente di 0,52 euro). Il Core Tier 1 è costituito da patrimonio e riserve depurati di azioni proprie e attivi immateriali con l’esclusione degli strumenti innovativi di capitale.
Secondo Profumo “è impossibile prevedere se l’utile per azione diluito al 2010” sarà in linea con i target. C’è stato un evidente deterioramento dello scenario macro-economico e Profumo non nasconde le sue perplessità ricordando anche il crac Lehman, si è vista “una mancanza di fiducia tra gli operatori finanziari senza precedenti, il risultato è stato un maggior bisogno di liquidità per il sistema bancario e il ritorno alla normalità sul mercato dei capitali probabilmente richiederà più di quanto atteso”.
Intanto, la Borsa ha reagito con durezza e il titolo è entrato agli scambi con un tonfo del 13,4% a 2,6 euro. Ma più che la ricapitalizzazione, sul mercato sembra pesare la revisione al ribasso delle stime a fine anno (da 0,52 a 0,39 euro per azione) e un’incertezza sulla capacità del management di gestire la situazione.