Proponiamo il presidenzialismo e vediamo chi ci sta
02 Maggio 2018
Nel romanzo giallo della politica italiana a risolvere il caso è stato Matteo Renzi: l’assassino è il No al referendum del 4 dicembre 2016. O forse bisognerebbe parlare di serial killer, tali e tante sono le catastrofi delle quali l’ex premier addossa la responsabilità alla bocciatura della sua riforma costituzionale. Ultima in ordine di tempo, la paralisi politica seguita alle elezioni del 4 marzo scorso.
Le cose non stanno così, e se vogliamo guardare avanti bisogna dirsi la verità.
Assiso nel salotto tv di Fabio Fazio, Renzi ha fornito una ulteriore prova di non aver compreso che il vero nodo attorno al quale ruota la possibilità per gli elettori di avere un vincitore certo – e per il Paese di avere governabilità – è la forma di governo. Insistere con la “legge dei sindaci” facendo finta (si spera!) di non sapere che nei Comuni si elegge una carica monocratica (il sindaco, più o meno l’equivalente del premier) e in un sistema parlamentare si elegge un’assemblea rappresentativa (più o meno l’equivalente di un consiglio comunale) significa non aver imparato dai propri errori. Insistere con la legge elettorale a doppio turno quale prodigio incompreso dagli elettori al referendum significa far finta di non sapere che la Corte Costituzionale ha stroncato il ballottaggio per motivi che con il referendum non hanno nulla a che fare ma hanno invece molto a che vedere con la forma di governo del nostro Paese. Continuare a invidiare Macron che con il 23 per cento si è trovato presidente della Repubblica francese significa non vedere la differenza essenziale che passa tra un sistema parlamentare e un sistema sempresidenziale. Pensare, infine, che limitandosi ad attribuire a una sola Camera la prerogativa della fiducia al governo il problema del ballottaggio sarebbe risolto, significa non aver colto il nodo essenziale.
E invece il nodo essenziale sta lì, intatto, e le elezioni del 4 marzo l’hanno evidenziato con rara efficacia.
Il fatto è che con un quadro politico sostanzialmente tripolare, e con i paletti posti dalla Consulta, nessuna legge elettorale potrà mai garantire una maggioranza parlamentare e un governo stabile. Anche rivedendo radicalmente il Rosatellum, nuove elezioni rischierebbero seriamente di riconsegnarci lo stallo attuale.
L’unica possibilità perché il nostro Paese si avvii ad essere una democrazia compiuta è mettere mano alla forma di governo, cosa di cui l’Italia ha disperatamente bisogno e che la riforma Renzi-Boschi non contemplava affatto. L’unica possibilità è l’elezione diretta del vertice dell’esecutivo da parte dei cittadini e l’allentamento del vincolo tra governo e maggioranza parlamentare. L’obiettivo può essere raggiunto per via americana (presidenzialismo) o per via francese (semipresidenzialismo), ma il realismo ci dice che è quest’ultima la strada percorribile.
Fra l’ennesima resa dei conti interna al suo partito e il consueto pressappochismo, Renzi ha lasciato uno spazio che il centrodestra dovrebbe occupare con una proposta propria e che sia inscritta nella sua storia. Sia dunque il centrodestra a lanciare la sfida all’intero Parlamento: diciotto mesi di tempo per cambiare la forma di governo e consentire ai cittadini italiani di eleggere direttamente il presidente della Repubblica e capo del potere esecutivo. E a quel punto vedremo chi ci sta.
(Tratto da Huffington Post)