Prostituzione, morale e politica. Per una critica del “buonismo nazionale”
28 Novembre 2011
Contrariamente a quel che pensavano i ‘profeti della crisi’ degli ultimi due secoli, l’avanzata della democrazia non ha comportato l’eclisse degli ‘ideali’ ma la loro moltiplicazione indefinita. Se prima la “fabbrica dei valori” era monopolizzata da poche agenzie (Chiesa, Stato, Università etc.), con l’avvento della società di massa – ma solo in contesti politici in cui il rispetto dei diritti civili era radicato nelle istituzioni come una palafitta d’acciaio inossidabile, s’è assistito a una sorta di “fai-da-te” nella produzione delle visioni del mondo e delle filosofie morali.
Ogni gruppo, ogni individuo, ogni categoria, ogni territorio, ogni fascia d’età, ogni appartenenza di genere è legittimata a manifestare, nel mercato delle idee, le sue ragioni, le sue esigenze, i suoi bisogni. “Disordine”, sì, ma perché “decadenza”? Certo ne deriva un’incertezza che, in determinati periodi, può diventare penosa: quando “i cittadini divengono più uguali e più simili, la tendenza di ognuno a credere ciecamente in un certo uomo o in una certa classe, diminuisce” e le persone non essendo più “inclini per natura a prendere come guida delle loro opinioni la ragione superiore di un uomo o di una classe” (Tocqueville), la libertà può risultare un fardello dell’’homo occidentalis’ penoso e pesante. In compenso, però, nulla impedisce di far sentire la propria voce, di risvegliare le coscienze, di ricercare altri che condividano gli stessi valori e gli stessi timori nel vederli indebolirsi. E sicuramente Internet, che tanti intellettuali militanti mettono sotto accusa, ha questo di bello: che, grazie alla rete, si possono testimoniare una presenza e un impegno a rendere il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato.
Un significativo esempio del “fai-da-te” è la posta elettronica che una simpatica signora Ilaria Volpi Kellermann – una persona ‘alla ricerca di Dio’ – fa pervenire a un numero molto grande (presumo) di indirizzi (tra i quali il mio). Le ‘prediche morali’ (absit iniuria verbis) della signora sono la dimostrazione di una ‘società civile’ viva e vegeta, tutt’altro che intorpidita dai mezzi di comunicazione televisivi, pubblici e privati. Va detto, però, che se smentiscono i laudatores temporis acti per i quali oggi "non si crede più a niente", mettono a nudo anche i ‘limiti’ del buonismo dilagante sia nel mondo cattolico, dove è sempre stato di casa, sia nella sinistra, dove ha sostituito quel robusto realismo che aveva portato a definire Marx il “Machiavelli del proletariato”. A dirla con brutale franchezza, se tutti pensassimo come don Milani e ci ispirassimo alla filosofia della scuola di Barbiana saremmo sicuramente tutti più ‘buoni’ ma non capiremmo molto della società complessa in cui viviamo e pertanto, privi adeguati strumenti conoscitivi, non potremmo dare alcun contributo per riformarla.
L’ultima ‘testimonianza’ della Volpi Kellermann, Il rinnovamento etico della società deve partire dalle donne (27 novembre) si presta assai bene come case study di uno stile di pensiero apprezzabile sul piano di quella che Max Weber chiamava ‘l’etica dell’intenzione’ ma alquanto discutibile sul piano dell’etica della responsabilità che impone di conoscere la “cattiva realtà” che si vuole cambiare. Per questo non mi sembra inutile commentare uno scritto che nessun maître-à-penser della cultura oggi egemone nel nostro paese prenderebbe in minima considerazione e che, invece, rispecchiando un sentire diffuso in molti ambienti ricolmi (detto senza ironia) di ‘uomini di buona volontà’, non dovrebbe venire snobbato da chi intenda ‘prendere sul serio’ la democrazia ovvero quel che pensa, teme e spera il nostro prossimo, l’uomo della strada.
E cominciamo dall’incipit della lettera della V. K. “Quando si parla del problema della prostituzione, molti rinnovano la scusa del ‘mestiere più antico del mondo’ ". Questa posizione mi provoca una irritazione interna di notevole portata. Infatti, secondo questa logica, molte persone potrebbero continuare ad abusare dei bambini, perché dalla notte dei tempi si è fatto. Oppure potrebbero continuare ad uccidere perché si è sempre fatto. O potrebbero continuare a minacciare, picchiare, umiliare e sottomettere le proprie mogli/compagne/fidanzate perché non solo si è sempre fatto ma in alcune culture è addirittura tuttora legittimato”.
L’A. ha ragione: dal fatto non deriva alcun diritto, dall’essere – come insegna David Hume, un filosofo che non pare nelle sue grazie – non può dedursi alcun dovere. E’ anche un fatto, però, che mentre l’abuso sui minori e le violenze contro “le proprie mogli/compagne/fidanzate” violano libertà e diritti di ‘terzi’ e, pertanto, diventano intollerabili nell’età dell’eguaglianza di tutti di fronte alla legge, “il mestiere più antico del mondo”, in una società che reprime la criminalità organizzata e quindi anche lo sfruttamento della prostituzione, riguarda solo chi lo pratica. L’A., del resto, non si nasconde certo il fenomeno frequente delle “donne schiavizzate e brutalizzate da uomini” e costrette a prostituirsi – per il quale invoca giustamente “l’aiuto delle forze dell’ordine e delle istituzioni per sradicare il problema” – ma si rivolge esclusivamente alle altre nello stigmatizzare “l’assoluta mancanza di etica da parte di giovani donne e ragazze che pensano che la bella vita che procurano i soldi facili venga al primo posto rispetto a tutto il resto”. "Non sto parlando di vittime, sto parlando di persone artefici, padrone e consapevoli della loro vita. Credo che siano queste persone che debbano modificare il proprio sistema di valori".
Alle donne libere e padrone del loro destino fa sentire il suo monito con l’accento profetico della lettrice di Simone Weil: "Io credo che il rinnovamento etico debba partire proprio dalle donne. Sono le donne, alle quali vengono fatte proposte indecenti, che devono dire no. Perché fino a che ci saranno femmine che ci stanno, ci saranno maschi poco evoluti che ci andranno con nonchalance. Fino a che ci saranno femmine che per denaro e volontariamente la danno, ci saranno sempre maschi che si sentiranno legittimati a trattare le donne come meri oggetti di piacere e non persone, in uno scambio reciproco e perverso di equilibri di potere e mai di amore vero. Io credo che il mestiere della prostituzione sia il più degradante che ci sia, sia la prostituzione fisica sia la prostituzione mentale. La scelta della prostituzione – pur fatta nella libertà – è sempre una scelta di schiavitù che degrada la condizione di tutte le donne del pianeta terra".
“Vaste programme!”, per citare la nota battuta di De Gaulle, quello della V.K., e sicuramente non meno ambizioso del programma volto a convincere gli uomini che, per dirla con l’immortale don Lisander, se pensassero più a far bene che a star bene finirebbero tutti con lo star meglio. E’ come sostenere che se, in nome della dignità umana, si potesse far ravvedere corruttori e concussori, le relazioni umane, e soprattutto quelle politiche, sarebbero assai più distese e civili. Con questo rilievo non intendo dissociarmi dall’auspicio dell’A. né, tanto meno, ironizzare sull’esortazione indirizzata alle donne di “seguir vertute e conoscenza”. “Siate più buoni” voi uomini, “siate più oneste” voi donne, eppoi tutti, uomini e donne, non sgomitate, cedete il posto sui mezzi pubblici agli anziani e ai portatori di handicap, soccorrete i bisognosi che bussano alle vostre porte, non barate al gioco, competete lealmente con i vostri avversari e siate pronti ad accettare la loro vittoria se ottenuta correttamente etc. Chi non sarebbe disposto a sottoscrivere queste massime e chi non sarebbe portato ad ammirare una bella ragazza disposta a rinunciare al posto al sole’ se deve conquistarselo a letto?
I problemi cominciano quando i sermoni diventano interpretazioni della storia universale, psicanalisi sociologica del presente, messa sotto accusa di istituti – come il mercato e le ‘garanzie della libertà’ – ai quali si deve la pensabilità stessa dei valori che stanno a cuore all’A. Quando si legge che “il concetto di libertà personale è diventata il culmine di un parossistico individualismo umano dall’illuminismo in poi, concetto sovra-usato e sovra-applicato che ha sostituito quelle che sono le vere priorità dell’essere umano, il quale non si può esimere in nessun caso dal rispetto di se stesso e degli altri, prima di questa sopravvalutata "libertà di sceltà", si rimane, a dir poco, perplessi. Chi deve stabilire, infatti, “ le vere priorità dell’essere umano” se non la singola persona, nell’autonomia del suo insindacabile giudizio, e col potere/diritto di disporre di sé? La V.K. – i cui abiti della mente rispecchiano quelli che si formano nelle nostre scuole e nella lettura dei nostri giornali – ha una strana idea di liberalismo se può scrivere che “secondo una logica di pura libertà uno può ammazzare e poi pagarne, semplicemente, le conseguenze. Io invece sostengo che non può in nessun caso ammazzare”. Se infatti, come scrive lei stessa,"la mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro" – che è poi la definizione dell’individualismo liberale classico–come potrebbe concedersi carta bianca a quanti si accingono a commettere un reato?
In realtà, dietro il discorso ‘buonista’ si cela spesso la regressione premoderna che conduce a identificare colpa (morale), reato(diritto) e peccato (religione) nonché il tentativo di superare la scissione ‘illuministica’ fra le tre fattispecie (metto l’aggettivo ‘illuministica’ tra virgolette, giacché, a ben riflettere, anche per i philosophes il buono e il giusto debbono convergere). Il discorso della V. K. ne è la dimostrazione più inequivocabile. Stando ai suoi esempi, infatti, dal momento che “il corpo è un dono che riceviamo dai nostri genitori e da Dio, se ci credi” e che la sua natura di dono non permette di disporne come si vuole, la prostituzione rischia di venir sussunta sotto la stessa categoria della violenza contro i minori e le donne e dell’omicidio.” Chi corrompe (e la prostituzione è una forma di corruzione) non effettua il male solo come atto in sé ma danneggia tutti i non corrotti, tutti coloro che credono fermamente nella meritocrazia e nel lavoro duro per ottenere risultati”.
In base a questo modo di ragionare, il cattivo esempio va decisamente rimosso giacché le mele marce sociali possono corrompere le altre sane: ma in che modo deve avvenire la ‘bonifica’morale? Se si prende alla lettera quanto si legge nell’articolo sulle illusioni di quanti credono che le nostre scelte siano personali–” una scelta non è mai personale perché non siamo soli. Una scelta nostra influenza sempre la vita delle altre persone”– e si ritiene che, oggettivamente e al di là di ogni ragionevole dubbio, la prostituzione rechi danno a tutte le donne “che prendono le botte perché schiave” o “non fanno carriera perché non la danno”, non si vede come possano bastare la reprimenda morale e il retorico invito a ricostruire ab imis i nostri valori morali e la nostra etica pubblica, a dissuadere una escort dai suoi particolari rapporti d’affari – sesso contro denaro. A lume di logica, se il danno c’è ed è grande come una montagna, indipendentemente dalle intenzioni dell’A., si può porvi rimedio solo assimilando la prostituzione a un vero e proprio reato, analogo alle altre forme di reato contro le persone previste e punite dal codice.
“Viviamo in una trama di relazioni, non siamo singole entità. La mia è sicuramente una tesi controcorrente perché nel frattempo i modelli televisivi proposti dai poteri forti, la relativa sottocultura che legittima le più svariate forme di prostituzione, una scuola allo sfascio nonché genitori menefreghisti o, peggio, complici di questo sistema, hanno permesso che venissero tirate su svariate donzelle (che potrebbero essere mie figlie) senza nessun senso etico, nessuna dignità e nessun rispetto di sé, donne o pseudo donne che hanno sostituito tutti gli obiettivi delle nostre mamme – che hanno lottato per la nostra libertà e per i nostri diritti – in diamanti e macerie”.
E’ la libertà bellezza! Vien voglia di dire alla gentile signora: se si rompono le file della tradizione o crollano le dighe dei regimi totalitari, sull’antica agorà si rovescia di tutto: Superquark e Pippo Franco, ‘Alle falde del Kilimangiaro’ e il ‘Grande Fratello’, la Finocchiaro e la Minetti. Come uscire dal disordine? Non si penserà certo a nuove leggi civili o penali, a nuovi istituti (come potrebbe essere una censura esercitata da un organo della magistratura creato ad hoc), a nuovi enti pubblici, a nuovi sindacati incaricati di tutelare gli interessi delle categorie protette dai nuovi diritti etc. L’aumento delle leggi sociali serve solo a spostare l’asse del potere ‘reale’ dal privilegio economico al privilegio politico: le disuguaglianze non scompaiono ma dal professionista dell’impresa si spostano sul professionista della politica, con le differenze positive e negative che ne derivano.
Per chi abbia colto davvero lo ‘spirito del moderno’, c’è qualcosa di peggio di certi programmi televisivi che trasudano volgarità e pornografia da ogni lato: ed è un risorto Minculpop che stabilisca quali programmi debbano essere visti, in quali ore, e da quale categoria di teleutenti. Piaccia o non piaccia, la grande conquista della ‘civiltà occidentale’ è la libertà di scegliere, di vivre sa vie e, persino, di perdersi senza dover rendere conto se non alla propria coscienza. Abbiamo ormai il ‘pregiudizio’ che a una buona azione imposta dall’esterno sia preferibile una cattiva azione che venga da noi, dal nostro discernimento e dal nostro egoismo – dove ‘buono’ e’cattivo’, ovviamente, si riferiscono unicamente all’agire etico giacché, nel campo giuridico, vale esattamente l’inverso: è preferibile il comportamento di chi si ferma al semaforo rosso solo perché ha visto sul marciapiede un vigile urbano al comportamento di chi non aspetta il verde e mette a repentaglio la vita altrui.
Per scadenti che siano certi prodotti e certi modelli culturali restano sempre preferibili a quelli imposti dall’alto, per il “nostro bene”. Né si dica che la nostra libertà di scelta è una pia illusione perché siamo soggetti alle influenze dei ‘poteri forti’giacché, nelle nostre società, i flussi di informazione e di trasmissione dei valori, grazie alla libertà che tanti intellettuali definiscono ‘vuota’, sono infiniti, variegati e spesso conflittuali. Le agenzie spirituali, in altre parole, hanno dovuto rinunciare al monopolio delle comunicazioni e noi, alla fine, siamo messi in grado di scegliere gli alimenti dell’anima (film, tv, partiti, giornali, religioni, scuole…) che ci sono più congeniali. Che le scelte siano quelle ‘giuste’ non è affatto scontato ma, ancora una volta, l’essenziale è avere la libertà di farle, il che significa la libertà di tornare sui nostri passi se non ne siamo soddisfatti.
Un’ultima considerazione. L’umanità è fatta male, è appunto un ‘legno storto’: una volta che si è assaporato il piacere del libero arbitrio, tutto ciò che viene ordinato dall’alto finisce per avere un odore nauseabondo. Un programma televisivo che mettesse alla gogna Ruby e Cicciolina per esaltare la brava ragazza – a ragione lodata da V.K. – che ha” detto no, anche se questo ha comportato per lei un danno economico” o per ricordare il sacrificio di Maria Goretti sull’altare della castità, finirebbe solo per ingenerare un fastidio profondo per la ‘virtù’ e un’attrazione irresistibile per la ‘trasgressione’. Col risultato di consentire a Satana di sollevare il vessillo della libertà.