Prove di inciucio politico tra Fini e D’Alema per far nascere un nuovo Cln

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Prove di inciucio politico tra Fini e D’Alema per far nascere un nuovo Cln

25 Ottobre 2010

Dunque la non strana coppia formata da Gianfranco Fini e Massimo D’Alema ha stretto sabato scorso l’ennesimo patto flessibile della politica italiana. È stato il suggello della tre giorni di asse bipartisan e confronto culturale fra le rispettive fondazioni (Fare Futuro e Italianieuropei) tenutasi ad Asolo. La coppia, ripetiamo, non è troppo strana: i due ex ministri degli esteri, in fondo, sono gli ultimi rampolli del fascismo e del comunismo, insomma del socialismo massimalista in salsa nazionalista o classista. Fini, il delfino imposto dall’alto per scelta insindacabile di Almirante come segretario del Msi, e D’Alema, benedetto laicamente  ancora imberbe dal compagno Togliatti, hanno scoperto di essere d’accordo in primo luogo sulla nascita di una commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale; un loro vecchio cavallo di battaglia, diremmo per fare un po’ d’ironia.  

Il sentire è stato comune anche su lodo Alfano (“no alla retroattività”) ed immigrazione. D’Alema ha lanciato l’amo del “legittimo e urgente” nuovo esecutivo, Fini ha commentato dicendo che “non sarebbe un colpo di Stato” e “se son rose, fioriranno”. Forse immaginando a chi sono indirizzate le spine, ovvero al governo in carica.

Si dà infatti il caso che sul piano strategico gli interessi dei due combacino; non è un mistero che D’Alema punti su di un’alleanza elettorale con il nuovo centro di Casini e Rutelli, al contrario del segretario del Pd Bersani che corteggia la sinistra radicale rianimatasi con Nichi Vendola, ed è ormai chiarissimo che Fini vorrebbe dirottare le sue truppe futuriste nell’araba fenice democristiana.

Da qualche tempo, però, l’odierno Presidente della Camera piace soprattutto a sinistra. È stato lui ad incarnare l’antiberlusconismo più efficace. Nel corso dell’agosto di passione che ci siamo lasciati alle spalle Gianpaolo Pansa si spinse sulle pagine di Libero fino ad una  profezia tra il serio e il faceto: un ticket “fasciomunista” Fini – Vendola cementato dall’ostilità nei confronti del Popolo della Libertà.
Anche la più colta ed attenta fra le voci eretiche del postmarxismo italico, quella di Massimo Cacciari, ha avuto parole di elogio per gli strappi finiani. Puntualissimo il magazine di Fare Futuro ha ricordato che il feeling fra il filosofo veneto e la destra missina più intelligente è in corso da circa trent’anni; peccato non aver ricordato che il confronto di Cacciari fu con l’ala rautiana di Marco Tarchi appena epurata dal Msi anche con il concorso di Fini ancora in camicia nera.

Ma il leader di Futuro e Libertà piace soprattutto alla sinistra manettara di Travaglio, almeno da quando ha deciso di giocare la carta della legalità dopo tre lustri di perfetto accordo con Berlusconi sulla questione giustizia. Vero che il suo appeal è stato un po’ offuscato dal voto contrario all’autorizzazione a procedere nei confronti di Lunardi, ma sta recuperando in fretta.

Un inaspettato aiuto arriva da un volume appena uscito, La sfida impossibile, con lo storico marchio Editori Riuniti. Quando era ancora in piedi il Muro di Berlino, la casa editrice era di proprietà del Partito Comunista Italiano e sfornava i classici del marxismo. Ora, dopo aver cambiato più volte proprietà, si è specializzata nel settore “via giudiziaria al socialismo”. Lo si evince da alcuni titoli in catalogo: Giustizia e potere, manuale di guerriglia in toga vergato da Luigi De Magistris, Tutta la verità sulla P3, la biografia (ovviamente “non autorizzata”) di Gianni Letta ed il classico L’odore dei soldi di Veltri e Travaglio.

A questa parata si è aggiunta la prima opera da sinistra discretamente pro Fini. La pacca sulla spalla d’incoraggiamento (“Su, ce la puoi fare a liberarti del Caimano!”) è firmata da Nina Stefenelli, già autrice di un volume che raccoglie “interviste sulla cultura italiana” intitolato significativamente Capalbio, e da Giulio Girotti. E con quest’ultimo l’operazione si tinge un po’ di giallo; la stringatissima nota biografica ci informa che si tratta di uno pseudonimo: chi si celerà dietro il signor doppia G?

Tanto per cominciare il libretto racchiude il discorso di Mirabello del 5 settembre scorso, quando – parola di Fini – la località emiliana divenne almeno per un giorno “capitale della politica italiana”; finalmente lo storico comizio trova dignità di stampa in qualcosa di meno volatile dei quotidiani. 

Inoltre Stefenelli ed il misterioso Girotti raccontano un po’ alla buona la vita politica e personale dell’ex leader di Allenaza nazionale, con qualche omissione. Risulterà interessante per i lettori sapere che il padre di Fini si occupava di idrocarburi, ma almeno qualche cenno su come Almirante inaugurò la carriera al suo delfino nel 1977 sarebbe stato utile per capire i suoi anni di apprendistato democratico: fu messo al vertice del Fronte della Gioventù in barba alla base missina che aveva dato più voti a Tarchi e ad altri quattro canditati. Si glissa anche sul passato xenofobo a braccetto con Le Pen e sulle giravolte ideologiche riguardo pena di morte (quando era un orgoglioso “fascista del Duemila”, Fini la proponeva anche per gli spacciatori di droga), bioetica (da paladino dell’embrione ad icona laicista) e diritti degli omosessuali (qualche anno fa dichiarò al Costanzo Show che non sarebbe consigliabile metterli dietro una cattedra scolastica, ora riceve attestati di stima da Paola Concia e Vladimir Luxuria).

Per non parlare di come si è evoluto il suo atteggiamento nei confronti dell’alleato Berlusconi. Dopo la vittoria del Polo nel 1994 scriveva il perfido Pansa che Fini era più berlusconiano di Emilio Fede e che la sua figura algida si scioglieva “come una lasagna al sole” solo al cospetto del Cavaliere.    

Ma da allora è corsa molta acqua sotto i ponti, Fini si è evoluto fino a “risultare digeribile”, così c’è scritto sulle pagine de La sfida impossibile. La sua “ribellione personale, certamente accresciuta da nuove realtà sentimentali e psicologiche” e sostenuta dal “senso di essere giovane, vitale, deciso” è oltremodo utile. Non importa chiedersi troppo i come ed i perché di questa evoluzione; “la sua storia politica è la più straordinaria tra quelle dei politici italiani”, ha comunque “completato il percorso di leader democratico” e “raccoglie a sinistra e nei giornali quello che ha saputo seminare”.

Giacché “un’orda di faccendieri minaccia la democrazia e prefigura la mappa di un potere parallelo”, ben venga Fini nel nuovo Cln.

Se son rose, prima o poi fioriranno.