Pubblico impiego: il grande inganno

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Pubblico impiego: il grande inganno

Pubblico impiego: il grande inganno

03 Aprile 2007

Il Ministro Nicolais ha nei giorni scorsi rassicurato i sindacati del pubblico impiego, garantendo che il Governo ha già previsto le ulteriori risorse (per 1,7 miliardi di euro) destinate al rinnovo dei contratti dei pubblici dipendenti per il biennio 2006-2007. In particolare, in tal modo la quota degli aumenti retributivi prevista dall’ultima finanziaria a decorrere dal 2008 sarebbe riconosciuta già nel 2007. In realtà, la cifra necessaria è pari a circa 2 miliardi, se riferita ai soli statali, e diventa quasi doppia se (correttamente) rapportata a tutti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni. E così, è bastata un semplice dichiarazione dell’ineffabile Ministro dell’innovazione delle pubbliche amministrazioni (come ha pomposamente denominato il vecchio dipartimento della funzione pubblica) per volatilizzare circa metà del “tesoretto” fiscale sul quale da settimane si azzuffano i leader della maggioranza di governo.

Per capire meglio la vicenda è necessario fare un passo indietro. Predisponendo la manovra finanziaria per il 2007 il Governo era stato sin dall’inizio molto generoso con il sindacato del pubblico impiego (vero azionista di maggioranza dell’Esecutivo). Il disegno di legge presentato dal Governo prevedeva aumenti medi del 4,6% per il biennio 2006 – 2007. Aumenti molto generosi se rapportati all’inflazione programmata che, secondo gli accordi del luglio 1993 benedetti dal Presidente Ciampi dovrebbe rappresentare la pietra angolare della politica dei redditi. In sede di contrattazione nazionale (pubblica come privata) gli aumenti per il biennio 2006 – 2007 non dovrebbero essere comunque superiori al 3,7% (inflazione programmata). Né i sindacati possono reclamare scostamenti fra inflazione programmata e inflazione effettiva nei periodi precedenti: nel periodo 2000 – 2005 le retribuzioni di fatto dei pubblici dipendenti sono cresciute all’incirca del 24% mentre l’inflazione effettiva è stata pari al 12,6%. Per avere un’idea dell’andamento fuori controllo delle retribuzioni dei pubblici dipendenti basti pensare che le retribuzioni di fatto del settore industriale sono cresciute, nel medesimo periodo, del 15,1%. Ed il dato è notevolmente peggiore se riferito anche al 2006, anno nel quale si sono scaricati gli effetti dell’ultimo rinnovo contrattuale che ha previsto aumenti pari al 5,01%.

La linea politica del Governo, oltre che troppo generosa sul piano delle cifre, è stata anche particolarmente improvvisata sul piano della strategia negoziale. In primo luogo, nella proposta del Governo mancava ogni riferimento ad una contropartita in termini di efficienza, mobilità meritocrazia. Inoltre, il Governo ha messo sin da subito tanti soldi sul tavolo, senza avere preventivamente raggiunto un’intesa con il sindacato. Non occorre essere un esperto di tattiche di negoziazione per capire come in tal modo non poteva che determinarsi un meccanismo di rincorsa rivendicativa. Un sindacato che si accontenta della proposta del datore di lavoro di per sé non è un buon sindacato: il sindacato deve necessariamente rilanciare.

Ed infatti il sindacato a metà novembre ha inscenato una %28improbabile) contestazione, rivendicando che gli aumenti previsti dalla finanziaria decorressero integralmente dal 1° gennaio 2006 e non come previsto nel testo del Governo secondo un diverso scadenzario (0,4% a decorrere dal 2006, 1,63% a decorrere dal 2007 e 2,43% a decorrere dal 2008). In ballo c’erano un bel po’ di soldi pubblici (in complesso fino a 11 miliardi di euro) e così il Ministro dell’economia è (apparentemente) riuscito a resistere. L’emendamento alla finanziaria cosiddetto salva contratti, che traduceva in legge l’accordo, si limitava a chiarire che tutte le risorse stanziate dalla finanziaria erano riferibili al biennio 2006 – 2007 (anche la quota la cui decorrenza era fissata al 1° gennaio 2008). In sostanza il sindacato otteneva che venisse inequivocabilmente chiarito che non vi era lo slittamento di un anno del biennio contrattuale, ed il Governo difendeva gli equilibri della manovra, dichiarando solennemente che l’accordo raggiunto non comportava alcun onere per la finanza pubblica (si veda la relazione tecnica trasmessa dal Governo alla Commissione bilancio della Camera).

Ma evidentemente c’era il trucco. In realtà, che non vi fosse uno slittamento di un anno dei contratti era abbastanza chiaro sin dall’inizio. Evidentemente l’accordo raggiunto era volutamente ambiguo e si limitava a rimandare a tempi migliori la questione. Non è del resto un caso che il Governo si sia ben guardato in questi tre mesi di adottare gli atti di indirizzo per avviare le trattative per il rinnovo dei contratti. Se lo avesse fatto avrebbe dovuto farlo sulla base delle risorse stanziate, e questo avrebbe bloccato un’ulteriore aggiunta di risorse. Complice la scoperta del “tesoretto” del Ministro Padoa Schioppa, la questione e puntualmente ritornata ed il sindacato si appresta ad ottenere un nuovo brillante successo. La semplice minaccia di uno sciopero generale (dall’esito assai incerto) a ridosso delle elezioni amministrative ha già raggiunto lo scopo. Anzi, c’è da attendersi che il sindacato non si accontenti dei soldi offerti dal Ministro Nicolais, ma pretenda qualcosa in più. Con buona pace del “risarcimento sociale” di Giordano (a meno di non ritenere che i soggetti da risarcire siano i tre milioni e mezzo di impiegati pubblici, molto protetti e poco usurati), della competitività delle imprese chiesta gran voce da Confindustria (a meno di non ritenere che il rilancio del sistema produttivo passi dall’aumento degli stipendi dei travet), della politica a sostegno della famiglia invocata dai teo – dem (a meno di non riferirisi alle sole famiglie degli statali) e del supporto alle grandi riforme economiche di Bersani (a meno di non qualificare come grande riforma di liberalizzazione, l’ennesimo aumento salariale del pubblico impiego senza alcuna contropartita seria in termini di efficienza).

 

L’andamento delle retribuzioni di fatto nelle pubbliche amministrazioni e nell’industria e dell’inflazione

Fonte Rapporto ARAN agosto 2006

 

01/00

02/01

03/02

04/03

05/04

04/00

05/00

Contabilità nazionale

Amm. pubbliche, totale (1)

5,2

3,7

4,1

4,3

4,4

18,4

23,7

di cui: Amm. centrali

4,1

3,9

5,7

2,6

7,0

17,3

25,4

Amm. locali

6,7

3,3

1,9

6,6

1,8

19,8

21,9

di cui: Enti locali

11,3

6,4%3C/font>

3,8

5,2

-1,9

29,3

26,8

Enti sanitari

4,4

2,5

0,4

9,0

4,1

16,9

21,7

Industria in s.s. (2)

3,1

2,7

2,6

3,5

2,5

12,2

15,1

Campione Aran (3)

%0D

Amm. locali

8,6

3,8

2,8

6,1

1,6

22,9

24,9

di cui: Enti locali

8,4

2,3

2,3

7,9

1,6

22,5

24,4

Enti sanitari

9,1

5,1

3,1

4,8

1,2

23,9

25,4

Tassi di inflazione

Programmato (4)

1,7

1,7

1,4

1,7

1,6

6,7

8,4

Effettivo (5)

2,7

2,5

2,7

2,2

1,9

10,5

12,6

Variazioni percentuali medie annue e cumulate

(1) Istat, Contabilità Nazionale, Conto consolidato delle Amministrazioni pubbliche. Per il 2005 il dato è stimato con la dinamica della massa dei redditi.
(2) Istat, Contabilità Nazionale, Conti funzionali. L’industria in senso stretto esclude il comparto delle
Costruzioni.

(3) Rilevazione campionaria basata sul modulario del Conto Annuale (esclude i dirigenti).
(4) Tassi indicati nei vari DPEF.
(5) Indice dei prezzi al consumo NIC.

[vedi il documento originale]