Puntiamo su giovani e istruzione senza paura di premiare il merito
11 Dicembre 2013
Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, abbiamo ascoltato con attenzione il discorso sul quale lei oggi ci chiede la fiducia ed abbiamo apprezzato le priorità oggetto del patto di Governo che lei ha chiamato «Impegno 2014» e che, per la gran parte, sono frutto, come lei stesso ha dichiarato, di una base di consenso comune. Abbiamo apprezzato anche il metodo che lei propone, e cioè quello di approfondire i temi in maggioranza, non per rimettere in discussione le priorità, ma per declinare insieme il contenuto delle azioni concrete.
Prioritarie senza dubbio sono le riforme istituzionali, perché senza istituzioni forti e credibili il Paese non può essere guidato. Prioritaria è parimenti la legge elettorale, sulla quale però bisogna intendersi bene sul metodo e sul contenuto piuttosto che su quale Camera se ne debba occupare. Perché se saranno chiari e condivisi i suoi contenuti, non sembrerà una forzatura la scelta di una Camera piuttosto che dell’altra.
Ma le energie principali di questo Governo dovranno essere dedicate a dare risposte al disagio sociale, che ormai rischia di diventare oggetto di derive estremistiche pericolose che, lungi dal tentare di dare risposte alle legittime richieste di aiuto, hanno il solo scopo dì far saltare il banco, omettendo però di spiegare che alternative credibili e praticabili a questo Governo in questo momento non esistono.
Proprio per non far cadere inascoltate queste richieste, mi voglio concentrare in particolare sulla parte del discorso che lei ha dedicato ai nostri talenti. Un grande peccato che non dobbiamo assolutamente commettere è quello di non valorizzare i talenti che ci sono stati affidati o, ancora peggio, di disperderli. Ed i talenti più importanti sui quali dobbiamo investire sono i nostri giovani, perché valorizzare il capitale umano significa che, al bivio tra ripresa e declino, per il nostro Paese scegliamo la strada della ripresa e dello sviluppo.
Sul capitale umano abbiamo però due problemi: uno quantitativo e uno qualitativo. In Italia nascono meno talenti che altrove e l’Italia è il secondo Paese più vecchio d’Europa. Pertanto dovremmo costruire politiche di welfare che incentivino la natalità, che mettano al centro il valore della vita e l’importanza della famiglia, che sostengano la famiglia come luogo privilegiato per l’educazione dei figli. Dal punto di vista qualitativo, invece, dobbiamo interrogarci su quale educazione dare ai nostri giovani.
Protagonista dovrà tornare ad essere il nostro sistema dell’istruzione, un sistema che nel dopoguerra, negli anni Sessanta, ci ha consentito di formare una classe dirigente imprenditoriale che ha fatto il boom economico di questo Paese, sistema che adesso è in crisi e non riesce a dare risposte efficaci.
Il nostro sistema di istruzione, pertanto, deve tornare ad essere centrale nei nostro dibattito. Deve diventare innanzitutto un sistema che differenzia i percorsi, che punta sull’istruzione tecnica oltre che su quella liceale e sulla formazione professionale. Un sistema che orienta i giovani su questi differenti percorsi, a seconda delle loro possibilità e che, dopo averli orientati, rivalutando anche il lavoro manuale (del quale c’è tanto bisogno), non abbia paura di premiare il merito.
Se quindi avremo il coraggio di puntare sui giovani e li metteremo nelle condizioni di poter dispiegare le loro energie, noi porremo le basi per uscire da questa crisi e il nostro Paese sarà pronto a ripartire grazie alla voglia di intraprendere, di migliorarsi, di partecipare al bene comune, che tanti hanno dimostrato di avere in passato e dimostreranno di avere ancora oggi per il futuro.
(*Resoconto stenografico dell’intervento del Vicecapogruppo di Nuovo Centrodestra al Senato durante il voto di fiducia al Governo Letta).