
Putin che parla ai russi è un film già visto di serie B

21 Febbraio 2023
La storia per il dittatore russo Putin è ferma, immobile. Un grande stagno. Niente in movimento. Una rappresentazione che forse rende in maniera esplicita quello che la grande nazione russa rappresenta oggi. La guerra contro la nazione Ucraina. Martedì, il discorso a Mosca del presidente nella grande sala. Immensa, che dà spazio al Cremlino, alla rappresentazione del potere russo, come una conferma del regime che vige a Mosca.
Non si tratta di analizzare le non verità affermate da Putin. E’ evidente, la storia insegna, i dittatori si alimentano, sono costretti ad alimentarsi di falsità, deformazioni dei fatti per giustificare le proprie decisioni. Come quelle, purtroppo, che hanno portato a invadere la nazione Ucraina. Una guerra iniziata ormai da un anno. Ma il discorso del capo supremo di Mosca va comunque analizzato.
Uno spaccato delle aberrazioni della storia. Una deformazione o per meglio dire un attacco, un pericolo per le democrazie occidentali. Per capire quello che sta succedendo e quello che ci aspetta nei prossimi. Mesi nel breve e nel lungo periodo. Il dittatore russo è fermo nella sua narrazione. Fermo al momento dell’invasione dei territori ucraini, a quel 24 febbraio dell’anno scorso. Fermo prima alla bugia della non invasione e poi all’avanzata dei 200 mila soldati russi verso Kiev.
L’inizio del più grave conflitto che si ricordi in Europa dalla Seconda Guerra mondiale. Fermo alla narrativa da parte dei vari leader comunisti di Mosca. O per meglio dire alla narrazione della grande madre russa zarista nei confronti dei paesi, purtroppo, per loro vicini, confinanti. Nel suo primo discorso alle camere riunite a un anno dalla invasione, il presidente Putin continua sui temi della retorica antioccidentale. Minacce. Come sospendere il trattato Start sulle armi nucleari.
Le accuse. Ci siamo dovuti difendere. La Nato non voleva la pace. Peccato che pochi paesi gli credano. Vedi all’opposto Finlandia e Svezia da sempre paesi neutrali che hanno chiesto l’adesione all’Alleanza atlantica. Dall’altra parte ci sono un anno di massacri, disastri militari che non hanno insegnato nulla alla solita nomenclatura russa. Né come vincere in Ucraina, né come uscirne. La solita retorica antioccidentale.
Sembra di ascoltare un vecchio talk in replica su una televisione di serie b in un paese occidentale in perenne crisi di ascolti. Tutto sarebbe estremamente triste se non si trattasse di un grande paese come la Russia. Ma c’è di più. Non si tratta soltanto di non aver imparato nulla rispetto a quello che il disastro dell’invasione ha provocato. Si tratta di essere tornati indietro nella storia a un passato lontano. La grande madre russa ai tempi degli zar. Una specie di miscuglio tra impero zarista pre industriale e pre illuminista, e un comunismo morto e defunto e infine a una dittatura personale.
È un classico nella storia. Per i dittatori è difficile capire la realtà. I loro consiglieri sono quasi sempre dei semplici esecutori. Mai contraddire il proprio capo. L’Ucraina un anno fa era preparata e motivata contro l’invasione. Se lo aspettava. La sottovalutazione russa è stata incredibile. Una avanzata iniziale e poi le truppe russe, è bene ricordarlo, l’esercito considerato come il secondo più forte del mondo, che si deve fermare. Il Donbass conquistato quasi per intero.
La Crimea era già sotto il controllo di Mosca dal 2014. Città di confine distrutte. Migliaia di morti ma le truppe di Mosca si sono dovute fermare. Con migliaia di soldati uccisi. Tutto questo non ha insegnato niente al presidente russo. Lo si vede chiaramente nel suo discorso alla nazione. Nessuna strategia. Nessun tentativo di analisi per capire perché l’Occidente, le democrazie occidentali, gli Stati Uniti e i loro alleati in Europa, si siani compattati a livello economico, vedi le sanzioni, e a livello militare, con gli aiuti sempre più consistenti.
Ormai molti commentatori sono concordi nell’affermare che Putin ha avuto buon gioco in diverse precedenti invasioni. Ossezia, Cecenia, Crimea e Siria. Mentre i leader europei, è bene ricordarlo, facevano la fila per avere contratti economici rispetto alle materie prime russe come petrolio e gas. Dimenticando una grande massima della storia. I dittatori vanno fermati subito. All’inizio. Ma si sa, gli affari sono affari anche a livello personale.
I valori e la democrazia, il rispetto delle persone possono aspettare. Ed eccoci ad oggi. Martedì 21 febbraio. La grande sala del Cremlino ospita il discorso di Putin. Una scenografia imponente. Un messaggio più al popolo russo che nei confronti delle democrazie occidentali. Ognuno mette in mostra quello che ha, che rappresenta. Ieri il presidente americano Biden a sorpresa, tra imponenti misure di sicurezza, è atterrato a Kiev. In maniera inaspettata.
La rappresentazione visiva dell’appoggio americano all’Ucraina. “Non vi lasceremo soli”. Quasi a cancellare la ritirata Usa a Kabul in Afghanistan. L’incontro con il presidente Zelensky con la solita divisa militare. Un popolo dietro il suo leader. Una iniezione di fiducia. Continuare a resistere contro Putin. Ancora una volta il grande stato americano, con tutte le sue contraddizioni a far da traino alla vecchia Europa. Con le incertezze europee. I suoi ma, i suoi distinguo. Gran Bretagna a parte.
Anche se è chiaro, l’Ucraina sta combattendo in nome dei valori di democrazia e libertà che sono alla base dei valori europei. I paesi orientali dell’Europa che hanno vissuto per decenni sotto il giogo della dittatura comunista russa lo sanno bene, gli altri riflettono pensano, si accodano, di volta in volta. Poi ci sono le immagini. Le frasi, le parole, le analisi, i commenti lasciano il posto alle informazioni che riguardano i volti e i gesti dei leader che fanno la storia. Che decidono le sorti dei loro popoli e dei loro valori. Una fredda grande sala nell’immenso spazio della roccaforte blindata del Cremlino. Un dittatore.
E, dall’altra parte, distante anni luce, le immagini di una passeggiata sotto il tiepido sole della storia nelle piazze di Kiev. Il presidente americano con i suoi anni, Biden accanto al presidente ucraino Zeleski. Il miracolo della storia, la sua narrazione. Non uno stagno fermo, immobile ma un fiume in piena. Non è retorica. E’ vita vissuta nella lotta di un popolo. L’Ucraina viene da lontano. La sua storia può essere considerata come vissuta alle porte d’Europa attraverso secoli.
L’Ucraina ha fatto la sua scelta. Che deve essere rispettata. Sta lottando per questo. Sta pagando un grande prezzo in termini di vite umane e sofferenze. Poi i due presidenti si fermano, si sono incontrati, hanno parlato. Su come resistere all’invasione. Ancora dopo un anno. Aiuti militari, sostegno economico, rispetto di valori comuni. Il tutto prima di un abbraccio tra il vecchio Biden e Zelensky. Un semplice abbraccio che fa il giro del mondo, per dire che la storia va avanti.