Quagliariello ottimista: “Bossi non darà la sberla al governo”

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Quagliariello ottimista: “Bossi non darà la sberla al governo”

Quagliariello ottimista: “Bossi non darà la sberla al governo”

21 Giugno 2011

Parafrasando il lessico meteorologico si potrebbe dire che le condizioni (politiche) sono molto variabili a causa di una corrente fredda che arriva dal Nord. Da Pontida. La maggioranza di Governo fa i conti con gli equilibri interni (in vista della verifica di martedì e mercoledì), le necessità economiche (riforma fiscale e manovra) sulle quali pesa il veto del ministro Tremonti, i diktat della Lega e le fibrillazioni dei Responsabili. Ma gli occhi sono tutti su Pontida, il raduno annuale leghista, che quest’anno si carica di significato per le “sberle” elettorali subite dalla maggioranza. In uno scenario politico cangiante, le aspettative sono tutte concentrate lì, nel “pratone” della kermesse padana che a uno degli uomini più ascoltati dal premier, il vicepresidente dei senatori del Pdl, Gaetano Quagliariello, non preoccupa.

Cosa si aspetta dal raduno leghista di Pontida?

“Che sia un passo avanti nell’individuazione di una proposta di governo condivisa da presentare al Parlamento e soprattutto al Paese”.

E se invece da parte del Carroccio ci fosse un ultimatum?

“È una ipotesi a cui non credo. E comunque nessuno all’interno dell’attuale maggioranza (la Lega) deve porre diktat e nessuno (il Pdl) ne deve ricevere”.

Il partito di Bossi chiede: via dalla Libia, ministeri al Nord, modifica del patto di stabilità per i Comuni e riforma fiscale. C’è qualcosa su cui il Pdl è disposto a cedere?

“Non si tratta di cedere, sia la Lega che noi siamo forze di governo: si tratta di andare oltre gli slogan e capire cosa vuol dire ognuna di queste proposte. Il problema non è inventarsi una formula ma fare in modo che questo governo possa ancora essere utile al Paese”.

Quanto hanno pesato voto amministrativo e referendum negli equilibri della maggioranza?

“Il voto amministrativo è stato una decisa sconfitta, nostra e della Lega. Sul referendum è ridicolo che dei partiti si impossessino della vittoria così come è sbagliato intestare una sconfitta a delle forze politiche. Il segnale venuto fuori dalle urne deve essere letto politicamente ma non in termini di mera vittoria o sconfitta”.

Martedì la verifica. Ha detto che la Lega non vi preoccupa, invece i Responsabili?

“Non ho grandi preoccupazioni sul voto nel Palazzo. Credo sia importante non commettere l’errore di confondere ciò che accade nel Palazzo con ciò che accade nel Paese. E noi dobbiamo essere compresi dal Paese”.

Il Consiglio nazionale del Pdl è alle porte. Come arriverete all’appuntamento del primo luglio? A parole tutti salutano positivamente la nomina di Alfano ma per cambiare lo Statuto e ratificare la nomina servono i due terzi dell’Assemblea.

“Alfano, se la avrà, godrà di una legittimazione fortissima perché la platea è composta di oltre 1000 persone. Bisogna superare qualsiasi tentativo di creare minoranze di blocco”.

Quindi?

“Quindi credo sia arrivata l’ora di sancire il passaggio da un berlusconismo di gestione a un berlusconismo politico”.

Ma c’è una supercorrente Formigoni-Frattini-Scajola che suggerisce un direttorio. Non lo legge come un modo vecchio di fare politica o come il tentativo di blindare Alfano?

“Penso che Alfano debba essere il riferimento di una classe politica ampia e che debba tenere in piedi quanto di buono in questi anni è stato selezionato in termini di classe politica. Il segreto è farlo sfuggendo al meccanismo delle quote di influenza o delle correnti”.

Per ottenere quale risultato?

“Il partito mantiene la sua caratteristica carismatica e presidenziale e allo stesso tempo si politicizza”.

Che cosa si aspetta da Tremonti?

“Questo è un momento in cui tutti i paradigmi politici sono messi in discussione. Siamo a una svolta epocale e non c’è dubbio che oggi, con il mondo occidentale scosso nelle sue basi (culturali ed economiche) tutti si trovano davanti al problema di riempire di contenuti una formula: stabilità e crescita. La stabilità è un valore che dobbiamo rivendicare. E questo significa che la crescita in deficit non è più possibile perché significherebbe scaricare i costi sulle prossime generazioni. Il problema è quello di individuare la crescita possibile mantenendo la stabilità”.

E chi riuscirà a farlo?

“Vincerà la prossima partita politica”.

Cosa pensa di una nuova alleanza con Casini come ipotesi strategica per le prossime elezioni?

“Rimane all’orizzonte. Il problema è come realizzarla senza che nessuno debba compiere delle abiure. Sul terreno delle idee è abbastanza facile perché facciamo parte della famiglia del popolarismo europeo. Più difficile è sul piano dei comportamenti politici”.

Cosa pensa sia accaduto a Cagliari?

“Quello che è successo nel resto d’Italia: si è sottovalutata la forza di una candidatura “estremista” e, sbagliando, si è ritenuto da subito di avere la vittoria in tasca. La sconfitta insegna che il metodo di selezione delle primarie è un vantaggio che noi non possiamo più offrire alla sinistra perché questo metodo fa partire i nostri avversari due mesi prima e spesso porta alla selezione di buoni candidati. È l’occhio dell’elettorato e non della classe politica. Delogu questa intuizione l’aveva avuta”.

Dopo le dimissioni del coordinatore come deve lavorare il Pdl sardo per ricucire gli strappi e trovare una leadership condivisa?

“Indipendentemente dal nome del candidato selezionato a Cagliari, bisogna solo ringraziarlo per la battaglia che ha condotto e per la sua generosità. Se si fosse seguito il metodo delle primarie il risultato starebbe stato diverso. Quello che sta accadendo in Sardegna deve essere uno sprone a tutto il partito per andare oltre la fase della cooptazione, che era necessaria, ma che ora – se il Pdl davvero ambisce a diventare adulto – deve essere superata”.

(tratto da L’Unione Sarda)