
Quagliariello, “Siamo al bivio: di Berlusconi ce n’è uno solo”

06 Novembre 2013
Caro Direttore,
l’analisi di Giovanni Orsina coglie alcuni nodi reali del confronto interno al nostro partito. Se però i quesiti che egli pone appaiono ineludibili, qualche appunto è d’obbligo rispetto alla sua ricostruzione. Primo fra tutti, la sottovalutazione del peso che l’uso politico della giustizia ha avuto sulle vicende del nostro Paese negli ultimi vent’anni. L’uso politico della giustizia in Italia non è iniziato alle 19:48 del primo agosto scorso e il nostro impegno su questo fronte non conosce rassegnazione. Ma poiché non mi sottraggo, vengo agli interrogativi che Orsina ci rivolge.
Numero uno: lo scenario internazionale. Di quanto gli equilibri geopolitici del mondo fossero cambiati, ce ne siamo accorti noi prima di altri. In particolare dal 2001, il centrodestra ha compreso come il nostro Paese si muovesse in una cornice molto più articolata di quella che la suddivisione bipolare aveva disegnato nel secolo scorso. Per questo, da forza di governo, ha perseguito l’interesse nazionale coniugando la vocazione atlantica con il nostro ruolo di cerniera con l’Oriente e col Mediterraneo e di potenza regionale in uno degli scacchieri più complessi del pianeta.
Numero due: la rivoluzione liberale. La prima grande rivoluzione liberale intrapresa da Silvio Berlusconi è aver introdotto in Italia il bipolarismo e l’alternanza: aver sottratto lo scettro ai partiti e averlo consegnato agli elettori. Oggi il centrodestra è a un bivio. Può vivere da protagonista una stagione di riforme puntando a istituzionalizzare la rivoluzione del ’94. Oppure può far naufragare questo percorso, iscrivendosi allo schieramento dei conservatori del vecchio e finendo col favorire quelle ipotesi neocentriste che Orsina paventa e dalle quali gli “innovatori” decisamente rifuggono.
Numero tre: l’economia. Al di là della guerra dei numeri che stiamo scoprendo essere sempre più un’opinione (non si comprende infatti come si possa definire “tassa e spendi” una legge di stabilità certamente da migliorare ma fondata su una radicale inversione di tendenza sul fronte delle entrate), la scommessa risiede nella capacità di spezzare la spirale recessiva fatta di spesa, debito, interessi e tasse, approdando a quella riduzione della pressione fiscale che sola può rilanciare l’economia. In questo senso, la vera sfida che segnerà la sorte del governo saranno i tagli di spesa che dal 2014 dovranno consolidare l’inversione di tendenza.
Numero quattro: l’Europa. L’integrazione europea è un processo irreversibile. Al percorso non ci si può sottrarre, ma dobbiamo parteciparvi da protagonisti. Il che significa farci propulsori di una polarità mediterranea che rischia altrimenti di essere soffocata; e operare fattivamente per la ricostruzione delle grandi famiglie politiche europee, in particolare per un popolarismo più inclusivo e solidale.
Numero cinque: il nostro partito. L’idea di movimento politico che abbiamo in mente si rifà a quel passaggio dalla democrazia dei partiti alla democrazia degli elettori compiutosi nel 1994 grazie a Silvio Berlusconi. E’ nel solco di quella svolta epocale, che poi è il fondamento della nostra storia, che noi vogliamo proiettarci. E se parliamo di primarie più che di congressi, di elettori più che di quadri di partito, è proprio per restare fedeli all’idea di un centrodestra maggioritario e vincente. Di Silvio Berlusconi ce n’è uno solo e non vi è sentenza che possa imbrigliare il suo carisma. Proprio per questo, il modo migliore per stringersi attorno a lui è declinare la sfida del ’94 con gli strumenti che la realtà di oggi, ingiusta ma ineludibile, ci mette a disposizione.
(Tratto da La Stampa)