Quando citare San Paolo su un post può costare il licenziamento

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Quando citare San Paolo su un post può costare il licenziamento

20 Maggio 2019

E’ notizia di pochi giorni fa il licenziamento del forte estremo della Nazionale Australiana di Rugby Israel Folau da parte della Federazione, dopo un post del giocatore su Instagram. Come riportato sul blog di Aldo Maria Valli, il contenuto incriminato riprende un passo della prima lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi, e nello specifico recita: “Avviso: ubriaconi, omosessuali, adulteri, mentitori, fornicatori, ladri, atei, idolatri… l’inferno vi aspetta: pentitevi! Solo Gesù può salvare”.

La Australian Rugby Union si è affrettata immediatamente a prendere le distanze dalle dichiarazioni del proprio tesserato, e subito si è fatta strada l’ipotesi dell’interruzione del rapporto in essere tra le parti, cosa che effettivamente si è concretizzata nelle ultime ore. La decisione è stata presa da un tribunale indipendente composto da tre persone. Le motivazioni del licenziamento risiedono nel fatto che Folau con le sue dichiarazioni ha violato il codice di comportamento che tutti i professionisti dell’alto livello australiano sono tenuti a osservare.

La amministratrice delegata della ARU, Raelene Castle, ha dichiarato che nessuna delle parti esce vincitrice da questa vicenda, ma che i valori di Rugby Australia – inclusione, passione, integrità, disciplina, rispetto e lavoro di squadra – dovevano prevalere, a prescindere che si trattasse di un giocatore o di un impiegato. Ha aggiunto inoltre che le opinioni sono state espresse da Folau in modo irrispettoso e che la Federazione non aveva altra scelta se non intraprendere le azioni che sono state fatte. Il giocatore era già stato oggetto di polemiche lo scorso anno per una vicenda analoga, all’epoca però il caso era rientrato ed il giocatore aveva firmato un contratto quadriennale con la ARU con un compenso pari a circa 2,5 milioni di Euro all’anno.

Folau dal canto suo si è detto rammaricato dal fatto che le sue convinzioni religiose gli impediscano di lavorare e di poter giocare per il proprio Paese. Le polemiche nel mondo ovale sono esplose a dismisura, amplificate anche dal fatto che in autunno si svolgerà il mondiale di Rugby in Giappone, al quale i “Wallabies” si presenteranno a questo punto senza uno dei propri uomini migliori. Israel Folau infatti è un estremo molto dotato, vanta quasi 70 caps con la maglia delle selezione australe, si tratta insomma di una pedina fondamentale nello scacchiere di coach Michael Cheika.

L’allenatore si ritrova così con una ulteriore grana da risolvere, dato che la nazionale downunder è da anni in crisi di risultati, sovrastata sistematicamente dagli odiati vicini All Blacks. Le prese di posizione in merito all’accaduto non sono mancate neanche all’interno dello spogliatoio, con il capitano dei canguri Michael Hooper che si sarebbe detto non più disponibile a giocare al fianco di Folau a causa delle sue convinzioni. Anche altri giocatori internazionali molto noti si sono scagliati contro il forte estremo, come ad esempio l’inglese James Haskell, che lo ha definito: “un giocatore straordinario ma anche un fottuto bigotto ignorante”.

Vi sono stati però anche numerosi attestati di stima e sostegno, infatti alcuni giocatori inglesi di origine isolana come Billy Vunipola e Manu Tuilagi si sono apertamente schierati dalla parte di “Izzy”. Inoltre pare che gli atleti originari delle isole del Pacifico (tradizionalmente molto religiosi) impiegati nella nazionale australiana abbiano accolto con estrema amarezza l’esclusione del forte compagno. Gli echi della vicenda, ad ogni modo, paiono ancora lontani dall’esaurirsi, con il giocatore che nei giorni scorsi ha anche rifiutato una ricca buonuscita da circa un milione di Euro.