Quando Piero Chiara si scaldava i muscoli scrivendo in provincia
22 Marzo 2009
Pezzi in gran parte dimenticati, mai raccolti in volume, parlano di un Piero Chiara minore, che sta quasi riscaldandosi i muscoli in provincia, in attesa di esplodere, nei primi Sessanta, con “Il piatto piange”, il suo primo romanzo importante pubblicato da Mondadori su sollecitazione del poeta e conterraneo Vittorio Sereni. Insomma, una bella mazzetta di inediti o giù di lì propone l’interessante volume curato da Andrea Paganini ed edito con il titolo di Quaderno di un tempo felice da Aragno.
Si tratta all’ingrosso di prose di genere misto: “Racconti, reportage di viaggio o guide turistiche, riassunti di opere di grandi romanzieri, scritti di critica letteraria e altre prose di carattere informativo, storico o ornitologico”. Il contesto è, almeno per i testi creativi, rigorosamente “alta Lombardia”. Precisamente, “dove i laghi sono ancora ristretti tra i monti” e dove “stanno raccolti alcuni paesi di ignorata bellezza”.
Un particolare ruolo tocca poi ai vicoli della vecchia Luino, per l’appunto gli stessi calpestati da Chiara giovinetto. “Chi ha vissuto fra quelle vie intorte, sotto quei fiumi geometrici di cielo azzurro che le gronde dei tetti conducono dalla Chiesa al lago, e si è visto crescere di anno in anno, riflesso il volto ai vetri delle accanite bottegucce", osserva lo scrittore del Varesotto, "novera quei tempi fra le epoche felici del mondo e cerca spesso il quaderno di memoria dove i calmi paesi sono composti come fiori morti di lontane stagioni”.
Quindi, quasi un idillio. Eppure, se in certi brani si respira un’aria un tantino acerba e forse persino presuntuosa, s’incontrano nella silloge di Aragno anche spaccati ambientali e ritratti che anticipano il Chiara maggiore. Il riferimento è a quegli spunti dove si intravede il talento affabulatore di un narratore che, come nessun altro nel Dopoguerra, si dimostrerà capace di costruire situazioni e personaggi avvincenti, osserva uno dei suoi critici accreditati, Mauro Novelli, “a partire dai materiali più negletti, sviliti, ridicolizzati dall’alta cultura letteraria novecentesca, illuminando mentalità e abitudini della borghesia piccina in un angolo fuori mano della penisola, ritratto per lo più nel Ventennio fascista”.
Ancora sullo sfondo, per il momento, resta la ben nota “licenziosità” dello scrittore maturo, non così quella “poetica scanzonata della mediocritas, del pettegolezzo curioso e sornione, della caricatura grottesca”, altro autentico jolly all’origine dello straordinario successo presso i suoi lettori.