Quanto è difficile prendere sul serio la nascita del Pd
11 Ottobre 2007
Nella storia della politica italiana il partito ha
avuto una sorte singolare: pressoché latitante nella stagione liberale si è
affermato nel corso della stagione della tirannia, quando il Partito Nazional
Fascista ha incarnato il primo effettivo esempio di partito d’integrazione
sociale di massa. Dopo la seconda guerra mondiale, quando il fascismo nella sua
rovina ha trascinato con sé tutte le istituzioni dello Stato sia legali che “di
fatto”, esso si è trovato a occupare un enorme spazio vuoto trasformando,
come a suo tempo sostenne Giuliano Amato, un singolare in plurale.
Questa centralità si è prolungata per decenni, anche a
dispetto dell’evoluzione della società civile, fino a quando quest’ultima, in
corrispondenza con l’epocale cambiamento degli equilibri internazionali
provocati dal crollo dell’Unione Sovietica, si è presa la rivincita. Allora sui
partiti, divenuti ormai meri simulacri delle potenze di un tempo, è caduto
l’interdetto. Sicché, come spesso capita nella storia, il processo alla
partitocrazia imperante è stato celebrato quando questa, nei fatti, aveva già
cessato d’imperare né aveva più la possibilità di continuare a esercitare il
suo potere. Solo a questo punto il termine “partitocrazia” è fuoriuscito
dal lessico delle minoranze per divenire un concetto di senso comune. E i
partiti – nelle sigle e nei simboli dei raggruppamenti politici, a destra così
come a sinistra – si sono camuffati sotto le spoglie di animali, piante, sigle da
stadio e altro ancora.
Dopo la sbornia, forse qualcosa sta cambiando. E la nascita
del Partito Democratico potrebbe essere un sintomo di questo mutamento: la
prova dell’affannosa ricerca di un nuovo ruolo per il partito politico, in un
contesto esterno che appare ogni giorno più fragile anche perché in balìa degli
umori determinati dal circolo mediatico-giudiziario e amplificati dalla piazza.
Proprio per questo, da parte di un suo avversario dichiarato, l’esperimento va
considerato con interesse ma anche con scetticismo. E se delle ragioni che
sostengono l’interesse si