Quegli sciacalli del pluralismo che imperversano a spese nostre in Rai
15 Aprile 2009
di Milton
Sembrano ormai Gianni e Pinotto. Uno fa il conduttore, vittima (con compensi a sei zeri) dell’arroganza del potere, martire della libertà di espressione; l’altro fa il vignettista terzomondista, con camiciola simil sahariana d’ordinanza, nascosto opportunamente dietro il dogma dell’intangibilità della satira (naturalmente, non fa ridere più nessuno da anni).
Il conduttore ed il vignettista imperversano, a spese nostre, ogni settimana in Rai, in una specie di spazio autogestito dal partito di un ex-magistrato con qualche indagato sulla coscienza, immancabilmente introdotto da una strana clonazione giornalistica, che di nome ricorda le pene di una gestante, ma che in realtà vive da anni, parassita, di presunte disgrazie altrui, che puntualmente si rivelano né più né meno che soffiatine gonfiate di procure deviate.
Questi compagnucci di merende godono di un trattamento editoriale di favore. Il conduttore non rende conto al Direttore della rete su cui va in onda, ma (si fa per dire) direttamente al Direttore Generale e fa parte della testata giornalistica di un’altra rete (?!), chissà mai perché? Fin qui, poco male, è normale che chi ha liberamente cantato in prima serata “Bella Ciao” con gli occhi tristi del martire soccombente di fronte all’oppressore di Arcore, possa poi sentirsi in diritto di dire e fare ciò che vuole.
Ma c’è un limite a tutto. La scorsa settimana i compagnucci di merende di cui sopra, hanno inscenato un’indecente farsa giocando sul dolore e la tragedia delle popolazioni colpite dal terremoto. La trasmissione aveva un duplice scopo, neanche tanto originale. Da un lato dimostrare che la protezione civile aveva malamente gestito i soccorsi, solo perché al governo c’è un signore proprietario di tre televisioni a cui ogni tanto piace essere galante con le signore, dall’altro, che il terromoto in questione poteva essere previsto esattamente, ma solo il sadico ed assassino cinismo di Bertolaso (a capo della Protezione Civile), lo ha impedito. Il vignettista ha consacrato (mai participio passato fu più sbagliato) il tutto con vignette di satira macabra, specialità del nostro, ormai da lungo tempo.
Che differenza c’è dunque, tra costoro e quegli orribili sciacalli che si aggirano furtivi tra le case distrutte per rubare anche gli ultimi pezzi di storia personale di chi ha perso tutto. Costoro sono sciacalli in nome del pluralismo; già il pluralismo, concetto che spesso nasconde, nella sua perversa ostentazione, il suo esatto contrario.
Ma ciò non sorprende più. I protagonisti sono ormai da tempo, entità acefale da bioparco, in perenne lotta con un mondo, che a loro dire, non li capisce.
Meno comprensibili sono state alcune esternazioni di chi ha scelto di difendere l’indifendibile. C’è chi, abituata indistintamente a difendere chi uccide un embrione o chi fa morire di fame e sete un essere umano, per poi salvare dal patibilo un pluriassisino, ha ormai una chiara schizzofrenia valoriale che merita il rispetto che sia ha per ogni patologia. C’è invece chi, con rinnovato vigore e dinamismo presiede quell’inutile organismo parlamentare che è la Commissione di viglanza RAI, e che pretende di insegnarci la democrazia, dicendoci che ogni istanza deve essere rappresentata dal servizio pubblico. Ma allora chi decide se un’istanza è falsa o semplicemente idiota?
Volete sapere come andrà a finire? I compagnucci apriranno la prossima puntata con le facce tristi e gli occhi spenti di chi ha subito l’arroganza del potere che li voleva far tacere; torneranno a fare imperterriti opera di sciacallaggio giornalistico ed il copioso contratto sarà rinnovato, a spese nostre, anche per l’anno prossimo.
Mi permetto tuttavia sommessamente di dare un consiglio al nuovo Direttore Generale della Rai. Attenzione a non urtare la stabilità emotiva del conduttore, potrebbe chiedere come in passato i danni biologici (a tutto c’è una spiegazione!), farsi eleggere al Parlamento Europeo e poi ritornare di nuovo in Rai, con un nuovo e più congruo contratto. Il Direttori Generali passano, lui resta.