
Quel vento caldo che soffia in Cina

27 Novembre 2022
Raccontano le grandi leggende della Cina che i profondi cambiamenti nascono e sono portati da un vento caldo che lentamente si diffonde nelle distese di terra di quell’immenso paese asiatico. La domanda è che cosa sta accadendo nelle città, nelle metropoli di decine di milioni di abitanti. La rabbia, la contestazione che esplode nelle piazze. Perché?
Primo elemento: chiusure durissime. Inflessibili, per cercare di bloccare il diffondersi del Covid a distanza di tre anni dal suo apparire. Ma, stavolta quel soffiare ha portato anche attraverso i moderni mezzi d’informazione fino a noi le immagini, prima poche, poi sempre più numerose, di folle di abitanti delle città cinesi che protestano scendendo in strada.
In un Paese dell’occidente sarebbe pressoché normale ma qui si tratta di un una nazione sotto il ferreo controllo del partito comunista cinese per l’appunto. I motivi della protesta vanno ricercati nei lunghi infiniti durissimi lockdown di cui la popolazione è vittima ormai da troppo tempo.
Nella città di Urumqi dieci persone muoiono per un incendio, tra cui un bambino, perché i vigili del fuoco non sono potuti intervenire per via delle rigide misure di isolamento imposte dalle leggi anticovid. Milioni di persone sono bloccate in casa da giorni.
Le notizie che arrivano parlano di poco cibo e medicinali per gli anziani. Condizioni di vita inimmaginabili per noi occidentali. Ieri riprese incredibili per quel paese hanno raccontato la protesta di persone esasperate scese in strada contro le regole imposte dal regime. Da Shanghai alla regione abitate dalla minoranza Uiguri altre incredibili immagini. La repressione in Cina, è bene ricordarlo, è totale. Chi protesta rischia grosso. Obiettivo sradicare ogni forma di dissenso.
Ma le proteste sono continuate ovunque in questi giorni. Come nella metropoli sud orientale di Guangzhou. Le immagini arrivano in occidente. E sembra quasi che i telegiornali delle nostre nazioni siano impreparati a capire quello che sta accadendo in Cina. La Cina il più delle volte sembra un pachiderma immobile. Accadeva ai tempi del maoismo. Accadde oggi. Però in molte fabbriche gli operai sono costretti, sempre per le misure anticovid, a dormire e a lavorare in immensi stabilimenti.
La produzione deve andare avanti. Le immagini mostrano una folla immensa di operai uscire all’aperto e attaccare con violenza gli agenti della polizia in divisa antisommossa fino a metterli in fuga. Come dire che la sopportazione ha un limite. E quel limite, al di là della paura della repressione, è stato raggiunto e superato.
Due ragazze camminano l’una accanto all’altra. Vengono raggiunte da agenti della polizia. Spintonate. Gettate a terra, ginocchia sulla schiena. Ammanettate sull’asfalto. Non siamo nella ‘violenta America’, siamo in una città cinese davanti a decine di persone. Violenza gratuita o sarebbe meglio dire ecco come le autorità cinesi affrontano l’emergenza covid.
A quanto si sa le due ragazze non erano in regola con le norme anti covid. Che sarebbe come dire che da noi non avevano con loro il green pass. Portate via di peso. Le immagini arrivate in occidente non si sa come, si interrompono. La censura non risparmia neanche i campionati del mondo di calcio. La televisione cinese trasmette le partite ma censura le immagini di tifosi sugli spalti e fuori dagli stadi. Motivo: Non si possono far vedere persone senza mascherina.
Segno che da qualche parte del mondo l’emergenza covid è stata in parte superata. E queste sono immagini provenienti dai Paesi del Golfo, figuriamoci se provenissero dai quelli occidentali come Europa e Stati Uniti dove ormai la vita nonostante il virus è tornata praticamente alla normalità.
La Cina dichiara qualcosa come 30 mila contagi. Per una popolazione di un miliardo e mezzo di abitanti è praticamente niente. C’è qualcosa che non funziona. I conti non tornano. Questi dati stridono con i lockdown improvvisi, durissimi. Su un cartello durante una delle proteste c’era scritto “Basta tamponi, vogliamo libertà”. Nonostante la ferrea censura, le notizie e specialmente le immagini continuano a varcare confini e muri.
Altro dato, la vaccinazione in Cina non ha funzionato. Il vaccino cinese ha fatto cilecca. D’altra parte in un paese dove la ricerca è quella che è i risultati sono quello che sono. Gli studenti, le menti del paese asiatico vanno fuori all’estero appena possono. Su ogni studente occidentale che va in Cina ce ne sono quasi diecimila di cinesi che vanno nelle università occidentali. La ricerca langue. I vaccini americani funzionano, quelli cinesi no. E allora lockdown e chiusure.
La città di Guangzhuo affronta ad oggi 80 giorni di paralisi totale. Nessuno può uscire dalla propria abitazione per nessun motivo. Linea dura anche a Nanchino, storica città cinese e a Wuhan dove tutto è iniziato. Il diffondersi del virus da lì al resto del mondo.
Per la Cina è iniziato il terzo anno di pandemia. A Pechino, all’università, alcuni studenti, velocemente, per paura di essere riconosciuti, hanno tappezzato le mura all’entrata dell’ateneo con dei fogli bianchi senza nessuna scritta. La censura è in agguato. Hanno così trasformato il silenzio del bianco in una nuova forma di protesta mentre un soffio di vento caldo muoveva i piccoli fogli attaccati ai muri dell’università.