Quella manovra senza coperture che piace a Bruxelles

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Quella manovra senza coperture che piace a Bruxelles

11 Aprile 2017

Bruxelles ha dato il suo “ok” alla manovrina italiana. Dopo le pressioni delle settimane scorse e la “linea dura” nei confronti dei conti pubblici italiani, ora dalla Commissione Europea arriva l’assist a Padoan addirittura prima ancora che venga trovata la quadra definitiva sulla stessa. Cosa è successo? Probabilmente gli alti papaveri di Bruxelles hanno iniziato a capire che esasperare il “povero” Padoan avrebbe solamente compromesso la possibilità di portare a casa l’aggiustamento da 3,4 miliardi di euro e che questo avrebbe significato aprire una procedura di infrazione che non fa comodo né all’Italia, meglio, al governo italiano, né tantomeno ai governanti europei.

E in questa direzione va letta forse la dichiarazione di Moscovici: “Abbiamo una collaborazione positiva e costruttiva con un Governo e un ministro che ci tengono molto che l’impegno europeo dell’Italia prosegua”. Tradotto: ora la procedura di infrazione sarebbe un autogol clamoroso poiché porterebbe solo voti ai fautori dell’“Italexit”. Questa paura tutta bruxellese Padoan l’ha cavalcata con i membri della Commissione tanto da incassare addirittura il dietrofront europeo su quella riforma del catasto – odiata dai renziani – che fino a qualche giorno fa veniva considerata “indispensabile” da Bruxelles e che ora è diventata magicamente “prorogabile”.

Alla luce di tali eurotimori si spiega anche la fretta del vice presidente della Commissione Dombrovskis di dare l’ok alla manovrina prima che Padoan trovi le coperture necessarie, dato che ballano ancora ben 800 milioni di euro, con Renzi & Co. pronti a bloccare tutto nel caso in cui sentano puzza di aumento delle accise. In questo contesto l’uscita di Dombrovskis, considerato da tutti il “capo” dei falchi del rigore, secondo cui “le misure sono in linea con quello che abbiamo discusso e che ha raccomandato la Commissione” appare alquanto strana e suona come un monito, del tipo ‘salviamo il salvabile pur di evitare rischi peggiori’.

E questi rischi sono da annoverare sotto la categoria “euroscetticismo”, dato che i vertici europei, dopo la batosta della Brexit, vogliono evitare altre emorragie. La decisione della Banca Nazionale della Repubblica Ceca di sganciarsi dall’euro rinunciando con tutta probabilità all’ingresso nel regime della moneta unica, ha fatto tremare le comode poltrone bruxellesi, aprendo scenari che prospettano un possibile effetto domino ad Est che coinvolga i paesi del gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria). Con i venti sovranisti della Le Pen in Francia che incombono, avranno pensato a Bruxelles, uno schiaffo all’Italia sarebbe stato controproducente per l’Europa ma anche per il Pd. E non importa se si rimandano riforme o mancano coperture. L’importante è preservare lo status quo.

Status quo che a quanto pare non riguarda tanto lo spettro del “rigore” contro cui si è strepitato tanto, bensì la volontà tutta politica di restare ben saldi alle proprie poltrone. E questa, si sa, mette sempre tutti d’accordo.