Quella volta che Nichi disse ai sovietici: “Fate cadere il Muro di Berlino”

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Quella volta che Nichi disse ai sovietici: “Fate cadere il Muro di Berlino”

29 Ottobre 2010

Nella già affollata compagnia dei fautori di un esecutivo tecnico che spodesti il governo in carica ha trovato ovviamente posto Nichi Vendola. Ma solo per cambiare la legge elettorale, ha specificato al Sole 24 ore; nessuna Santa Alleanza antiberlusconiana, dato che “la santità poco si addice alla politica”. Eppure, in tema di santità, il governatore pugliese sta raccogliendo un entusiasmo quasi messianico nell’area della sinistra radicale, oltre a risvegliare l’interesse di ambienti che poco hanno a che fare con il suo passato politico. In fondo, Vendola sembra incarnare l’incontro delle due grandi chiese italiane, quella del cattolicesimo “del dissenso” e quella del comunismo eretico, ma riesce anche ad interessare Confindustria. Così la sua Opa lanciata sul centrosinistra ha giustamente allarmato il D’Alema centrista ed il segretario del Pd Bersani (il quale ha rimediato con la proposta di alleanza elettorale).

Nel corso del primo congresso della sua creatura “Sinistra ecologia e libertà”, appena conclusosi a Firenze, ha detto molte delle cose che un suo potenziale elettore vorrebbe sentire. Ad esempio su Marchionne (è “inquinamento acustico” l’accusa all’Italia di essere un freno alla Fiat, dato che il paese ha garantito per anni alla fabbrica torinese una situazione da azienda di Stato, per giunta arretrata sul terreno dell’innovazione) o sulla Gelmini (la sua riforma è un “omicidio premeditato” del futuro). Meno scontate ed applaudite le uscite sul ruolo della religione nello spazio pubblico e contro la demonizzazione di Israele. Un leader, dunque, controverso, contraddittorio, indubbiamente carismatico, a detta di qualcuno un “Berlusconi rosso” per i tratti personalistici e la capacità di costruire mito, di offrire una nuova narrazione dell’Italia.

Alla riflessione sulla sua figura ed ancor più alla sua lode è consacrato il volume “Vendola, Il volto nuovo della sinistra” (Editori Riuniti). Scritto a quattro mani da Cristina Cosentino (già capo ufficio stampa del Prc e poi dell’Italia dei Valori, sceneggiatrice della docufiction di Mimmo Calopresti sulla tragedia della Thyssengrup) e Giuliano Rosciarelli (collaboratore di Liberazione e Terra). Come vada presentato il personaggio è già chiaro dalla copertina: il suo volto è infatti in obamacolour, ovvero con il rosso, nero, blu e bianco che hanno tinto il Presidente degli Stati Uniti negli ormai mitici manifesti per la campagna elettorale del 2008. Certo, la scelta non è originalissima (addirittura qualcuno di Futuro e Libertà ha messo in giro siffatti ritratti di Gianfranco Fini) ma è stato proprio lo stesso Nichi a rivendicare il ruolo di “Obama bianco”. E come presidente della speranza “in un universo di connessioni tra realismo e sogno”, Vendola è perfetto. Se non esistesse bisognerebbe inventarlo, anzi, come ha scritto il Berliner Zeitung, sembra addirittura così perfetto “che secondo i criteri di questo paese” – l’arretrato Stivale – “non dovrebbe esistere”.

Già il suo nome di battesimo è frutto del cattocomunismo famigliare, omaggio a Nikita Kruscev e al contempo a San Nicola. Fra i suoi primi ricordi dice di conservare il pianto della madre per la morte di Kennedy in “un’atmosfera di cataclisma planetario”. Trascorre le serate dell’infanzia davanti al caminetto ad ascoltare il padre che legge le lettere dei condannati a morte della resistenza ed impara che la cultura ed il buon eloquio sono strumenti di emancipazione sociale. Da bambino non partecipa a giochi violenti; neanche a calcio, troppo intriso di “dinamica combattentistica”. Nel 1972 entra nella Fgci e con Pietro Folena lotta contro il conservatorismo della classe dirigente stalinista, chiede l’apertura ai movimenti, al femminismo, alle tematiche ambientali. Anche la sua prima volta dentro la storica sede di Botteghe Oscure ha qualcosa di sacrale: avviene nel 1984, per omaggiare il cadavere di Berlinguer; quasi un passaggio di testimone. Infatti Nichi accentua lo “strappo” con l’Urss, guida la delegazione giovanile che protesta a Mosca contro la guerra in Afghanistan ed auspica in anticipo di quattro anni l’abbattimento del Muro.

Eppure, contrario alla svolta di Occhetto che secondo lui salva il peggio del vecchio Pci, ovvero la burocrazia stalinista, aderisce a Rifondazione. Poco disciplinabile anche da Cossutta e Garavini, decide nel ’95 di andare contro le direttive del partito e vota la fiducia al governo Dini; la priorità era per lui “tirar fuori dal governo i fascisti e Berlusconi”. In seguito ricopre un ruolo importante nel consigliare ed affiancare Bertinotti nelle svolte pacifiste, no globaliste ed attente ai diritti degli omosessuali. Figlio del Concilio vaticano II, della teologia della liberazione, amico e sodale dello scomparso don Marco Riscegli (sacerdote del dissenso poi sospeso anche perché fondatore del primo nucleo dell’Arcigay) e di don Ciotti, è ovviamente fiero avversario del cattolicesimo tradizionalista e “reazionario”. Il suo mito cresce con la doppia vittoria alle primarie contro gli apparati del Partito democratico per la presidenza della Puglia e poi nel 2005 contro il centrodestra di Gabriele Fitto (penalizzato da un piano sanitario controverso che però Vendola non ha cambiato) e con le elezioni della scorsa primavera contro Adriana Poli Bortone (Udc) e Rocco Palese (Pdl).

Sponsorizzato dall’imprenditore della pasta Vincenzo Divella, conquista la fiducia della Confindustria pugliese anche per mezzo di una politica di finanziamenti oculata, interventista ma non “ a pioggia”. Scommette sulle energie rinnovabili e vince pur scontentando gli ambientalisti contrari all’eolico. Il suo neokeynesismo gli fa sforare il patto di stabilità Stato-regioni ma aumenta il Pil e l’occupazione, almeno fino alla crisi economica mondiale che si farà sentire anche sulle coste dell’Adriatico. Quando sente puzza di corruzione nella sua giunta (l’inchiesta che coinvolge il vicepresidente Frisullo e quel Gianpaolo Tarantini che ha messo nei guai Berlusconi presentandogli Patrizia D’Addario) azzera tutta la giunta e ne esce pulito. Mantiene così l’aura da icona legalitaria conquistata con l’attività in commissione antimafia e con le proposte di riforma del 41bis, confisca dei beni mafiosi e loro utilizzo sociale, teleconferenze per le deposizioni dei boss (proposte, però, trasformate in leggi dal centrodestra). È noto anche il suo impegno in favore degli immigrati: non solo perché la vista del porto dalla finestra dell’ufficio gli rammenta il legame del Sud con l’Est balcanico, ma anche perché è convinto, sempre d’accordo con la Confindustria, che “gli stranieri sono un pezzo fondamentale di produzione di ricchezza”.

E poi c’è la cultura. Nichi è scrittore e poeta. Ha scritto per “Rinascita” di Togliatti e per “Cuore” di Serra; dopo il G8 del 2001 ha composto un “Lamento in morte di Carlo Giuliani”. Ultimamente gli impegni sono altri ma continua “a pensare scritturalmente”. Il più importante fra i suoi maestri è Pasolini (considerato “antitesi del decadentismo dannunziano”), ma si mantiene molto lontano dalla sua seriosa tragicità. Vendola è molto più giocoso: negli anni ’80 ha organizzato un “processo a Rambo” per criticare la destra di Reagan, nei ’90 ha calcato il palcoscenico del festival di San Remo in mezzo agli indiani coristi di Sabina Guzzanti Il cinema per Vendola non si può definire l’arma più forte per non rischiare di citare Mussolini, ma è comunque “l’acciaio del futuro”. Non solo ha recitato in qualche cortometraggio nei panni di se stesso o di un gestore di cinema d’essai, ma ha voluto il Cineporto pugliese per attirare registi e produttori nella sua terra. Grazie a tutto ciò Vendola piace a Sergio Rubini, Giovanni Veronesi, Ferzan Ozpetek, ai rapper Caparezza e Sud Sound System, a Margherita Hack, Moni Ovadia, Antonio Scurati e Riccardo Scamarcio. Piace a più di 300 mila iscritti su Facebook (più di Berlusconi e della Costituzione messi insieme). Riuscirà dunque a piacere a tutto il centro sinistra ed ad almeno la metà del paese, lui che dichiara di aver costruito la propria “vicenda pubblica come quella di una voce nemica del potere”, di essere “nel palazzo ma non del palazzo”? Nel volume edito da Editori Riuniti, fra le molte interviste ve n’è una con Michele Emiliano, sindaco di Bari. A sentir lui “Vendola ha un carisma tale che quando gli sei vicino ti convince delle sue opinioni e ti porta sempre dalla sua parte. Come ti allontani un po’ ti accorgi che ti ha fregato un’altra volta”. Strano; c’è chi dice lo stesso di Berlusconi.