Quelle partite per i vertici della Polizia “nascoste” sotto la neve
07 Febbraio 2012
Come è stato delineato in questi giorni da vari articoli, la tenzone sulla neve a Roma, perfino esagerata nei toni e nella durata, come evidenziato da Enrico Mentana nel suo telegiornale, tra il sindaco capitolino Alemanno e il numero uno della Protezione civile Franco Gabrielli, lascia intravvedere in controluce una partita nervosa, in corso da tempo nei dintorni del Viminale, quella per la possibile successione al bravo Antonio Manganelli come prossimo capo della Polizia.
Non staremo ad evidenziare quale importanza strategica, anche per gli equilibri politici, rivesta tale contesa, intorno a una delle poltrone ambite del potere italiano. Da quell’ alto osservatorio non ci si limita, a giudicare da quanto è accaduto negli anni repubblicani e non solo, a prendere ordini dal ministro dell’ interno di turno; il fortunato titolare del ruolo acquisisce nel tempo, se è uomo capace ed acuto, persino la possibilità di contare in pratica più del politico-o tecnico-che teoricamente lo sovrasta. Normale quindi che gli appetiti siano voraci, e che i partiti vogliano aver voce in capitolo nella scelta ( senza dimenticare la consueta, potente, moral suasion del Colle).
In questo scenario, allora, dietro le baruffe accentuate dall’ inverno gelido, la "battaglia" suddetta sembra entrare nel vivo. Gabrielli, cinquantenne viareggino, erede di Bertolaso nel tentare di sopperire a sventure e calamità naturali, reduce da un’ importante carriera in polizia e da una gestione del servizio segreto interno dal 2006 al 2008, ha toccato l’ apice professionale grazie al determinante contributo recato allo smantellamento delle Nuove Brigate Rosse, quelle, per intenderci, che hanno ammazzato il professor Marco Biagi nei pressi della sua casa bolognese. Giovane democristiano, ai tempi di quella Balena Bianca autobiografia della nazione, amico di Enrico Letta e altri coetanei reduci dalla stessa esperienza, questo prefetto finito con prepotenza in prima pagina sui media, tra la Costa Concordia naufragata e le vie consolari ghiacciate, è descritto da chi lo conosce come un moderato, costretto alla disfida soltanto se tirato per i, pochi, capelli.
Giuseppe Pecoraro, colui che viene indicato quale principale competitore del Gabrielli, è napoletano di Palma Campania, prefetto in carica della città eterna, vanta un curriculum di livello ai piani alti dell’ amministrazione statale: dalla segreteria del Dipartimento di Pubblica Sicurezza alla guida dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile. Una figura esperta che naviga bene nei gangli dell’ apparato, quindi; poco, o nulla, scalfita da recenti polemiche su telefonate entrate chissà come nella matassa di alcune inchieste giudiziarie. Tra i due contendenti, è spuntato nelle ultime ore un immancabile terzo nome, chissà se capace di sparigliare le carte: Nicola Cavaliere, altro investigatore di lungo corso, vice direttore nelle stanze di quell’ Aisi che il generale Giorgio Piccirillo potrebbe lasciare per ragioni anagrafiche. Dettaglio, quest’ ultimo, che fa intendere come le due corse ad ostacoli, leadership della Polizia e del controspionaggio, possano incontrarsi infine su un’ unica corsia. Sempre che il governo Monti abbia davvero forza e volontà d’ occuparsi nei prossimi mesi di vicende così delicate e spinose, non bastasse il fardello dell’ economia.