Quello all’Onu è stato un Ahmadinejad sottotono
23 Settembre 2011
Lunedì 20 Settembre ha avuto inizio nella città di New York il vertice dei membri delle Nazioni Unite. Tra i partecipanti anche il presidente iraniano Ahmadinejad che riserva sempre molte sorprese in occasioni come questa. La partecipazione di Ahmadinejad, la cui permanenza tra i membri dell’Onu era stata messa in discussione dopo le affermazioni razziste ed anti sioniste nel 2005, non è apparsa tuttavia così scontata. Erano in molti a dubitare perfino che gli sarebbe stato consentito di volare fino a New York per parlare a nome dell’Iran. Non è infatti un bel periodo per il presidente, attanagliato da divisioni sul fronte interno e rapporti difficili con la comunità internazionale.
La nota aggressività e la rigidità della politica di Ahmadinejad iniziano a riscuotere, adesso anche in patria, sempre meno consensi, forse proprio in virtù degli eccessi estremisti a cui ci ha abituato. Ricordiamo tutti la cosiddetta “onda verde”, un movimento giovanile di protesta, che nel 2009 ha popolato l’Iran di manifestazioni contro il capo di stato e contro la sua politica elettorale (proprio nel 2009 Ahmadinejad è stato eletto presidente per la seconda volta, e sulla legittimità del risultato delle urne ci sono stati molti dubbi). I disordini provocati nel Paese da quel gruppo di protesta erano già al tempo un chiaro segnale del crescente dissenso interno nei confronti del presidente.
Le divisioni nel grembo dell’Iran si sono intensificate maggiormente nel corso degli ultimi mesi; molto tesi e vicini ad un punto di rottura sono in particolare i rapporti tra Ahmadinejad e l’ayatollah Khamenei. Fin dalla fine del 2010 è infatti emerso il tentativo di Ahmadinejad di rafforzare i poteri dell’esecutivo ai danni del Parlamento, guidato da Ali Larjani, molto vicino a Khamenei. Ricordiamo inoltre, che a metà novembre 2010 il Parlamento ha rimosso Ahmadinejad dalla guida della banca centrale, mentre alcuni parlamentari hanno iniziato a richiedere la sua messa in stato di accusa. Quanto alle vicende più recenti, lo scorso 13 giugno il Consiglio dei guardiani ha giudicato incostituzionale la nomina da parte del presidente di un ministro delle infrastrutture.
La scorsa settimana inoltre, nonostante le dichiarazioni inerenti alla volontà di concedere un generoso “perdono unilaterale” ai due hiker americani in prigione perché accusati di spionaggio,in base a quanto affermato pochi giorni dopo dai giudici, non sembra che questa liberazione sia stata il frutto del volere del presidente, quanto piuttosto della semplice applicazione della legge. Risulta molto chiaro comunque,che il gruppo che prima lo appoggiava in modo compatto adesso si sta sfaldando, lasciando il presidente sempre più solo. Forse in virtù di questo pessimo clima interno, Ahmadinejad si era dimostrato meno spavaldo e retorico nel descrivere gli obiettivi della sua politica estera in una intervista rilasciata il mese scorso ad Euronews.
Nell’intervista in questione il presidente ha usato toni molto pacati, inusuali nella sua oratoria, lasciando intuire la volontà di distendere i rapporti con i principali attori internazionali, considerando la pace un principio basilare a cui è necessario attenersi. Nonostante queste belle parole Ahmadinejad non ha ancora fatto nulla di concreto per avviare questi rapporti pacifici e collaborativi di cui ha evidenziato la necessità nell’intervista ad Euronews. Considerando infatti che la questione del nucleare in Iran è uno dei punti di maggiore divisione e attrito con gli Usa e i Paesi europei, portare avanti il programma, ed arrivare addirittura all’inaugurazione della centrale di Bushehr avvenuta pochi giorni fa, non ha fatto altro che rendere ancora più instabile la politica estera iraniana.
Sebbene Ahmadinejad abbia sempre sostenuto che il programma nucleare mira a garantire al suo Paese l’indipendenza dal punto di vista energetico, sono in molti a sostenere che in realtà l’Iran stia lavorando alla realizzazione della bomba atomica. Proprio per questo l’Onu ha punito Ahmadinejad con numerose sanzioni che, pagate dai contribuenti, non hanno minimamente smussato i progetti del presidente a tal riguardo. Appare dunque chiaro che Ahmadinejad si sia presentato al vertice delle Nazioni Unite molto indebolito,senza una solida base di consensi casalinghi e con questioni scottanti di cui discutere con gli altri Paesi membri.
Ciò non gli ha impedito, tuttavia, di sferrare la sua arringa aggressiva e palesemente accusatoria nei confronti degli Stati Uniti soprattutto, citando la discutibilità dei “miti” dell’olocausto e dell’11 Settembre. Il termine usato da Ahmadinejad per riferirsi ai Paesi nemici dell’Iran è stato “potenze arroganti”. Alle spavalde parole del presidente ha fatto seguito l’uscita di numerosi rappresentanti tra cui quelli di Usa, Francia e Italia. Nonostante le problematiche interne insomma, Ahmadinejad non sembra volersi ammorbidire sulle classiche questioni su cui ha costruito, in questi anni di presidenza ,la sua lotta all’Europa e agli Stati Uniti. Ciò che interessa capire adesso, è la reazione che si avrà in patria nei confronti delle parole del presidente, in un Iran la cui classe politica, si riconosce sempre meno nella sua figura e nelle sue affermazioni.