Questione morale: la scorsa estate era Noemi, ora è la P3
27 Luglio 2010
Ora si torna a parlare di questione morale, come lo scorso anno d’estate. Allora ciò che venne messo in campo fu la questione sessuale in relazione alla vita privata del presidente del consiglio. Adesso si è escogitata la questione morale della P3 sulla base di un grosso equivoco riguardante la legge Anselmi, con cui nel 1982, si diede la caccia alla Loggia massonica P2.
Di per sé la legge Anselmi, la legge n.17 del 25 gennaio 1982, e la sua applicazione costituirono un brutto ed oscuro episodio di caccia alle streghe. Infatti tale legge escogitò la nuova figura della associazione segreta, consistente sia in una associazione segreta pura e semplice che in una associazione segreta costituita all’interno di una associazione palese, che abbia per oggetto della sua attività sociale segreta l’interferenza sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, di enti pubblici compresi gli enti pubblici economici.
E’ considerata società segreta, qualora svolga tali interferenze, anche una società palese che tenga sconosciuti in tutto o in parte i suoi soci, anche reciprocamente.
Come si nota da questa dizione, la legge Anselmi sul divieto penale di associazioni segrete ha un costrutto nebuloso. Infatti l’espressione “interferire sull’esercizio di funzioni di organi costituzionali, amministrazioni ed enti pubblici” è estremamente vaga nell’oggetto ed estremamente ampia per quanto riguarda i soggetti coinvolti. E questo tipo di reato, quindi, potrebbe riguardare anche le semplici raccomandazioni per una assunzione, per una promozione, per uno spostamento di sede, di un dipendente statale, o di un addetto a una azienda di trasporti pubblici o la raccomandazione per un esame universitario o anche solo per la patente di guida. Ma, fortunatamente, la vaghezza della nozione oggettiva di interferenza e l’ampiezza della cerchia dei soggetti verso cui essa può essere rivolta, è contro bilanciata dal fatto che bisogna che questo "crimine di interferenza" sia effettuato tramite una "associazione". Con questo termine si intende un organismo associativo, non il fatto che alcuni individui operino insieme.
Ciò è reso evidente dal fatto che il legislatore nell’articolo 1 della legge in questione, fa riferimento esplicito all’articolo 18 della Costituzione che stabilisce il diritto dei cittadini di “associarsi liberamente” per fini che non siano vietati dalla legge penale. Ed è ovvio che il legislatore costituzionale intende con il termine "associarsi" non il fatto puro e semplice di riunirsi, ma quello di costituire un sodalizio formale.
Inoltre l’articolo 1 esplicitamente si riferisce ai “soci” occulti o palesi della associazione e alle sue “finalità sociali”. Chiaramente, dunque, si tratta di organizzazioni, come era appunto la Loggia P2, mentre solo per analogia si può definire P3, come società segreta, l’insieme di persone facente capo a Flavio Carbone, che si occupavano con lui di affari più o meno leciti.
Che la “cricca”, se così la si vuol chiamare, di Carboni non fosse una società segreta nel senso della legge Anselmi, risulta evidente anche da ciò che recita l’articolo 2 della legge Anselmi.
Tale articolo nello stabilire quali siano le figure soggettive di autori di reati che riguardano le “associazioni segrete” di cui all’articolo 1 indica, “chiunque promuove o dirige una associazione segreta, ai sensi dell’articolo 1 o svolge attività di proselitismo a favore della stessa”. Dunque questa società segreta ha un capo ed ha dei soci che vi aderiscono come “proseliti”. Perché allora si parla di P3 per il gruppetto di amici di Carboni?
Occorre anche notare che questo nuovo reato, riguardante la P2, fu circondato da un’alone di infamia a causa del fatto che la propaganda cattocomunista aveva deciso di prendersela con questa Loggia massonica coperta allo scopo di sollevare una questione morale e così proporre un nuovo governo di solidarietà nazionale.
Così fa comodo chiamare P3 una cricca che può avere commesso o meno dei reati comuni, allo scopo di sollevare un caso politico, di prospettare una nuova questione morale dotata di valenza politica. Si sostenga pure che questa è una società segreta nel senso della legge Anselmi, ma con la P2 non c’entra nulla.
E del resto questo reato “infame” di associazione segreta non è così infame come sembrerebbe. Dal punto di vista della legge penale è punito con pene molto più lievi del reato di associazione a delinquere. Infatti il fatto di partecipare all’associazione segreta comporta una pena massima di due anni e l’interdizione dai pubblici uffici per un anno. Chi promuove o dirige o fa proselitismo per l’associazione segreta invece ha una pena da 1 a 5 anni. Il reato di associazione a delinquere, che è previsto dall’articolo 416 del codice penale e che è commesso da "tre o più persone che si associano allo scopo di commettere più delitti e, coloro che promuovono e costituiscono tale associazione" comporta una pena di reclusione da tre a sette anni. E coloro che partecipano all’associazione a delinquere sono puniti con la reclusione da 1 a 5 anni.
Come ho detto in principio, il reato della legge Anselmi, per quanto opinabile sotto il profilo etico e politico, per la sua vaghezza e indeterminazione, comunque fa riferimento a un’associazione nel senso proprio di questo termine, come era appunto la Loggia P2, con i suoi iscritti, il suo maestro “venerabile”, il suo apparato formale. L’associazione a delinquere, invece, non è un’associazione formale, è un’associazione informale. Essa non è un’associazione segreta nel senso di un’organizzazione nascosta, ma nel senso di una combutta di delinquenti attuali o potenziali, che occultano la propria attività.
Fra associazione segreta e associazione a delinquere nascosta c’è una notevole differenza, che sta proprio nella parola “segreta”. Un’associazione segreta è una vera organizzazione che esiste oggettivamente ma che viene occultata. L’associazione a delinquere non è un’"associazione" segreta , è un gruppo di persone che opera nascostamente. Un terzo genere di associazioni a delinquere che è anche associazioni in senso formale esiste, ed è punito dal codice penale: è quello delle associazioni di stampo mafioso.
Se si confonde l’associazione a delinquere diversa da quella formale di stampo mafioso con l’associazione segreta della legge Anselmi, trascurando il fatto che nella associazione segreta di tale legge vi è un elemento di organizzazione formale, si crea una situazione assurda e paradossale.
Con questo modo di ragionare, a un gruppo di persone che si mettono insieme per fare affari più o meno leciti cercando di inserirsi nelle varie opportunità offerte dall’economia pubblica, e che sono un’associazione a delinquere, converrebbe sostenere che essi hanno fatto una associazione segreta in quanto così ottengono una pena irrilevante.
Basta che fra le tante cose che fanno, ci sia qualche raccomandazione effettuata per stare nel giro affaristico con una maggiore rispettabilità apparente. Dall’altro lato, coloro che hanno partecipato a una riunione, a un pranzo, a un convegno indetto da un gruppo di affaristi, che è potenzialmente o realmente un’associazione a delinquere, non possono diventare automaticamente colpevoli di partecipazione ad associazione segreta, con una prospettiva di condanna penale oggettivamente risibile, ma politicamente infamante, in quanto mancano per loro i requisiti formali di appartenenza, di cui alla legge Anselmi.
E il tutto diventa una bolla di sapone politica. Con tutto ciò non si fa un’operazione di lotta contro la delinquenza, ma un’operazione di politicizzazione del diritto penale che ha il doppio effetto di offuscare la lotta contro la corruzione – che è una battaglia sacrosanta, da condurre in modo imparziale – e di gettare un’ombra politicamente infamante su persone che hanno avuto contatti saltuari con affaristi e che, dal punto del diritto penale comune e neppure per la legge Anselmi, fa parte del diritto penale eccezionale, non sono colpevoli.
Insomma, una nuova caccia alle streghe. Invece occorre operare con determinazione ed efficacia contro la corruzione mediante il diritto penale ordinario, evitando di politicizzare la giustizia e di criminalizzare la politica.
La vera questione morale in cui l’Italia si dibatte è questa: la confusione fra diritto e politica, fra leggi eccezionali e leggi ordinarie. E se in Italia dopo tanti anni non si sono ancora fatti passi avanti sostanziali per estirpare la corruzione, ciò non dipende solo dal fatto che il dirigismo è la culla della corruzione. Dipende anche dal fatto che si è confuso il diritto con la politica e l’attività giudiziaria ordinaria in attività giudiziaria emergenziale, con interferenze politiche in questa (vedi ora la proposta di un’inchiesta parlamentare sulla P3), intorbidando la giustizia in modo inappropriato, mentre gli affaristi continuano a cercare di corrompere, sperando di cavarsela grazie alle connivenze politiche. Come purtroppo temo sia accaduto all’epoca di Mani pulite e alla stessa epoca della P2.