Quo vadis Forza Italia
08 Luglio 2015
Quo vadis Forza Italia? Cosa rimane oggi di una forza politica che nella sua Carta dei valori si definisce "un partito europeista perché lavora attivamente alla costruzione di un’Unione protagonista della politica mondiale", ma soprattutto perché "si impegna a ricostruirne l’identità lungo le linee guida della sua grande tradizione", che trovano sbocco nel "sentiero storico chiamato Occidente"?
A giudicare dagli eventi di questi giorni, focalizzando l’attenzione sul dossier greco ma non solo, verrebbe da dire niente o quasi. Ci è parso infatti di assistere al nuovo capitolo di quella regressione – culturale prima ancora che politica – che si riflette nella folle corsa ad inseguire le boutade del leghismo parolaio esportato in ambito comunitario.
Per cui a San Lorenzo in Lucina si fa il tifo per Alexis Tsipras, salvo poi accorgersi di averla sparata grossa e metterci una pezza definendolo il rappresentante della "sinistra peggiore". E si critica a tambur battente un’Europa che – beninteso – non piace neppure a noi, attingendo però al patrimonio valoriale dei padani e financo dei pentastellati. Come definire altrimenti quella corrente di pensiero (il brunettismo forzista) che agita lo spauracchio del referendum anche in Italia?
Magari proprio per fare il verso ai grillini che si sono appena visti respingere dalla Camera la proposta di discutere l’indizione di un referendum sull’adozione di una nuova moneta in sostituzione dell’euro ? E chi se ne frega se tale percorso mal si concilia con l’appartenenza alla famiglia del popolarismo europeo, tanto – risponde Brunettan- "nel PPE c’è di tutto". Peccato però che lontano da Roma gli eurodeputati azzurri non la pensino allo stesso modo, spellandosi le mani ad applaudire il discorso di Manfred Weber, non proprio in linea con Luigi Di Maio.
Sapete poi qual è il paradosso ? Che nel momento in cui lo stesso Salvini si defila e non apre più bocca sul pasticcio greco per approfondire magari meglio la questione, a presidiare il campo restano i pasdaran forzisti i quali, sotto sotto, si augurano pure che l’universo ellenico vada a finire nella sfera di influenza putiniana. E tanti saluti all’amore atlantico.
Suvvia, in politica come nella vita ci vuole serietà. Occorre decidere se inseguire il consenso a tutti i costi e sparare corbellerie di ogni tipo, o se impegnarsi per dare fiato e concretezza ad un progetto di futuro partendo dalla definizione di un’idea, quale Italia e quale Europa vogliamo. Nicolas Sarkozy, in Francia, non ha esitato a prendere le distanze dal lepenismo che cavalca le paure senza disegnare alcuna prospettiva di avvenire.
Silvio Berlusconi, in Italia, è ancora fermo in mezzo al guado. Due le strade percorribili: da un lato porre in essere azioni e comportamenti ispirati alla serietà, per contribuire alla ricomposizione, su nuove basi, di un centrodestra capace di confrontarsi con le questioni epocali del terzo millennio, oppure dall’altro slogan vuoti, ricette irrealizzabili e radicalizzazione scontata.
Tertium non datur: sono queste le alternative possibili alla vittoria o all’implosione certa.