Rai, ubriachezza la trionferà

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Rai, ubriachezza la trionferà

18 Aprile 2017

Ubriachezza la trionferà. “I partiti non devono decidere i direttori. Serve un meccanismo meritocratico, magari ricorrendo a un sorteggio tra i migliori del Paese” dice Luigi Di Maio al Corriere della Sera del 14  aprile. Bisogna avere bevuto molta grappa sin da piccini per fare proposte come quella avanzata sulla Rai dal citato leader grillino. D’altra parte bisogna essere ugualmente ubriachi per dire che queste stupidaggini costituiscano una minaccia neonazista.

Quei pigmei della socialdemocrazia tedesca. “Se anche il socialdemocratico Martin Schulz vincesse le elezioni tedesche il prossimo settembre, la Germania rimarrebbe contraria all’emissione di bond” scrive Danilo Taino sul Corriere della Sera del 13 aprile. A parte Willy Brandt e Helmut Schmidt, i socialdemocratici tedeschi si sono assai spesso contraddistinti per un atteggiamento miope e opportunistico sulla scena internazionale, dannando un pezzo della loro anima quando votarono i crediti della guerra di Guglielmo II nel 1914. E ciò avveniva quando erano guidati da un gigante come Karl Kautsky. Oggi si inizia a intravedere cosa potrà combinare la Spd sotto la leadership di un pigmeo, nonostante qualche sua iniziale furbizia, come Schulz.

Se Berlusconi non fosse loico, dovrebbe ascoltare Folli. “Al primo posto- è bene sottolinearlo – Berlusconi e i suoi dovrebbero chiarire agli italiani quale Europa vogliono e quale spazio hanno nel centrodestra i sovranisti di Salvini. Dopo il voto di Parigi e Berlino il quesito sarà ineludibile” scrive Stefano Folli sulla Repubblica del 18 aprile. Da commentatore acuto Folli spiega come sia inutile prendere posizione sull’Europa prima del voto di Parigi, da pervicace seguace della burocrazia bruxellese e dell’egemonia tedesca, chiede a Berlusconi di farlo.

Turchia, mettiamo un limite alle ipocrisie. “Although Turkey is a vital member of Nato, it is increasingly  an outlier in the alliance, wich was fonde on democratic values” un editoriale del New York Times del 18 aprile ricorda come la Turchia, nonostante sia un membro fondamentale della Nato, stia diventando un’anomalia in un’alleanza fondata sul rispetto dei valori democratici. Non si possono certo sottovalutare alcuni elementi gravemente negativi della leadership di Recep Tayyip Erdogan, non si può neanche però eccedere in ipocrisie: il sistema kemalista pre-edorganiano prevedeva una protezione da parte dell’esercito sulla democrazia turca in parte per contenere ritorni di integralismo islamico. Una scelta forse inevitabile ma con qualche contraddizione rispetto a puri “valori democratici”. In questo senso è necessario ragionare in modo assai articolato su come si voglia costruire un mondo post guerra fredda senza più il fattore disciplinante del pericolo sovietico.