Referendum: 10 “distruzioni per l’uso” al giorno (martedì 22 novembre)
22 Novembre 2016
Nuova puntata della nostra rubrica quotidiana per dire NO al referendum e al pasticcetto costituzionale Renzi-Boschi-Alfano-Verdini.
1) Da radical chic a radical suk. “Novanta star italiane del mondo della cultura, dello spettacolo e dello sport hanno firmato un appello a sostegno del Sì al referendum costituzionale del 4 dicembre” informa una nota di Today, sito di informazioni su Internet. Alcuni maliziosi osservatori ritengono che certe adesioni siano frutto di “investimenti” governativi, insomma alcuni intellettuali da radical chic sarebbero diventati radical suk.
2) Quei presidenti che dopo avere tanto sbagliato, si dedicano anche alle lezioncine al successore. “Us presidente wrapped up his final official trip abroad with a call for his successor Donald Trump to live up to America’s responsabilitieis as ‘indispensable nation’ in the world” così scrivono Shawn Donnan e Andrea Schipani. Di fronte a presidenti che tanto hanno sbagliato e tanti guai hanno provocato alla loro nazione sia Oltreatlantico sia dalle nostre parti e che nonostante ciò, anche usciti di scena, continuano a dare lezioncine, è forte la nostalgia per capi dello Stato capaci di uscire di scena con intelligenza ed eleganza. Per fare nomi: un Giuseppe Saragat in Italia, un George W. Bush negli Stati Uniti.
3) Sfacciataggini off limits. “Un’altra grave anomalia è quella della decretazione d’urgenza” scrivono sul Corriere della Sera Peppino Calderisi e Fabrizio Cicchito. Che due sostenitori “senza se e senza ma” del governo Renzi se la prendano con la decretazione d’urgenza è come se Barbablu si mettesse alla testa di un comitato contro il femminicidio.
4) La rotta dei semplificatori. “Tra i rischi che l’Europa può correre nei prossimi mesi c’è la possibilità che si vada a radicalizzare un’altra forma di populismo che potrebbe nascondersi dietro alla retorica del no all’austerità” scrive Claudio Cerasa sul Foglio. Brutti tempi per i semplificatori: rètori del contrasto alla mortifera austerità tedesca erano sino a qualche settimana fa Barack Obama e Matteo Renzi, come da cronache della famosa cena alla Casa Bianca pre-Trump. Utile anche ascoltare un liberista almeno intelligente come Luigi Zingales: quel che molti chiamiamo populismo è solo la democrazia. E infine riflettere sul fatto che tranne la Germania “egemone”, i paesi europei che crescono di più (dalla Gran Bretagna fino alla Polonia) sono quelli fuori dall’euro.
5) Il tradimento dei mercati. “Wall Street ai massimi. Milano frenata dalle banche” così il titolo d’apertura del Sole 24 ore. Vatti a fidare dei mercati, sembravano così fedeli alleati della battaglia innovatrice di #BastaunSì e invece il populista fa esplodere le borse, mentre i gioiellini dei grandi riformatori riuniti intorno alla cricca di Rignano (e anche Arezzo e Siena) precipitano.
6) Quando #BastaunSì per diventare carogne. “Può un presidente del Consiglio incarognirsi a tal punto per le critiche e le notizie pubblicate, da pretendere la testa del direttore che le ha pubblicate” così si chiede Maurizio Belpietro su Prima Comunicazione. Certo che può. #BastaunSì.
7) La ritrosia di quello statista di Renzi. “Il referendum è sulla riforma della Costituzione, non su Renzi” dice Lorenzo Guerini sul Corriere della Sera. Ed è per questo motivo, per l’estrema sensibilità con cui separa il suo ruolo di guida dell’esecutivo da una battaglia istituzionale che lo stile vorrebbe fosse separata dal lavoro del governo, che il presidente del Consiglio è così restio a buttarsi nella mischia, così sobrio nelle dichiarazioni, così alieno dall’apparire, per affrontare temi costituzionali, su tutte le televisioni del creato.
8) I nuovi Edoardo VIII pro Merkel. “Angela Merkel is Europe’s last leader standing” scrive Philip Stephens sul Financial Times. Una tendenza filotedesca è sempre stata minoritaria ma è sempre esistita nella politica inglese. Un re, Edoardo VIII, dovette persino dimettersi per questo motivo.
9) Ma quei cafoni come si permettono di votare? “Se a votare il 4 dicembre fossero solo i manager e grandi banche d’affari Matteo Renzi potrebbe dormire tra due guanciali” scrive Ettore Livini sulla Repubblica. E invece ci sono quei cafoni del Sud, le casalinghe di Voghera, i taxisti milanesi, gli operai di Treviso e così via, insomma tutta la plebaglia che vota No. Quella mente, che diventa più lucida ogni giorno che passa, di Fabrizio Rondolino, ha iniziato a porre la questione centrale: ma come si fa andare avanti con il suffragio universale?
10) Alé! Si torna vergini, d’ora in poi nessun inciucio. “Se perdo nessun inciucio” così la Repubblica riporta una dichiarazione di Matteo Renzi. Si cambia vita? Nessun intrighino con Denis? Nessun mercatino delle vacche con Angelino? Nessun trucchetto al povero Gianni Cuperlo? Nessuna intimidazione, ricatto, pressione ai media? Il lupetto mannaro diverrà un angioletto mannaro o un lupetto angiolesco?