Referendum: 10 “distruzioni per l’uso” al giorno (martedì 25 ottobre)

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Referendum: 10 “distruzioni per l’uso” al giorno (martedì 25 ottobre)

25 Ottobre 2016

Seconda puntata di “10 distruzioni per l’uso al giorno”, la nostra rubrica sul referendum costituzionale e su perché diciamo NO alla riforma Renzi-Alfano-Verdini. 

1) Viva gli anziani! Corrado Augias, nella sua rubrica di dialogo con i lettori sulla Repubblica, incalza con argomenti incisivi le infelici dichiarazioni di Massimo D’Alema contro gli anziani che non capirebbero la materia del contendere del referendum del 4 dicembre. Poi però Augias conclude le sue argomentazioni scrivendo che il pasticcetto Boschi consentirebbe “una riforma che, per la prima volta, potrebbe far funzionare davvero la democrazia parlamentare”. Leggiamo due o tre volte la frase, poi per curiosità andiamo a guardare l’anno di nascita di Augias (1935). E ci chiediamo: ma perché dopo avere inchiodato così magistralmente il perfido ex leader del Pci, lo si vuole rimettere in gioco?

2) A volte, nel loro piccolo, anche i napolitaniani, si incazzano. “Grillini in doppio petto” così Stefano Folli giudica sulla Repubblica parecchi comportamenti di Matteo Renzi e dei suoi fan.

3) Regioni Sì, Regioni No, Regioni forse. “La eliminazione della disparità fra le Regioni italiane sarà possibile soltanto se e quando riusciremo a convocare e un’Assemblea costituente”. Così scrive Sergio Romano nella sua rubrica di risposte ai lettori sul Corriere della Sera. Perfetto: e l’unica via possibile per aprire la strada a un’Assemblea costituente è votare No a un referendum che tra l’altro se passasse ci darebbe un Senato in gran parte formato da Regioni che non si sa più che cosa devono essere.

4) E ora rimettiamo il dentifricio nel tubetto. “Ha riconosciuto alcuni errori iniziali nell’avviare la campagna” Scrive Giovanni Guzzetta in una lettera al Foglio alludendo a Renzi che non vorrebbe più che il referendum fosse un voto sulla sua persona. Ma veramente? E’ per questo obiettivo che manda solo i Fusaro e i Ceccanti in televisione, per avere un dialogo sulle nuove regole invece che sulla sua persona, per questo motivo è così assente dallo scontro, tutto concentrato com’è su economia e sicurezza, e rifugge da qualsiasi manovra demagogica? Per evitare di inquinare il dibattito sulle riforme costituzionali? In realtà siamo di fronte un tipico plebiscito su una personalità che si pone come garante per un’intera prossima fase politica. Solo che invece siamo nelle mani di Charles de Gaulle, che innanzi tutto prima di cambiare la Costituzione fece sciogliere il Parlamento per avere un vero e certo mandato popolare, siamo di uno che si arrabatta tra gli Alfano e i Verdini, tra i Boccia e i Carrai. Talvolta finisce per essere inevitabile avere un uomo solo al comando. L’uomo sòla invece  andrebbe evitato sempre.

5) Rischi. Deborah Bergamini sul Giornale dice che ci sono in Italia rischi di deriva autoritaria. Ho qualche perplessità. Per essere autoritari, si deve essere comunque anche un po’ autorevoli: e in questo senso non si colgono segnali. Il pasticetto Boschi non determina una svolta autoritaria della nostra democrazia ma la degrada ulteriormente, disgrega uno Stato già provato e proprio nel momento in cui gli Stati nazionali tornano a giocare un ruolo anche nella sbandata Europa. No, non vedo eterni Colli di Roma che traccino i nostri destini, piuttosto un bel ritorno a quando eravamo una pura espressione geografica (copyright Metternich).

6) L’amico americano. E’ evidente come solo gli Stati Uniti siano la potenza che può garantire uno sviluppo democratico di questo nostro mondo. Ma ci si può affidare alla guida di Washington con ilare spensieratezza, concentrandosi essenzialmente sui cotillons da usare nei vertici più fraterni? Leggendo Gideon Raichmann sul Financial Times nel suo articolo “America’s grip on the Pacific loosenes”, sul come gli americani hanno perso un alleato strategico (e così favorito) come le Filippine nella zona del mondo su cui più avevano investito e dove erano riusciti a far passare anche un trattato di libero scambio, ci si rende conto come andremo incontro, anche se sarà eletta Hillary Clinton, a un periodo veramente difficile. In cui il nostro problema essenziale sarà avere una sia pur relativa sovranità (che viene sono da una nuova Assemblea costituente e quindi dal votare No al referendum del 4) e non da una purchessia governabilità (come offerta dal pasticcetto Boschi).

7) il post 4 dicembre. Un paper, pubblicato su Formiche, per la London School of Economics, di Lorenzo Codogno, già capo economista del Ministero dell’Economia e tra i tanti scappati o epurati da Renzi, prevede alcuni rischi in caso di vittoria del No al referendum, soprattutto l’emergere di una qualche forte preoccupazione per l’impotenza a decidere che si potrebbe determinare. Peraltro le bufale sulle previsioni di catastrofe da Brexit rendono tutte le persone serie assai prudenti. E in questo senso vanno lette con attenzione anche le numerose autocritiche apparse sul Financial Times. Però gli inviti alla cautela, a studiare percorsi di transizione che mettano in sicurezza lo Stato qualunque scelta faccia il suo popolo, sono particolarmente importanti. La campagna demagogica all’Achille Lauro di Renzi rende difficili aperture politiche in questa fase, anche se le tante Theresa May che albergano nel governo mandano costantemente segnali costruttivi. Ci sarebbe bisogno di forze terze che aiutassero il processo di un’eventuale transizione: in parte il Corriere della Sera svolge un ruolo in questa direzione. E’ un peccato che un’organizzazione che avrebbe potuto avere un peso in questa realtà, cioè la Confindustria, sia diventata un’agenzia di esclusiva propaganda renzista. Però, d’altro verso, non è detto che la presidenza Boccia duri proprio tutto il suo mandato.

8) L’avvenire della sinistra. Eugenio Cau scrive sul Foglio che “le sinistre funzionano solo se accettano di fare le destre”. Piccolo elenco di alcun delle sinistre che con politiche di destra sono risultate estremamente vittoriose: Spd che presto scenderà sotto il 20%, François Hollande che è arrivato al 13 % di gradimento dell’elettorato francese, il Pasok che è passato in pochi anni dal 35 al 3,5 %. D’altra parte la “supercazzola bitumata, ha lo scappellamento a destra” e quindi non puoi che votare Sì.

9) Se vince il No non cambia niente. Luciano Violante usa l’unico argomento rimasto ai difensori del pasticcetto Boschi: meglio schifosetto che niente, invece con il No tutto resta come prima. E’ un’evidente insensatezza. Con la vittoria del No si chiude la fase 2011, quella dei governi dall’alto, delle riformette-pasticcetto e così via. Se vince il No cambierà sicuramente tutto lo scenario. In meglio? Questo non si può deciderlo prima. Comunque non in peggio perché far contare il popolo (guardate la Spagna, la Grecia, la Gran Bretagna) risana sempre le democrazie, e anche gli eventuali sacrifici necessari (vedi Atene) vengono fatti in piedi e non in ginocchio.

10) Daje a D’Alema! “Quanto è nervoso D’Alema davanti a un piatto di agnolotti” scrive Giuliano Ferrara sul Foglio. Bei tempi quando i linciaggi anche solo virtuali, tipo lancio di monetine, ci facevano schifo.