Referendum: 10 “distruzioni per l’uso” al giorno (martedì 29 novembre)

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Referendum: 10 “distruzioni per l’uso” al giorno (martedì 29 novembre)

29 Novembre 2016

Nuova puntata della nostra rubrica quotidiana sul NO al referendum e al pasticcio costituzionale Renzi-Boschi-Alfano-Verdini.

1) Le riforme di don Matteo delle Mance nonché chicagoan blackmailer. “L’uso trasparente ed efficiente del denaro pubblico” scrive Elena Cattaneo sulla Repubblica commentando alcune imprese del governo Renzi. La Cattaneo è una superba scienziata, assai rompiballe, con alcune posizioni ultrascientiste sulla bioetica che non condivido. Come tutte le studiose di fama internazionale non è facilmente condizionabile e quindi non ha problemi a fare le pulci al nostro lupetto mannaro. Un premier che -come dice sul Giornale Massimo Blasoni, uomo di impresa estraneo al circolo familistico pro Renzi dei Boccia e degli Abete – preferisce distribuire bonus che fare vere riforme, il don Matteo delle Mance. Un politico che ha fatto una campagna elettorale che avrebbe suscitato l’invidia di Juan Domingo Peròn. Nonché fervido seguace della scuola politica di Chicago, non quella liberista, quell’altra, tutta concentrata sui ricatti ben richiamati dall’Economist. Sinceri riformisti come Angelo Panebianco e Roberto D’Alimonte si stracciano le vesti perché non si appoggiano i passi in avanti nell’innovazione delle istituzioni. Dovrebbero ben riflettere su quanto queste più o meno pasticciate innovazioni favoriscano il clima di mance e di ricatti che osservatori spesso già simpatizzanti  per la “freschezza renzista” non mancano di avvertire ogni giorno.

2) Le banche affondano le Borse ad maiorem gloriam renziana. “Le banche piegano le Borse/ Mps – 13,8%, via alla conversione” così un titolo del Sole 24 ore. Il quotidiano confindustriale per la sua specifica natura di osservatore economico, non può non dire la verità – al contrario di quei media che usano il caso in questione per far propaganda al Sì – sui processi finanziari in corso in Italia, guidati dalla crisi di un sistema bancario che il governo del lupetto mannaro non ha saputo contrastare adeguatamente tutto impegnato come era a distribuire mance, a ricattare questo o quel media, a organizzare un plebiscito sulla persona del premier, a privilegiare lo  sforzo di costruire cricche su quello di risolvere i nodi dell’economia italiana. Non saremmo a questo punto se si fosse votato il 2 ottobre invece di trascinare i tempi fino al 4 dicembre, se si fosse governato invece di vendere pentole pro Sì, se si fosse trattata una materia di riforma istituzionale con lo stile da uomo di Stato che fu di un Alcide De Gasperi.

3) Poco legittimato come un “tecnico” ma neanche competente. “Nemmeno lui è stato eletto” dice Lamberto Dini alla Repubblica. Non solo non è stato indicato dagli elettori, non solo la sua maggioranza ha legittimità formale ma scarsissima legittimità politica, non solo la base della sua forza poggia sull’estero (su grand commis legati agli Stati Uniti come Mario Draghi e Raffaele Cantone, e politicamente oscilla freneticamente tra una Merkel e un Obama e ora persino un Trump) esattamente come un presidente tecnico, ma non ha neanche le competenze di un Dini o di un Letta.

4) Chi si tura proprio tutto per votare Sì. “Mi è cresciuta dentro una rabbia. Verso Renzi” dice Arturo Parisi alla Repubblica.

5) Simil europeo tanto quanto simil De Gasperi. “L’eterna illusione di una legge elettorale simil-europea” scrive Fabrizio Rondolino sull’Unità. L’Italicum (quella che Wolfagang Münchau  definisce sul Financial Times una “law” che conferisce al premier  “powers quasi-dictatorial”) è una legge simil europea tanto quanto il nostro lupetto mannaro è uno statista simil De Gasperi.

6) Difetti da eccesso di memoria storica. “In Francia c’è tutta una tendenza filo russa” dice Daniel Cohn-Bendit. E’ quella maledetta persistenza della storia che fa preferire a quei pigroni di nostri cugini d’Oltralpe il ricordo di Stalingrado a quello di Sedan o di Dunkerque.

7) Primato della politica che viene e che va. “Nel variegato fronte del No esiste un tratto culturale preciso che coincide con un progetto politico facilmente sintetizzabile: il no al primato della politica” scrive Claudio Cerasa sul Foglio. Ecco un’analisi che mi pare sintetizzabile con un aggettivo: “strampalata”. Non condividevo l’analisi di un certo Cerasa Claudio che per mesi ce l’ha menata sul fatto che ormai la globalizzazione imponeva una supremazia dei poteri neutri con annesse ammucchiate centriste a loro protezione e ripetute giustificazioni dei vari Monti, Letta e poi Renzi che si adeguavano a questa impostazione, era un’analisi che arrivava a conclusioni tristi ma almeno era cinicamente concreta.

8) Lupetto e pasticcetto: voti 1 No e ti liberi di tutti e 2. “Ed è persino possibile che vi siano cittadini inceneriti come reprobi dalle saette del presidente del Consiglio e che tutta via non pensano, anche in caso di vittoria del No, egli dovrebbe lasciare” scrive Mario Monti sul Corriere della Sera. In qualche portacenere magari si troverà qualche Monti che non vuole che il lupetto mannaro lasci. In generale il Leave di Renzi è però maggioritario tra i noisti.

9) La stabilità di un frenetico o la frenesia di uno stabile. “La posta in gioco ha un nome: la stabilità”, così Gianluca Vacchi su Huffington Post. Ma come, mi passi tutta l’estate ad ancheggiare come una puttana di periferia, non stai mai fermo come solo certi sbirulini da discoteca, giri come una trottola derviscia e poi mi dici che il massimo valore è la stabilità come se fossi un ragioniere impegnato nel ballo della mattonella?

10) Col No c’è almeno una cavalletta a rischio. “Non ci saranno le cavallette. In caso di vittoria del Sì ci sarà un sistema più semplice e che funziona, se vincerà il No non cambierà nulla”, così Libero riporta una dichiarazione di Matteo Renzi. Se vince il No non cambia niente? Così a occhio credo che una certa cavalletta conterà molto meno.