Referendum: 10 “distruzioni per l’uso” al giorno (mercoledì 16 novembre)

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Referendum: 10 “distruzioni per l’uso” al giorno (mercoledì 16 novembre)

16 Novembre 2016

Nuova puntata della nostra rubrica sul NO al referendum e alla riforma Renzi-Boschi-Alfano-Verdini.

1) Ci consenta, Cavaliere. “Ma ci tengo a dire che da parte mia non c’è stato alcun intervento per produrre ciò che è accaduto,” così dice Silvio Berlusconi a Rtl 102.5. Nel caso, il nostro si riferisce alla caduta del sindaco di Padova, però mi pare un’osservazione che abbia un valore più generale. E comunque sia, mi pare sempre abbastanza utile astenersi “da alcun intervento per produrre ciò che è accaduto”.

2) Buscar el levante por el poniente. “A Parisi ora converrebbe sostenere la destra che dice Sì”, così un titolo del Foglio. E lo stesso concetto è ribadito da Francesco Verderami sul Corriere della Sera. Se si apprezza che uno di centrodestra faccia il ministro degli Interni di un governo di centrosinistra, se si considera furbissimo – essendo il leader del partito della sinistra – presentarsi come il vero interprete di Trump in Italia e in Europa. È perfettamente logico e coerente suggerire a chi vuole rigenerare il centrodestra di andare contro i sentimenti largamente maggioritari del proprio popolo.

3) La coerenza di Pera. “Salvini cerca veramente lo strappo e lo fa nel momento di maggior difficoltà di Berlusconi. Il leader leghista si dimostra un bravo tattico molto spregiudicato”. Marcello Pera sull’Unità prosegue la sua campagna per BastaunSì. Siamo di fronte a un intellettuale colto e autorevole (insomma non un Sandro Bondi), già buon presidente del Senato e protagonista di una sacrosanta battaglia per la riforma della giustizia. Ora è convinto che il pasticcetto Boschi (che pure giudica molto aggrovigliato) sia un passo in avanti. I suoi argomenti non mi convincono ma ne colgo la coerenza. Quello che mi chiedo è perché Pera voglia sporcarli presentandosi come uno che si distingue da Berlusconi essenzialmente per questo motivo. L’ex senatore ha rotto con Forza Italia perché Denis Verdini (che oggi vota Sì) non lo faceva contare in Toscana e perché qualche “ruiniano” come lui (anche questi vota Sì), s’ingelosì dei suoi rapporti con Cl e lo mise in cattiva luce con il patron di Mediaset. Se Pera avesse il coraggio di spiegare che non ha scelto una rottura da Berlusconi per il referendum, ma il distacco era avvenuto prima, non so se sarebbe più convincente. Comunque sarebbe più onesto.

4) Lo spirito costituente del No. “Ed è rispetto a una simile prospettiva, verticistica e riduttiva delle capacità democratiche della Costituzione, che ha iniziato a prendere forma l’effetto certamente paradossale e indiretto provocato dalla riforma Renzi-Boschi. I cittadini hanno cominciato a non fidarsi più della propaganda governativa impartita a reti unificate. Hanno cominciato a uscire di casa, a incontrarsi, a dialogare, a confrontarsi. Le precedenti barriere divisive sono state progressivamente vinte (un tempo si diceva: “quasi senza accorgersene”) da una nuova esigenza di comprensione e di partecipazione. Negli incontri pubblici, variamente convocati da movimenti civici, comitati spontanei, ordini professionali, sindacati e organizzazioni di partito, i dibattiti sono proseguiti ben oltre l’orario stabilito. Le domande hanno riguardato i fondamenti del vivere civile, le modalità dello stare insieme, le ragioni di speranza verso il futuro e, dunque, il destino delle istituzioni. Senza volerlo ha preso inizio quanto aveva preconizzato il presidente Mattarella allo scorso Meeting di Rimini: ‘Il nostro Paese ha bisogno di rinnovato entusiasmo, di fraternità, di curiosità per l’altro, di voglia per il futuro, del coraggio di misurarsi con le nuove sfide che abbiamo di fronte’. Una nuova trasversalità, questa volta consapevole e non più mercenaria, si è posta e imposta autonomamente quale soggetto politico informale e decisivo. Con tutte le necessarie differenziazioni storiche, il fenomeno tratteggiato presenta sorprendenti analogie con le dinamiche precostituzionali del periodo del Cln, le quali aprirono la via alla successiva fase costituente. Anche allora, come ora, da una resistenza (ovviamente ben più drammatica) a un disegno politico ritenuto avverso alle esigenze nazionali, sorse e si realizzò una riaggregazione politica prima impensabile; si compì una convergenza fra parti profondamente diverse (comunisti, cattolici e azionisti), il cui confronto fu poi coronato dal successivo “compromesso” costituzionale. Del resto, se le costituzioni nascono da un compromesso, bisogna anche dire che il compromesso si stipula tra forze avverse e non già contigue”. Questa meravigliosa analisi dello spirito che sta prendendo piede nella campagna del No è di Vincenza Tondi della Mura sul Sussidiario, me l’ero persa e l’ho recuperata solo grazie a una segnalazione di Luca Antonini su Facebook. Molto interessante anche la disamina di Tondi dello spirito essenziale del pasticcetto Boschi: “Il disegno riformatore al vaglio referendario. Il modello di governo Renzi-Boschi ha origini lontane (si pensi alla celebre lettera inviata nell’agosto 2011 dalla Bce all’Italia a firma di Draghi e Trichet). Esso è volto a costituzionalizzare un meccanismo governativo proprio dello stato di crisi; è incentrato su un sistema di risposta all’emergenza economica, che libera l’esecutivo da tutti quei filtri di riflessione politica e ponderazione degli interessi (il ruolo compromissiorio del Parlamento), oltreché di valutazione territoriale (l’apporto corresponsabile delle Regioni e degli enti locali), che sono propri della democrazia parlamentare e territoriale”.  Partendo da queste analisi forse sarà proprio possibile con un piccolo No riaprire una grande e vera strada costituente per l’Italia.

5) Abbasso i muri. “Con i nostri soldi non si alzano muri” così la Repubblica riporta un’affermazione di Matteo Renzi. Già finita la fase trumpiana? Renzi ovvero sia “l’espace d’un matin”.

6) Che la legge sulla Ludopatia fermi il nostro presidente del Consiglio! “Alza la posta. Anche a costo di tracimare nell’azzardo”, scrive Claudio Tito sulla Repubblica parlando di Matteo Renzi. Tracimasse solo lui, la cosa non sarebbe così grave come far tracimare un’intera nazione e tentare di trascinarsi dietro anche l’Europa. Non c’è un comma della legge sulla Ludopatia per fermarlo?

7) Ave sindaco. “Con la richiesta dei militari nelle zone a rischio, il sindaco Beppe Sala ha infranto un tabù della sinistra” scrive Giacomo Schiavi sul Corriere della Sera. Il fatto è che il Beppe, come il suo amichetto Matteo, se un Jim Messina glielo consigliasse proporrebbero anche il saluto romano nelle cerimonie ufficiali.

8) E la bandiera dei tre colori è sempre stata la più bella. “La bandiera europea è presente in tutte le nostre iniziative e in tutti i nostri uffici. Quella era solo una chiacchierata informale su Internet” dice (sembra proprio imbarazzatissimo) Gozi al Corriere della Sera. Insomma la direttiva Ciampi sulla bandiera europea vale per tutti gli esponenti della Repubblica. Mentre per il chiacchierone vale la direttiva Jim Messina.

9) Basta Yalta, si torna al Barbarossa? “Sulla Russia credo che Trump pensi a una Yalta 2.0” dice Joschka Fischer sul Corriere della Sera. Sarebbe meglio invece puntare su una nuova Beresina o magari su un’operazione Barbarossa?

10) Quegli inizi del XX secolo. “Gli anni all’inizio del XX secolo in cui le nazioni europee hanno privilegiato le divisioni si sono chiusi nel sangue” così la Repubblica riporta una affermazione di Barack Obama. In realtà la storia è un po’ più complicata. Tra la fine del XIX secolo e il XX si era diffusa la convinzione che avanzasse un’era di progresso inarrestabile, che la globalizzazione avrebbe risolto quei problemi che un tempo si affrontavano con noiosate tipo il congresso Vienna, che le crisette balcaniche (tipo quelle ucraine di oggi) al massimo avrebbero prodotto qualche conflittino con durata non superiore a pochi mesi, come le guerre franco-prussiane, che quei populisti di cattolici e socialisti dovevano stare la loro posto per non intralciare classi dirigenti illuminate che sapevano che cosa fare. Per guardare alle nostre parti, ai Giolitti che volevano allargare le basi del nostro Stato, si contrapponevano i tanti fautori dei pasticcetti Boschi dell’epoca.

11) C’è chi si crede Napoleone e chi de Gaulle. “Quando si parla di Costituzione i banchi del governo dovrebbero essere vuoti, diceva Calamandrei” così Pier Luigi Bersani risponde a un’intervista sul Sussidiario. Di fatto uno dei guasti più gravi provocati da Matteo Renzi è stato mischiare la sua azione di governo alla riforma della Costituzione, arrivando alla fine per paura di perdere a spostare il referendum dal 2 ottobre al 4 dicembre, determinando così una finanziaria piena di mance (la finanziaria di Jim Messina), litigando con tutta Europa (l’Europa di Jim Messina), e rifugiandosi sotto l’ala protettiva dell’americano sbagliato. Bersani dice che avere preso il 40% alle europee gli ha fatto perdere la testa. Si credeva de Gaulle? Ma Rignano non è Colombey, e essere stato capo delle forze di Liberazione è diverso dall’avere guidato i lupetti, sia pure mannari.