Referendum: 10 “distruzioni per l’uso” al giorno (venerdì 25 novembre)
25 Novembre 2016
Nuova puntata della nostra rubrica sul NO al referendum e al pasticcetto costituzionale Renzi-Boschi-Alfano-Verdini.
1) Il renzismo, l’Economist e l’era post Trump. “Secondo l’Economist, l’Italia dovrebbe votare NO al referendum. In un lungo articolo pubblicato oggi, si spiega perché il Paese abbia bisogno di ampie riforme, solo non quelle attualmente in discussione. L’articolo critica Renzi, sostenendo che abbia già sprecato due anni che sarebbero stati meglio impiegati mettendo mano al sistema giudiziario e a quello scolastico” così Marina Palumbo sulla Stampa. Molte cose scritte sull’Economist sono sacrosante in sé: senza dubbio è scellerato un primo ministro che invece di occuparsi dei tanti guai della nostra nazione (avete presente le nostre banche?), fa il venditore di pentole pro Sì ormai da maggio. E’ ripugnante poi per osservatori di cultura anglosassone il metodo del ricatto (come scrivono) così ampiamente usato dal nostro lupetto mannaro. Senza dubbio va ricordato anche come il noto settimanale sia stufo di non beccarne più una (dalla Brexit a Trump) e questa volta punti sul vero favorito. Infine non vanno scordati i legami sempre del noto settimanale anche via proprietà con l’Italia, che trasmettono un’arietta post Trump a certe posizioni e che magari disegnano rapidi ricollocamenti suscitando così tra l’altro grandi pianti dei cocchi di Barack Obama (il rapido e forse controcorrente, rispetto “alla proprietà”, “io sto con Renzi” di Sergio Marchionne farebbe pensare a simili scenari).
2) Bicameralismi e Pera, perfetti ed imperfetti. “Il bicameralismo perfetto che è l’unico del cosmo”, scrive Marcello Pera sul Sole 24 ore. Le argomentazioni dell’ex presidente del Senato sono tutte all’altezza di questa affermazione (la Costituzione italiana sarebbe l’unica al mondo che prevede un bicameralismo perfetto) che si scorda l’esistenza di un paesino dove esiste un assetto istituzionale assolutamente del tipo nostro considerato invece “l’unico del cosmo”. Comprendiamo che la cosa sia potuta sfuggire a un intellettuale pur di vaglia, ci si riferisce infatti a una realtà secondaria: gli Stati Uniti d’America.
3) Si possono cambiare le proprie idee, ma con stile. “Il settimanale portavoce degli interessi dei mercati non può che avere un suo interesse specifico nel difendere un sistema istituzionale in cui il primato della politica è un’utopia” scrive Claudio Cerasa sul Foglio. Dopo mesi spesi a spiegare che il problema è correlarsi agli interessi dei mercati perché questi sono i veri risolutori dei problemi economico-sociali, dopo paginate e paginate a spiegare che il primato della politica è obsoleto in una realtà globale dove dovranno contare soprattutto le autorità terze, improvvisamente ci si sveglia, si denuncia il complotto dei mercati e si assume una posizione da presidente Mao: la politica al primo posto. Cambiare idea è una cosa da persone intelligenti, si tratterebbe però di evitare di diventare ridicoli.
4) Vade retro villico! “Le città forniscono anticorpi contro i demagoghi e le loro lusinghe” scrive Beppe Severgnini sul Corriere della Sera. Dietro alla sua frangetta il nostro studia piani diabolicamente efficaci per evitargli nuove figuracce tipo le sue previsioni sulla marginalità di Trump. Per esempio: togliere il voto ai contadini.
5) Maledetti, si parlano tra loro. “Un sistema dell’informazione e di interscambio delle opinioni ormai dominato dalle reti social anziché dai media”, scrive Massimo Gaggi. Disperato per le vittorie delle Brexit, dei Trump e da quella probabile del No, l’ottima firma corrierirsta se ne esce con una imprecazione sostanzialmente di questo tipo: “Maledetti puzzoni, analfabeti! Parlano tra di loro!”
6) Je ne sui pas Montì. “Con il No ci sarà una nuova soluzione ‘alla Monti’”, dice Matteo Renzi alla Repubblica. Che cosa intende? Un nuovo presidente eletto senza un vero mandato dei cittadini e magari neanche parlamentare, sostenuto formalmente da maggioranze trasformistiche ma sostanzialmente da “autorità neutre” ben collegate innanzi tutto agli Stati Uniti tipo Mario Draghi e Raffaele Cantone?
7) Non è che la Boschi sia cattiva. “Solo il Partito democratico consente ad altri quello che noi consentiamo”, così Ilaria Bonaccorsi riporta su Left una frase di Maria Elena Boschi a Zurigo. Secondo l’esponente della sinistra radicale, redattrice di Left, la Boschi riterrebbe di essere speciale perché “consente” “ai poveracci come noi di intervenire ai dibattiti”. “Consente” la democrazia dunque. Evidentemente questo è il suo concetto di democrazia. Una concessione. Dall’alto. “Non è cattiva, lo ripeto spesso in redazione scherzando, è che proprio la democrazia non la capisce, troppo faticosa, troppo lenta” commenta ancora la Bonaccorsi. Che aggiungere?
8) Che se ne stiano al loro posto ‘sti ‘damnés de la terre’. “Il punto fondamentale del voto del 4 dicembre sta tutto qui: da una parte l’accozzaglia che mai e poi mai sarà capace di offrire un governo al Paese, dall’altra il governo del Paese”, Fabrizio Rondolino sull’Unità spiega come il 4 dicembre si voti sul governo. Benissimo l’unico avvertimento è nel non esagerare nel distribuire titoli come “accozzaglie”, “depolarables”. Non che non sia elegante. E che non spieghi con precisione che all’esibizione delle supreme arroganze #BastaunSì. Rondolino però dovrebbe ricordarsi di venire da una tradizione che sa bene come a un certo punto “les damnés de la terre” possano incazzarsi di brutto.
9) C’è anche il momento dell’ascolto. “La politica studia le tecniche di comunicazione? E le tecniche di ascolto?”, scrive Michele Serra sulla Repubblica. Come tutti noi che ci avviamo verso i settanta anche Serra deve essere stato avvicinato da quelli di Amplifon e tiene a farcelo sapere.
10) Dagli amici mi guardo io, ma da Renzi? “Solo essersi agganciato a quelli di JpMorgan nella partita Montepaschi gli ha consentito di tenersi aperto un minimo canale di comunicazione. Anche perché Nagel contemporaneamente ha lavorato su un altro fronte, quello del rapporto con Vincent Bollorè, che per sua disgrazia lo ha messo in cattiva luce con il vendicativo e rancoroso inquilino di Palazzo Chigi”, così su Lettera 43 sotto lo pseudonimo di Occhio di lince si prendono le misure all’amministratore delegato di Mediobanca. Se su un sito Internet molto amico (e molto informato sui suoi arcana imperi) del renzismo, si descrive un presidente del Consiglio così vendicativo e rancoroso, chissà come deve essere davvero.