Referendum: 10 “distruzioni per l’uso” al giorno (venerdì 28 ottobre)
28 Ottobre 2016
Quinta puntata* della nostra rubrica quotidiana sul referendum costituzionale e su perché diciamo NO alla riforma Renzi-Alfano-Verdini.
1) Viva il change! “If Trump wins it will be an amazing moment of change” scrive Camille Paglia su The Spectator. Si può essere pro o contro Trump, pro o contro il pasticcetto Boschi, la categoria però del “change”, del “cambiare” “sopra tutto e tutti” andrebbe trattata con il massimo della delicatezza e della razionalità. La storia ci insegna che si cambia anche in peggio.
2) Repubblichini al lavoro. “Stefano Parisi è su un binario morto”, scrive Carlo Cattaneo su Lettera 43. C’è un vasto arcipelago di media e siti storicamente interlocutori (quando non promotori) del centrodestra che grazie anche ai sistemi ben pervasivi di Matteo Renzi lavora per disgregare qualsiasi alternativa moderata-conservatrice alla linea del partito della Nazione e per far passare quello che dovrebbe essere il suo atto costitutivo: la vittoria del Sì al referendum. Se la barra della campagna referendaria è in mano ai Republicones, cioè al giornale di Largo Fochetti, i lavori di incursione corsara su possibili fronti pericolosi sono affidati a quelli che affettuosamente possiamo chiamare i Repubblichini (l’arcipelago dei media di cui si scriveva) che in queste settimane hanno sostenuto come Silvio Berlusconi e Parisi fossero in realtà per il Sì. Smentiti con nettezza, ora scrivono che una persona influente in ambienti moderati come il presidente di Chili, non conta più niente. D’altro verso cercano di spiegare anche (il metodo è un po’ quello di Tecoppa: se ti muovi come faccio a infilzarti?) che gli unici sostenitori del No rispettabili siano quelli che non vogliono toccare la Costituzione, deformando peraltro le posizioni di uno come Ciriaco De Mita che dagli anni Ottanta cerca una via pur fondata sul parlamentarismo per cambiare la Costituzione. Certamente la cerca, peraltro, con un metodo sistemico e condiviso che fa a pugni con lo stile Boschi-Renzi.
3) Stile suk. “Massima disponibilità” sull’Italicum, dice Matteo Renzi al Sole 24 ore. A circa quaranta giorni dal giudizio del popolo sovrano sul renziano approccio alle riforme delle istituzioni, il presidente del Consiglio è li che pasticcia su quello che era fino a qualche ora fa “il miglior metodo elettorale del mondo” per recuperare l’appoggio di un qualche Cuperlo. Da giovani abbiamo molto vantato il metodo costituente del ‘46, la paziente ricerca di condivisione tra fronti assai contrapposti, l’idea di riforme istituzionali sistemiche e non a patchwork, la separazione tra riflessione sullo Stato di tutti e lotta politica contingente. Nella seconda parte della nostra vita abbiamo rivalutato la grandeur plebiscitaria gollista capace di offrire a una nazione divisa una grande, bella e soprattutto chiara Costituzione (di cui pur oggi si colgono alcuni limiti). Non credo che mai, anche nei livelli più alti di rinconcoglionimento che forse ci aspettano se invecchieremo adeguatamente, potremo apprezzare lo stile suk del nostro capo lupetti di Rignano.
4) Dibattiti accesi. “L’acceso dibattito in corso nel Paese sul referendum sta oscurando l’ambizioso programma legislativo del governo”, scrive Sabino Cassese sul Corriere della Sera. Pur cercando di non oscurare niente, un problema è che in molti c’è la sensazione che “l’ambizioso programma legislativo del governo” sia in parte notevole orientato a impedire che nel futuro si possano ancora “accendere veri dibattiti”.
5) La famiglia avanti a tutto. “Siamo sostenitori delle riforme ma non siamo parte della maggioranza”, dice la senatrice Patrizia Bisinella, compagna di Flavio Tosi, uscita dalla Lega ed entrata nel movimento Tosi, e probabilmente proposta dal centrosinistra come erede di Tosi alla guida del Comune di Verona. Come si dice: Basta un Sì.
6) In bilico. “E se avessero (avessimo) tutti torto, e qualunque esito del voto, come temo fortemente, avesse comunque un esito negativo?”, scrive Michele Serra sul Venerdì. C’è chi scommette su Testa, chi su Croce. Serra fa parte dell’eletta ma non folta schiera di coloro che sperano che la monetina resti in bilico.
7) Farsi notare. “Cuperlo, dopo il tira e molla dei gironi scorsi, parteciperà alla manifestazione del Pd domani a piazza del Popolo intitolata “Sì a un’Italia più forte e a un’Europa più giusta”. Ah! Indimenticabili annotazioni da Ecce Bombo: “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Vengo. Vengo e mi metto, così, vicino a una finestra, di profilo, in controluce. Voi mi fate: ‘Michele vieni di là con noi, dai’, e io: ’andate, andate, vi aggiungo dopo’ Vengo, ci vediamo là. No, non mi va, non vengo. Eh no, sì. Ciao, arrivederci. Buonasera”.
8) Federalismi. “Ciò che è importante in un modello federalista è che venga meno la logica della sovranità” dice Carlo Lottieri a Tempi riflettendo sulle riforme istituzionali che andrebbero veramente fatte. Invece con il pasticcetto Boschi non solo si destabilizza alla radice qualsiasi sovranità federalista (lo Stato centrale può sottrarre qualsiasi competenza quando lo ritiene necessario) ma indebolendo le basi sociopolitiche dello Stato si incide anche sulla sua sovranità. Come si coglie dal modo in cui siamo trattati già oggi, quando si dà per scontato che le “magiche riforme renziane” siano passate.
9) Come sostituiremo la Settimana enigmistica. “L’articolo 39 è scritto in forma così criptica da rendere lecita ogni interpretazione”, scrive Michele Ainis sulla Repubblica in risposta a una puntualizzazione di Anna Finocchiaro. Da qui l’occasione per spezzare una lancia a favore del pasticcetto Boschi: magari creerà una casino istituzionale, ma pensate a quanto farà risparmiare ai clienti della Settimana enigmistica che potranno passare molto del loro tempo, senza spendere un euro, a decrittare i testi delle nuove magiche riforme istituzionali.
10) Kakania. “Nella mediazione per arrivare ad un’intesa hanno svolto un ruolo importante sia il presidente del Parlamento Martin Schultz sia il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter, entrambi socialisti”, scrive Andrea Bonanni. Certamente entrambi socialisti ma anche entrambi tedeschi. E’ assolutamente positivo che probabilmente si riesca a far passare il Ceta, il trattato di libero scambio tra Unione europea e Canada, superando i veti della Vallonia (peraltro se non siamo tra quelli che si mettono a linciare sistemi federalistici che devono ricorrere a metodi bruschi per difendere le proprie ragioni in una situazione così caotica come quella dell’Europa di oggi). Insomma, che quel poco che riesce a fare l’Unione oggi, dipende dal lavoro dei politici tedeschi, compresi i poveri deutschen socialdemocratici ormai allo sbando: ciò conferma l’aria da Kakania che sta assumendo la nostra comunità continentale, con il ruolo dei tedeschi in quello degli austriaci nella fase finale dell’Impero asburgico. Ragione in più per fondare uno Stato italiano, che sarà prezioso nelle prossime tempeste, su solide fondamenta e non su pasticcetti boschiani.
* La rubrica “10 distruzioni per l’uso” sarà sospesa fino a lunedì 7 novembre. Dopo riprenderà a pieno regime fino al 4 dicembre con cinque puntate a settimana, tranne l’ultima quando uscirà anche sabato 3 dicembre.