Referendum costituzionale tra legge e caso

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Referendum costituzionale tra legge e caso

Referendum costituzionale tra legge e caso

16 Settembre 2020

Sulle ragioni di “astratto diritto costituzionale” che militano a favore del Sì o del No in esito al referendum costituzionale si è detto tanto se non tutto. Vorrei aggiungere alle autorevoli opinioni già espresse anche la mia da una diversa prospettiva. Prospettiva che parte da una domanda “semplice”: l’eventuale vittoria del Sì e quindi il taglio lineare dei parlamentari all’infuori ed in assenza di una riforma strutturata della rappresentanza parlamentare a chi giova?

Al di là degli esercizi dialettici a tesi obbligata o delle “proposizioni protocollari di risparmio di sistema” che partendo da un miserrimo risparmio economico inverano se stesse attraverso una serie di paralogismi economico – giuridici per far assurgere un atto legislativo approvato da una maggioranza di necessità quale palingenesi dell’intera politica nazionale rimane la considerazione che giovi solo al pezzentismo pentastellato. Dove per pezzentismo intendiamo quella miscela di ignoranza economico – giuridica sfoggiata con arroganza alimentata da un generico pauperismo ingenuo e senza basi finanziarie.

Certo non giova al PD che, nonostante i suoi problemi, ha alle spalle una tradizione economico – giuridica dai lavori di Carlo Marx e Friederick Engels per arrivare a Giorgio Agamben: apparato ideologico che il pezzentismo pentastellato nemmeno riesce non dico a capire ma ad immaginare. Una riforma costituzionale quindi originata dal pezzentismo giuridico economico nel movimento nato, come dice il suo fondatore in varie interviste, dal niente. Ex nihilo, nihil fit affermavano i filosofi antichi e Re Lear confermava: nulla nasce dal nulla. La massima pare attribuire al nulla un potere eccezionale: quello di generarsi da sè, di essere, come Dio, causa sui.

Ma niente e nulla sono la stessa cosa? Per i filosofi dell’antica Grecia i due termini coincidevano. “Che cosa è qualcosa senza essere niente?” chiedeva un indovinello greco. “Il nulla”. Lo stesso Heidegger affermava che “il nulla non è un oggetto nè un’entità”.

Ma per evitare di dire “il nulla è” escogita una locuzione ben più curiosa “il nulla nulleggia”. Più che ad un soggetto inerte il nulla somiglia ad una forza annientatrice. Rimane tuttavia l’osservazione, come ci ricordano gli studiosi, che “niente” è un pronome indefinito, un’espressione che meramente significa “non qualcosa”. ll nulla invece è un sostantivo. Definisce un’opzione ontologica, una realtà possibile, uno stato di cosa concepibile.

Ecco quindi che il nulla dell’ideologia del pezzentismo pentastellato quale movimento si può esprimere in modo preciso, prendendo a prestito un concetto dalla matematica, attraverso la nozione di “insieme vuoto”. Un insieme vuoto è un insieme senza alcun elemento: detto in altre parole qualcosa che non contiene niente.

Ma il nulla non fa niente. Tutto qui. Non può essere impegnato in alcuna attività, non può causare qualcosa ed in definitiva neanche “nulleggiare”. Perchè, come sostiene Severino, il niente è appunto niente, il niente non contiene alcunchè che possa essere previsto ed atteso. Il pezzentismo pentastellato esce dal niente nel senso che incominciando ad essere non esce da alcuna dimensione cioè non ha niente dietro di sè.

Ed allora qual è il motivo per cui questo insieme vuoto intende intestarsi questo brandello incoerente di pseudo riforma costituzionale? A ben riflettere l’insieme vuoto del movimento pentastellato sembra muoversi in una sorta di “axiarchismo” e cioè dell’efficacia dei valori etici autorappresentati quali agenti creativi. In tale logica il taglio dei parlamentari quale riforma costituzionale, il bisogno oggettivo che essa presuppone, non è una causa per una riforma strutturata della democrazia parlamentare. E’ piuttosto un fatto, un fatto necessario che non richiede ulteriori spiegazioni in quanto la sua stessa fattualità rappresenta l’inveramento dell’istanza etica autoaffermata che ne è alla base.

In altre parole per comprendere l’axiarchismo pentastellato occorre credere che:

1) i valori “autoaffermati” siano un dato oggettivo;

2) che detti valori siano in grado di creare;

3) che il “creato” rappresenti il “migliore dei mondi possibili”.

Ma, a ben vedere, un insieme vuoto incomincia in modo assoluto, non ha tendenze, vocazioni, inclinazioni, propensioni, non ha scopi, non è sottoposto a regole, leggi o principi.

Riprendendo il pensiero di Severino dietro di sè non ha nulla: il suo affacciarsi nella prassi politico costituzionale non è affidato a nulla, non è in vista di nulla, non ha scopi, non ha ragioni. Il niente è niente e non può esserci una ragione che spinga il niente in una direzione piuttosto che in un’altra. Ed il suo divenire non è rappresentato altro che dal “puro caso”.

Puro caso e quindi regno dei casi fortuiti che, in tale logica, non sono più l’eccezione, i visitatori inattesi non richiesti e, di solito sgraditi, del regno del normale e cioè del regno delle scelte politico ideologiche previsionali performanti gli assetti sociali bensì la norma.

Ma se il caso è la norma l’intero assetto democratico ed economico può essere meglio gestito dall’intelligenza artificiale di cui la piattaforma Rousseau costituisce l’avanguardia.

Ecco perchè voterò No.