Renzi, Banca Etruria e la commissione fantasma

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Renzi, Banca Etruria e la commissione fantasma

Renzi, Banca Etruria e la commissione fantasma

16 Maggio 2017

Ghizzoni batte un colpo. Dopo giorni di assordante silenzio, in seguito alle rivelazioni di Ferruccio De Bortoli sulla presunta richiesta rivolta al manager dall’allora Ministro delle Riforme Maria Elena Boschi su una possibile acquisizione di Banca Etruria (banca in cui all’epoca papà Boschi ricopriva un ruolo di primo piano) da parte di Unicredit, l’ex amministratore delegato, “il banchiere più inseguito d’Italia”, come lo definisce Repubblica, ha rilasciato un’intervista al giornale diretto da Calabresi. Niente di straordinario, tutto un “dico e non dico” , ma abbastanza per lasciare l’attuale sottosegretario del governo Gentiloni, che disperatamente tenta di chiudere il caso, sotto il fuoco incrociato delle polemiche.

Ghizzoni da una parte ha definito “normali” i colloqui tra banchieri e politici, per poi rilanciare spiegando di essere disposto a parlare, davanti alla Commissione d’inchiesta sulle banche che dovrebbe, non si sa bene quando, iniziare i lavori. “Adesso non parlo, perché non si può mettere in mano a un privato cittadino la responsabilità della tenuta di un governo”, dice obliquo Ghizzoni, “qualcosa da dire ce l’ho ed è pure importante”. Intanto Matteo Renzi, per evitare ricadute negative sul Pd, nei giorni scorsi aveva messo le mani avanti invocando a gran voce la commissione d’inchiesta. Come a dire, fate pure, io non ho paura.

E in effetti Renzi sa che sulla questione banche non c’è da preoccuparsi, soprattutto se di mezzo c’è la commissione. Si tratta, infatti, di uno dei soliti giochetti a cui ci ha abituato l’ex premier. Spieghiamoci meglio. Sono trascorsi due anni dal caso Etruria, che ha coinvolto l’ex ministro delle Riforme Boschi, e il mese scorso il Senato ha approvato la commissione di inchiesta (che è in dirittura d’arrivo alla Camera). Ma si sa quanto è difficile istituire, istruire e far lavorare una commissione, tempi tecnici, tempi politici, tempi lunghi insomma, soprattutto se si vuole ottenere qualche risultato.

Ma se legislatura, come si sente da più parti, volge al termine, e con un Renzi sempre a caccia dell’incidente parlamentare per dare il benservito a Gentiloni e andare al voto anticipato, una Commissione d’inchiesta non potrebbe certo portare al termine il suo lavoro. Come dire che Ghizzoni sul caso Etruria e le presunte richieste della Boschi per adesso possono aspettare. Del resto secondo il presidente della Commissione bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd), non è “una priorità per il Paese” ascoltare subito l’ex ad di Unicredit. “Una commissione d’inchiesta vera ha bisogno di due anni, se non un’intera legislatura, per ristabilire la verità”. Lo dice Boccia, per il momento non se ne fa nulla, ci rivediamo alla prossima legislatura.

In realtà, c’è un modo molto semplice per sapere la verità: la famosa querela, annunciata dalla Boschi a suon di fanfare, dichiarando di aver affidato la questione a due nomi assai noti del foro (tra cui l’ex ministro Severino). Ghizzoni, che giustamente non si ritiene in dovere di raccontare cose tanto delicate da mettere a richio il governo ai giornalisti, le racconterebbe sicuramente al magistrato. Ma di querele non si parla più. La Boschi ci ha ripensato, chissa perché… L’opinione pubblica deve quindi accettare di mettere tutto sotto formalina e accontentandosi dei proclami sulla commissione e la “verità” fatti da Renzi?

In realtà, “dato che il caso ha a che fare con la correttezza e la trasparenza dei comportamenti e non con il diritto penale”, ribattono i senatori di Idea, Quagliariello, Augello e Compagna, “non c’è necessità dei poteri attribuiti alle commissioni di inchiesta per procedere nella sede opportuna all’audizione di chi senza dubbio può contribuire a fare chiarezza”. Oggi dunque i senatori di Idea hanno depositato una richiesta di “audizione urgente di Ghizzoni e della dottoressa Marina Natale,” che lavorava con il manager, in merito al caso Etruria presso la Commissione Finanze del Senato.

Una mossa scomoda, almeno per il Pd renziano, che sulle banche e tante altre questioni teme le ricadute elettorali ora che il governo balla e si avvicina il benservito di Renzi a Gentiloni.