Renzi e la sindrome da assedio
05 Aprile 2016
Il governo è sotto attacco, e la camicia bianca di Renzi, simbolo della sua campagna obamiana delle primarie, del suo essere vincente, giovane e fresco come i nuovi leader europei di una sinistra capace di rappresentare il futuro (ricordate la foto collettiva senza giacca?), oggi è una camicia stropicciata e un po’ sudata.
Il governo è sotto attacco, e l’assalto è concentrico: è questo che preoccupa il leader, non certo le mozioni in ordine sparso dell’opposizione, tanto si sa che saranno bocciate, anche grazie a un Verdini sempre più necessario, sempre più all’interno del “sistema toscano”.
Le aggressioni e i pericoli provengono da più parti, e arrivano tutti insieme: c’è la magistratura, ci sono i dati economici e occupazionali che contraddicono la narrazione ottimistica anti-gufi, c’è un ravvivarsi dello scontro interno al Pd, ci sono personaggi come Emiliano che dentro al partito acquistano peso e costruiscono una sfida ben pensata come il referendum anti-trivelle, ci sono elezioni amministrative che, nonostante le divisioni e la scarsa voglia di vincere nel centrodestra, sembrano difficili da trasformare in un successo spendibile per il premier.
E c’è Maria Elena da proteggere. Una Boschi che, da elemento forte e attrattivo del governo, fatina che rendeva la riforma costituzionale digeribile e alzava gli ascolti di qualunque talk show, si è mutata in un punto di debolezza, una presenza che non permette di dimenticare il caso Banca Etruria, con tutto il carico di negatività che ha comportato e ancora comporta.
Ci sono i ministri che vengono eliminati uno a uno, come in una riedizione dei dieci piccoli indiani di Agatha Christie, per motivi di “opportunità politica” che agli elettori appaiono in tutto simili ai vecchi motivi di corruzione o conflitto di interessi.
Renzi, da buon gladiatore, si scopre il petto, rilancia e alza il tiro, chiamando gli avversari alla sfida personale: è me che dovete colpire e abbattere, se volete mandarci a casa, sono io che ho voluto il famoso emendamento sospettato di essere un favore ai petrolieri, e lo rifarei. La mossa è abile, ma anche estrema, e fa trasparire, come mai prima d’ora, una sindrome da assedio. Forse questa volta, ancora questa volta, riuscirà, ma non potrà essere ripetuta.