Renzi, i conti in rosso del Pd e la caccia ai parlamentari “morosi”

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Renzi, i conti in rosso del Pd e la caccia ai parlamentari “morosi”

05 Agosto 2017

Lo sappiamo tutti. Il “rosso” è un colore che fa parte della storia del Pd. Ma ultimamente questo colore sembra non sia così gradito dalle parti del Nazareno. Almeno non da tutti. E non ci riferiamo solo a questioni politiche che hanno portato i “rossi-rossi”, Bersani & Co. per intenderci, ad uscire dal partito per fondare Mdp per via delle politiche renziane giudicate “poco di sinistra”. Quanto al fatto che a diventare “rosso” questa volta è il bilancio del partito. Ben 9 milioni di euro di passivo dovuti in gran parte alle spese folli per il referendum costituzionale del 4 dicembre scorso. Che poi è andato come è andato.

Ragion per cui, nel Pd, fronte “conti interni”, non si respira certo una buona aria. E se ne sono accorti bene i 184 dipendenti del Nazareno messi in cassa integrazione a rotazione per 12 mesi, per risparmiare circa 3 milioni di euro all’anno sul personale. Imperativo del momento per la tesoreria piddina è, ovviamente, fare cassa. Le elezioni politiche sono alle porte. Renzi si gioca il tutto per tutto. Di conseguenza, le casse non possono continuare a piangere.

Ma di questa svolta necessaria per “abbattere il rosso” (in bilancio, naturalmente) se ne sono accorti bene anche i parlamentari piddini. Il tesoriere Bonifazi per ordine di scuderia, ha avviato la campagna di recupero crediti verso deputati e senatori. Ognuno di loro, infatti, da regolamento, deve al partito circa 1.500 euro al mese, pratica sancita con tanto di atto notarile che deputati e senatori democratici hanno preventivamente sottoscritto impegnandosi a versare al partito una parte dell’indennità. Ma non tutti sembra siano in regola con le quote. Ad aprile il tesoriere aveva mandato un primo avviso ai morosi, senza però sortire un grande effetto: stando a quanto riportato dal Corriere della Sera, al momento, sono stati racimolati solo 500 mila euro. Mancherebbero su per giù 3 milioni.

Ecco perché è partita la caccia all’ “evasore”. E non solo a quelli che appartengono al gruppo parlamentare del Pd, ma addirittura a chi ha lasciato quel gruppo da tempo. Parlamentari che quindi, evidentemente, non condividono più la causa del partito. Come dire: finanziariamente parlando, sei costretto a restare Pd a vita perché anche se te ne vai devi pagare. Che di per sé non sembra tanto lontano dal tanto criticato imperativo grillino in base al quale “se cambi casacca, paghi dazio”, concetto espresso in occasione delle comunali di Roma dello scorso anno, in base al quale chi non rispettava regole e principi del Movimento doveva pagare una sanzione (si parlava di almeno 150.000mila euro). Quindi, che succede? Dopo la piattaforma Bob che sembra ricalcare la Rousseau pentastellata e dopo la dialettica simil-poupulista del segretario Dem nei confronti dell’Europa, anche su questo fronte Renzi si è messo ad inseguire Grillo