Repubblica Ceca, allarme son populisti!
24 Ottobre 2017
Allarme son populisti! “Nella Repubblica Ceca si sono svolte le elezioni politiche per rinnovare la Camera dei Deputati (composta da 200 deputati). In testa alle elezioni è ‘Alleanza dei Cittadini Scontenti’ (in ceco Ano) compagine populista del milionario, magnate, imprenditore ed ex ministro delle Finanze Andrej Babis: con il 29,64% dei voti e 78 seggi guadagnati sta per diventare il nuovo premier. Babis, che ha 63 anni, possiede i principali giornali del paese, una radio e una rete televisiva ed ha promesso di gestire il Governo come un’impresa; vuole gli immigrati fuori dal paese ed è indagato per frode fiscale. A seguire si sono attestati al secondo posto i Civici democratici, di Ods il più forte partito della destra che ha guadagnato l’11,32% e 25 parlamentari. Al terzo posto il Partito Pirata con il 10,79% e 22 seggi. Ugual numero di seggi sono andati anche agli estremisti della formazione xenofoba e anti-europeista del Partito della Libertà e della Democrazia, Spd, che hanno guadagnato il quarto posto con il 10,64%. Seguono al quinto posto i comunisti non riformati Kscm con il 7,76% e 15 seggi. Il partito socialdemocratico Čssd, con cui Babis ha governato negli ultimi quattro anni in coalizione, smette di essere il primo partito del Paese e perde quasi la metà del suo elettorato rispetto a quattro anni fa, attestandosi al 7,27% e 15 parlamentari”. Così Tiziana Di Giovannandrea riferisce delle elezioni politiche ceche su Rai news del 21 ottobre. Rispetto ai soliti allarmismi sul berlusconian-populismo incalzante, va apprezzato come la giornalista Rai ricordi che l’ “orrido” vincitore Babis fosse già al governo coi socialdemocratici (così peraltro come l’altrettanto orrido vincitore delle elezioni austriache, Sebastian Kurz già ministro degli Esteri in un governo con i socialdemocratici). Tra i tanti allarmi “democratici” scattati per il voto a Praga e dintorni è interessante citare quello di Paolo Garimberti sulla Repubblica del 22 ottobre: “L’attenzione per l’uomo forte è radicata nel dna di quella parte d’Europa che per decenni è stata racchiusa dalla ‘cortina di ferro’”. Mah. Così, a occhio, nei Paesi già subordinati al comando di Mosca, pare di intravedere soprattutto una qualche idiosincrasia per le Unioni che vogliono imporre un proprio potere incondizionato dall’alto, anche se certamente quello burocratico brusselese (-berlinese) non è neanche lontanamente comparabile a quella oppressiva sovietica. Sempre per analizzare il dna est-europeo, è utile ricordare non solo i decenni di potere imposto dall’Armata rossa ma anche il quinquennio graziosamente organizzato da Wermacht, Ss e altri corpi tedeschi: un ricordo che rende quei popoli specialmente prudenti verso espressioni di potenza e arroganza tedesche.
Se Abe è come Xi. “Abe si rafforza come Xi Jinping” così un titolo della Repubblica del 23 ottobre. Ecco come lo strillo di una notizia di giornata rivela quanta confusione vi sia nella mente occidentale. Vincere un’elezione è diverso da dominare il congresso di un partito comunista.
Quel parlare idiotellum di fascistellum. “Rosatellum bis? Ho parlato di Fascistellum per il modo in cui hanno imposto la legge con il ricatto a un Parlamento che non voleva approvarla. C’è un ricatto sotterraneo, del tipo ‘o la voti o non ti ricandidi’ e un ricatto esplicito, del tipo ‘o la voti o cade il governo’”. Così, a Otto e mezzo (La7) del 14 ottobre, Marco Travaglio, ha spiegato la sua contrarietà al Rosatellum bis. Non accetti la disciplina del partito che hai liberamente scelto e questo non ti ricandida: ma dove è il ricatto, dove è il fascismo? Crei una situazione di caos in un Parlamento che da cinque anni non riesce a fare una legge elettorale per sostituire quella che con molte forzature la Corte costituzionale ha fatto saltare, e così finisci per provocare la crisi del governo? Dove è il ricatto, dove è il fascismo? Come è un’idiozia dar del Goebbels a quel pagliaccio di Beppe Grillo, così è una sesquipedale cretinata parlare di “fascismo” per l’arrabattarsi dei poveri Sergio Mattarella e Paolo Gentiloni nel tentativo di dare un’ordinata fine alla legislatura, in mezzo non solo ai soliti pasticci renziani ma anche agli isterici personalismi di antiche autorità un tempo molto più attente alla propria dignità. Personalmente non mi è simpatico l’ultranarcisismo di Nanni Moretti però gli avrei fatto un monumento quando (dal contesto mi pare che avesse in mente Walter Veltroni) spiegava, in Palombella rossa, come le parole fossero decisive e che “chi parla male, pensa male”. Che le polemiche sul sistema elettorale indichino quanto stia sbandando la discussione pubblica è testimoniato, peraltro, anche da questa frase di Massimo Giannini sulla Repubblica del 16 ottobre “Il Rosatellum a colpi di fiducia è l’atto di forza di una partitocrazia debole”. Ma dove è questo potere sia pur debole dei partiti? Il Pd sarebbe un partito capace di atti di forza, sia pure una forza debole? O Forza Italia? Capisco criticare la disgregazione incalzante, ma scambiare un’impotenza disperata e sgangherata (come anche nel caso della mozione anti Visco: quando c’era un reale potere dei partiti bastava l’alzata di un sopracciglio di un leader per determinare una scelta, non serviva certo una esplicita mozione parlamentare cioè il contrario di un atto da partitocrazia) per prepotenza non è degno di un analista di qualità come è Giannini.