Ricordare la Shoah vuol dire restituire agli ebrei ciò che gli è stato tolto

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Ricordare la Shoah vuol dire restituire agli ebrei ciò che gli è stato tolto

09 Maggio 2011

La memoria della shoah non si celebra solamente con le giornate appositamente dedicate al ricordo di quello che accadde, né con i libri, i film o le mostre nei musei. Certo, raccontare significa non dimenticare. Ma arriva il momento in cui la comunità che ricorda non avverte più queste "narrazioni" come sufficienti. Perché la memoria, quella con la M maiuscola, esige atti concreti, tangibili.

Sono trascorsi quasi settant’anni da quando il mondo venne a conoscenza dei campi di concentramento nazisti. Era il 27 gennaio 1945, quando l’esercito russo fece il suo ingresso nel lager di Auschwitz, liberandone gli ultimi superstiti. Da allora, il popolo ebraico ha sicuramente ricevuti dei risarcimenti a livello storico, morale e di "immaginario" collettivo mondiale. Ora, finalmente, è giunto anche il momento del risarcimento materiale. Per la prima volta nella sua storia, lo Stato d’Israele ha deciso di rimborsare le vittime dell’Olocausto e i loro eredi, restituendo quanto il regime nazista sottrasse loro.

Il progetto, presentato la scorsa settimana a Gerusalemme, in occasione della giornata in memoria delle vittime della Shoah, è stato ideato dalla “Jewish Agency for Israel”, agenzia semigovernativa nata nel 1948, con lo scopo di supportare lo sviluppo economico dell’allora neonato stato israeliano e il processo di immigrazione degli Ebrei sparsi per il mondo. Il fulcro dell’iniziativa è il Project HEART (l’acronimo sta per Holocaust Era Asset Restitution Taskforce), un database online che mira a raccogliere tutti i beni confiscati durante l’epoca nazista. I numeri fanno comprendere subito la portata dell’operazione: 650.000 beni immobili, terreni, oggetti d’arte,  gioielli e beni immateriali (azioni, libretti di risparmio, obbligazioni) sono stati finora catalogati all’interno di questo immenso archivio.

La speranza è che si possa giungere a un milione di beni archiviati entro la fine del 2011, come espresso da Bobby Brown, direttore esecutivo di Project HEART. “La forza e la determinazione del popolo ebraico scaturisce dall’essere passato attraverso le più orribili esperienze subite dal genere umano – ha dichiarato lo stesso Brown durante la conferenza stampa di presentazione – È dovere del popolo, pertanto, fare di tutto pur di ottenere anche solo un barlume di giustizia che ci è stato negato così a lungo”. Le modalità di catalogazione si basano su un approccio di partecipazione attiva: ai circa 250.000 sopravvissuti all’Olocausto, e i loro eredi, viene data la possibilità di inserire i propri dati sul sito www.heartwebsite.org (consultabile in 13 lingue, tra cui l’italiano) o di richiedere l’invio dei moduli per posta; in tal modo, i funzionari della Jewish Agency possono procedere alla verifica dei dati e alla raccolta delle informazioni sui beni confiscati.

Una volta completata la fase di catalogazione, l’intenzione degli ideatori del progetto è quella di  avviare azioni legali, allo scopo di ottenere collaborazione dai quei governi che, fino ad oggi, avevano deciso di non cooperare. La Jewish Agency adoterebbe pertanto azioni di lobbying e class-action. La collaborazione di tutti i Paesi interessati è di fondamentale importanza per la buona riuscita del progetto: ogni Stato ha infatti il diritto di stabilire propri criteri di verifica dei destinatari del risarcimento, di valutazione dell’entità dei beni da rimborsare e i tempi di pagamento.

L’impegno del governo israeliano è consistente e rende l’idea dell’importanza, non solamente simbolica, di tale progetto: lo Stato provvederà a garantire a Project HEART più di 2,5 milioni di dollari all’anno, all’interno di un piano triennale. “L’Olocausto non è stato solo un genocidio, ma anche il più grande furto della storia”, ha dichiarato Natan Sharansky, direttore generale dell’agenzia, durante la conferenza stampa. “In rappresentanza degli interessi degli Ebrei di tutto il mondo, lo Stato d’Israele – ha continuato Sharansky – guarda a tale impegno come a una responsabilità di tutta la nazione e di tutto il popolo”.

Prima dell’attuale progetto, già altre organizzazioni ebraiche hanno dato vita a iniziative di risarcimento per le vittime della Shoah. La Conference on Jewish Material Claims Against Germany ha finora raccolto circa 26 milioni di dollari, che sono andati a settemila superstiti dei campi di concentramento tedeschi. La World Jewish Restitution Organization, fondata nel 1993, ha invece concentrato la sua attività nei Paesi dell’Est Europa. Finora, però, “si erano avuti progressi solo per quanto riguarda i beni di proprietà collettiva, ma nessuno per ciò che concerne le proprietà individuali”, chiarisce Bobby Brown, direttore esecutivo di Project HEART.