Ricorderemo Romeo Castellucci per la sua opera di merda
14 Gennaio 2012
di Luca Negri
Nei giorni fra il 24 e il 28 gennaio prossimi eviteremo di trovarci nei pressi del teatro Franco Parenti di Milano, dove verrà rappresentato lo spettacolo teatrale Sul concetto di volto nel Figlio di Dio, scritto e diretto da Romeo Castellucci. Non saremo fra gli spettatori e ci terremo anche alla larga dai cattolici offesi che manifesteranno fuori dal teatro contro l’annunciata blasfemia in scena. Capiamo le ragioni dei contestatori, o meglio il loro sentimento, non abbastanza da concordare con loro su tutta la faccenda.
Riassumendo: il dramma di Castelucci racconta il disfacimento fisico di un padre, e fin qui non c’è molto di originale. Però il padre scagazza perché affetto da dissenteria acuta; e questo aspetto sembra più originale, dato che i giovani solitamente si lamentano della stitichezza dei vecchi, simbolicamente parlando. Il problema è che sulla sfondo del palcoscenico appare il volto di Cristo, uno di quelli più dolci, dipinto da Antonello da Messina. E su quel povero viso compare una buona quantità di materia fecale, che Castellucci garantisce finta, bontà sua. Anche se gli spettatori paganti saranno immersi in una specie di odorama non proprio al gusto di mughetto, tanto per chiarire il discorso. Il tocco da intellettuale cosmopolita arriva con la scritta in inglese sopra il viso del Redentore, che serve per mettere in dubbio la sua qualifica di Pastore.
Ora, i presupposti per un vilipendio della religione potrebbero esserci tutti, parlare di blasfemia non è proprio fuori luogo. Castellucci nega ogni intento blasfemo, dice di voler costringere lo spettatore a schierarsi per o contro Cristo. Eppure, da uomo di cultura sa che il Messia non è morto di raffreddore e dunque un gesto di violenza, seppur simbolico, contro la sua immagine può turbare e muovere allo sdegno un buon cristiano. Inoltre, sa certamente che l’arte contemporanea è ormai talmente asservita ai meccanismi della società dello spettacolo da doversi trasformare in scandalo perpetuo, anzi in un continuo spot intrigante al punto da non farci cambiare canale.
Insomma, quelli che stanno protestando da giorni in rete e lo faranno sulle strade di Milano durante la rappresentazione stanno facendo la vera campagna promozionale. Così voleva Castellucci, probabilmente. Senza dubbio così piace a la Repubblica, che ha subito confinato nella comoda categoria dei lefebvriani e dei cattolici integralisti tutti coloro che si sentono offesi dallo spettacolo. Gioco facile denunciare l’oscurantismo di ritorno, la reazione clericale sempre in agguato. È vero che nelle file degli cattoindignados non mancano gli scismatici tradizionalisti, quelli che consideravano Giovanni Paolo II quasi un liberalcomunista; ed è purtroppo vero che qualcuno non si è risparmiato idiozie antisemite o minacce di morte. Speriamo sia gente che recita molte volte l’Atto di Dolore, in latino. Però, ripetiamo, non è onesto liquidare gli oppositori come clericofascisti o bigotti sfigati che non capiscono l’arte contemporanea.
Proviamo a immaginare cosa succederebbe se fosse il volto di qualcun altro a venire imbrattato di liquami. Napolitano? Lesa maestà. Saviano o Travaglio o Santoro? Barricate in piazza dei girotondini e dei loro figli. Maometto? Altro che picchetti, come replica. Un cagnolino? Ecco gli agguerriti animalisti.
Alla fine della storia, sembra che solo sul volto di Cristo sia legittimo, trasgressivo, artistico gettare ingiurie e cacche. Per carità, pare sia venuto al mondo proprio per farsi carico del peggio degli uomini. Ma una volta, quella di duemila e qualcosa anni fa, dovrebbe bastare.
Sbagliano però i cattolici che chiedono la cancellazione dello spettacolo o provvedimenti penali. Spettatori paganti e maggiorenni possono vedere ciò vogliono all’interno di un teatro; intervenire dall’alto nel campo della libertà artistica potrebbe diventare un pericoloso precedente, basti pensare alla situazione di molti paesi islamici. Piuttosto, in riparazione, preghino per Cristo. E per l’anima di Castellucci, le cui reali intenzioni saranno prima o poi (noi, ovviamente gli auguriamo il più lontano poi) pesate da un giudice più degno e lucido di qualsiasi lefebvriano. Come scrisse Pascal,“Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo”; la situazione non cambierebbe censurando il teatro dissenterico.
Avranno lo loro bella convenienza il botteghino meneghino e le tasche di Castellucci. Invece ne uscirà maluccio la reputazione dell’artista. Bello o brutta che sia, interrogativo profondo o provocazione gratuita che c’è dietro, Sul concetto di volto nel Figlio di Dio, verrà per forza ricordata, ci sia concessa una battuta da avanspettacolo, come un’opera di merda.